Nel primo trimestre del 2019 la pressione fiscale tocca il livello più alto degli ultimi tre anni. In lieve ribasso il rapporto deficit/PIL, che comunque si mantiene lontano anni luce dagli obiettivi europei. Questi i dati più rilevanti comunicati oggi, 26 giugno, dall’Istat.
Scendendo nei dettagli, nei primi tre mesi dell’anno in corso, la pressione fiscale si è attestata al 38%, in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2018. L’istituto nazionale di statistica l’Istat, precisa che il dato si riferisce al confronto annuo, tra stessi trimestri (la media annua della pressione fiscale è infatti più alta) e che tradizionalmente, nel primo trimestre la pressione fiscale mostra un livello più basso rispetto al resto dell’anno.
Passando al rapporto deficit/pil, nel primo trimestre del 2019 il dato è sceso al 4,1% (-0,1% rispetto al 2018). “L’incidenza del deficit del conto delle Amministrazioni pubbliche sul Pil è scesa lievemente rispetto al primo trimestre del 2018, in corrispondenza di una dinamica delle uscite di poco inferiore a quella delle entrate (con incrementi rispettivamente dell’1,4 e dell’1,6%)”, commenta l’Istat.
Il saldo primario è risultato negativo, con un’incidenza sul Pil dell’1,3% (-0,9% nel primo trimestre del 2018), mentre il saldo corrente, anch’esso negativo, ha avuto un’incidenza sul Pil dell’1,6% (-1,5% nel primo trimestre del 2018). Il saldo primario registra il valore peggiore da inizio 2016.
Tra gli altri dati diffusi oggi dall’Istat spicca l’aumento del reddito disponibile delle famiglie, in rialzo dello 0,9% rispetto ai tre mesi precedenti, mentre i consumi sono cresciuti in termini nominali dello 0,2%. “Di conseguenza – spiega l’istituto – la propensione al risparmio delle famiglie consumatrici è stata pari all’8,4%, in aumento di 0,7 punti percentuali rispetto al trimestre precedente”. Il potere d’acquisto delle famiglie è anch’esso cresciuto rispetto al trimestre precedente dello 0,9%.
“Il reddito disponibile delle famiglie ha segnato, dopo i due cali consecutivi dei trimestri precedenti, un marcato recupero che, grazie alla frenata dell’inflazione, si è trasferito direttamente in crescita del potere d’acquisto. La risalita del reddito – continua l’istituto – si è tradotta in misura molto limitata in maggiori consumi, mentre è aumentata la propensione al risparmio”.