Apparentemente, l’anno nuovo si apre con due “rimozioni di incertezza”: la Brexit si fa, e Trump promette di firmare un accordo commerciale con la Cina in gennai. Tuttavia, come nei videogame in cui, ucciso un mostro, ne esce fuori un altro, l’accordo con la Cina è solo una prima tappa, e la “fase 2” lascerà ancora strascichi di incertezza. La stessa cosa avviene con la Brexit, dove le nuove relazioni tra Regno Unito e UE sono tutte da scrivere. E la nuova escalation militare tra USA e Iran ricorda, se ce ne fosse stato bisogno, che è bene non abbassare la guardia e lasciarsi ammaliare dalle sirene de «il peggio è alle nostre spalle». L’Italia soffre come gli altri di questa incertezza, cui si aggiunge l’instabilità politica.
«Inflazione, prove di rialzo», abbiamo scritto il mese scorso. Le prove continuano: a parte la Cina dove la dinanica dei prezzi ha toccato il 4,5% a causa dell’epidemia di febbre suina che ha fatto schizzare verso l’alto il prezzo del maiale, l’inflazione di fondo è stabile più vicina all’1,5% che al al 2% in Usa, ed è aumentata in Europa (Italia inclusa) e perfino in Giappone. Siamo tuttavia sempre vicini ai minimi storici. L’aumento del prezzo del petrolio e delle materie prime riflette la buona salute delle due maggiori economie del mondo, Usa e Cina.
Tassi a lunga in leggero rialzo. Sono ormai tre mesi che i tassi a lunga mostrano segni di aumento, sia per i T-Bond che per i Bund e i BTp. Non c’è bisogno di dirlo, ma l’aumento è stato alquanto maggiore per i BTp, dopo la sciocca polemica sul MES, che sembra terminata, ma ha lasciato il segno… Si conferma la tendenza discendente dello spread sui tassi reali T-Bond-Bund che, come detto la volta scorsa, avrebbe dovuto indebolire il dollaro, ciò che si sta verificando, a parte le oscillazioni giornaliere. Lo Yuan, di conserva agli annunci di una (temporanea) tregua sulla guerra dei dazi con l’America, si è apprezzato, tornando (appena) sotto il livello di 7 per dollaro.