Dopo le nozze Ita-Lufthansa, arrivano le prime grane. Da un lato, l’annuncio dei licenziamenti per i lavoratori ex Alitalia non riassorbiti con repentina levata di scudi da parte dei sindacati. Dall’altro, la tegola che piove da Bruxelles su Lufthansa con la mossa della Commissione Ue che accende i fari sul maxi sussidio concesso da Berlino alla compagnia tedesca durante il Covid: a rischio ora ci sono 6 miliardi di aiuti di Stato. In tutto ciò, mentre ci si interroga a proposito delle possibili ricadute (post-vendita di Ita) sul caro biglietti, della cessione di alcuni slot come chiesto dalla Ue (per preservare la concorrenza) e di come saranno ripianate le perdite (il closing dell’operazione avverrà entro novembre), circola insistente un nome per il futuro Ceo. Di chi si tratta?
Ita, licenziamenti in arrivo per ex Alitalia
Saranno 2.245 i dipendenti Alitalia lasciati a casa. La comunicazione ufficiale ai sindacati è partita da Alitalia e Alitalia Cityliner, sussidiaria dell’ex compagnia di bandiera oggi sostituita da Ita Airways. I commissari straordinari delle due società hanno dichiarato che non c’è più alcuno spazio di manovra per le trattative. Entrambe le società oggi sono in amministrazione straordinaria. Il licenziamento arriverà per 2.198 dipendenti Alitalia e per 47 dipendenti Cityliner. I 2.245 lavoratori che subiranno la procedura di licenziamento sono dislocati su tutto il territorio nazionale. Fra le città interessate ci sono anche Roma, Milano, Bari, Bologna, Catania, Venezia e Verona. La cassa integrazione farà da paracadute ai lavoratori licenziati fino al 31 ottobre 2024.
Lufthansa, la grana con Bruxelles
Il sostegno ricevuto in tempo di crisi è già stato restituito – con gli interessi – nelle casse di Stato tedesche. Ma il caso dei 6 miliardi di euro elargiti da Berlino a Lufthansa durante il Covid continua a tenere banco in Europa. Appena conclusi i festeggiamenti per il sospirato via libera Ue alle nozze con Ita, il colosso dei cieli tedesco torna sotto la lente della squadra di Margrethe Vestager, che ha deciso di avviare un’indagine “più approfondita” sulla ricapitalizzazione decretata nel 2020 dall’allora cancelliera Angela Merkel.
Una misura che a suo tempo incassò il favore di Bruxelles per poi essere tuttavia bocciata dalla Corte di giustizia europea con una sentenza di primo grado tutta a favore dell’agguerrita rivale – e ricorrente – Ryanair. Se l’esito del nuovo esame antitrust Ue dovesse rivelarsi negativo, la compagnia guidata da Carsten Spohr sarebbe chiamata a ‘ripagare’ il sussidio versando la differenza tra le condizioni a cui ha ricevuto l’aiuto e quelle a cui l’avrebbe ottenuto sul mercato.
Da sempre al centro delle polemiche per l’ampio spazio fiscale che le consente di distribuire aiuti a pioggia alla sua industria rischiando di indebolire il mercato unico, Berlino aveva messo a punto per la sua compagnia di bandiera uno schema articolato in tre componenti: una partecipazione al capitale per 306 milioni di euro, una partecipazione tacita non convertibile in azioni per 4,7 miliardi e una convertibile per un altro miliardo. Una misura compatibile, nel giudizio di Bruxelles, con le regole straordinarie sugli aiuti di Stato introdotte per non lasciare le aziende soccombere ai lockdown. Pur con alcuni vincoli: per beneficiare dell’aiuto, Lufthansa ha dovuto rispettare il divieto di distribuire dividendi e una rigorosa limitazione della remunerazione – bonus compresi – del suo management. Alla compagnia della gru è stato poi ordinato di cedere fino a 24 slot giornalieri a Francoforte e Monaco per consentire ai vettori concorrenti di stabilirvi una base.
Tutti paletti che non hanno distolto Ryanair dalla sua dura campagna legale contro “la baldoria di aiuti di Stato donati” dall’Ue “alle compagnie di bandiera” e calcolati in oltre 40 miliardi di euro con Air France, Tap e Klm a farla da padrone. A maggio 2023 il Tribunale Ue ha accolto il ricorso della low cost irlandese sostenendo che l’antitrust Ue avrebbe dovuto controllare più attentamente la ricapitalizzazione tedesca. Nella sua nuova indagine l’Ue guarderà più da vicino l’idoneità di Lufthansa agli aiuti.
Ita-Lufthansa, chi è in pole per il ruolo di Ceo
Il prossimo amministratore delegato di Ita Airways “sarà qualcuno che capisce Lufthansa, il settore aereo e l’Italia, perché l’integrazione tra le due compagnie dovrà essere anche culturale, servono le spalle larghe”. L’identikit fatto dal numero uno di Lufthansa, Carsten Spohr, nella conferenza stampa di qualche giorno fa sul prossimo Ad della compagnia italiana sembra portare dritto a Joerg Eberhart.
Il manager tedesco ricopre al momento la carica di Chief strategy officer di Lufthansa, ma in passato è stato presidente e Ceo di Air Dolomiti, compagnia controllata dal gruppo tedesco, conosce molto bene l’Italia dove risiede, parla italiano ed ha seguito il dossier Ita. È senza dubbio, quindi, il ponte perfetto tra le due culture, oltre ad avere tutte le competenze del settore aereo.
Lufthansa potrà, però, nominare i propri membri nel board di Ita solo dopo il closing dell’operazione, previsto per il quarto trimestre di quest’anno. Infatti dopo il closing, ossia il contratto definitivo, sarà convocata un’assemblea straordinaria che procederà a deliberare l’aumento di capitale riservato da 325 milioni di euro da parte di Lufthansa e la nomina del cda che avrà cinque membri, tre nominati dal ministero dell’Economia e delle Finanze, tra i quali il presidente, e due da Lufthansa, uno dei quali assumerà l’incarico di amministratore delegato. In questa prima fase della partnership la strategia di sviluppo di Ita sarà condivisa tra i due azionisti, le deleghe operative saranno attribuite all’Ad. La seconda fase si aprirà poi nella finestra 2025-2027, che vedrà Lufthansa impegnata a rilevare un ulteriore 49% del capitale per ulteriori 325 milioni di euro.