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Isvap, l’inadeguatezza della presidenza Giannini sul caso Fonsai sollecita il cambio della guardia

Cosa farà il nuovo presidente dell’Isvap, l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private, riguardo al salvataggio di Fondiaria-Sai?

Questa è la domanda che si pone oggi sul Corriere l’editorialista Massimo Mucchetti. Le alternative sono due: apporre passivamente il sigillo dell’Autorità, approvando così il matrimonio riparatore con Unipol e ponendo fine all’era Ligresti, oppure decidere di vederci meglio, col rischio di scoperchiare verità imbarazzanti, analizzando i conti dell’operazione e facendo luce sul cono d’ombra in cui, oltre a tutto un sistema, è finita anche la stessa Isvap.

La conquista di Fondiaria da parte di Sai era stata inizialmente ostacolata, quando l’Isvap era presieduta da Gianni Manghetti. Venne autorizzata solo in un secondo momento, quando l’Autorità è passata sotto la presidenza di Giancarlo Giannini, ancora in carica ma in scadenza di mandato. Quello che ha sorpreso gli osservatori è stato quel certo lassismo, quella manica larga mostrata dall’Isvap sia prima che ora sulla fusione di Fonsai, ormai sull’orlo del baratro.

Comunque si sviluppi il caso Fondiaria-Premafin, a questo punto si apre l’altro discorso nodale sull’argomento, discorso che, partendo da una questione particolare di immediata attualità (chi sarà il nuovo presidente?), si allarga subito al più ampio problema dei meccanismi e i giochi di potere che risiedono dietro alle nomine dei vertici delle Autorità.

Un primo passo importante, in questo senso. L’ha fatto il governo Monti, rigettando il piano che intendeva prorogare per altri due anni il mandato del discusso Giannini alla testa dell’Isvap, scorporando le due cariche di presidente e di direttore generale, ad oggi ricoperte entrambe dallo stesso Giannini, e promuovendo subito, come direttrice, la sua pupilla Flavia Mazzarella.

Ma ora ci si aspetta soprattutto una reazione, o un azione (a seconda dei punti di vista), anche da parte dei partiti, e specialmente dei loro segretari, perchè le regole, su cui pure si deve lavorare per renderle più penetranti possibile, da sole non bastano.

Se la politica vuole riguadagnare una sua credibilità è anche da qui che deve ripartire, dimostrando di avere il coraggio e il senso di responsabilità di affrontare le corporazioni degli affari, potando, se necessario, i rami secchi.

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