Continuano i segnali di allarme sull’economia italiana. Mentre la Commissione Ue taglia le stime di crescita sull’Italia per il 2023, l’Istat pubblica gli ultimi dati sulla produzione industriale. Ebbene, dopo due mesi di ripresa, a luglio, l’indice destagionalizzato ha registrato un calo dello 0,7% rispetto a giugno.
La produzione industriale italiana
Secondo l’Istat, nella media del periodo maggio-luglio, il livello della produzione è salito dello 0,2% rispetto ai tre mesi precedenti, ma sia al netto degli effetti di calendario sia considerando il livello grezzo, l’indice diminuisce in termini tendenziali del 2,1% (i giorni lavorativi di calendario sono stati 21, come a luglio 2022).
A luglio, per quanto riguarda i singoli comparti, l’indice cresce su base congiunturale solo per l’energia (+3,7%); mentre diminuisce per i beni intermedi (-0,5%), per i beni strumentali (-1,5%) e per i beni di consumo (-1,6%). Tra i principali settori cresce solo quello dei beni strumentali (+3,0%); scendono, invece, i beni di consumo (-3,7%), l’energia (-4,0%) e i beni intermedi (-4,5%).
I soli settori di attività economica che presentano variazioni tendenziali positive, prosegue l’Istat, sono la fabbricazione di mezzi di trasporto (+10,1%), la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+5,8%) e la fabbricazione di computer e prodotti di elettronica (+0,4%).
I settori rimanenti sono tutti in flessione; quelle più ampie si registrano nell’industria del legno, della carta e della stampa (-12,3%), nella fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-10,8%) e nell’attivita’ estrattiva (-10,1%).
“Dopo due mesi di crescita congiunturale – commenta l’Istituto – l’indice destagionalizzato della produzione industriale registra, a luglio, una diminuzione; questa è diffusa ai principali comparti, con l’esclusione dell’energia. È, tuttavia, lievemente positivo l’andamento congiunturale complessivo nella media degli ultimi tre mesi. In termini tendenziali, al netto degli effetti di calendario, l’indice generale è in flessione. Guardando ai principali raggruppamenti di industrie si osservano cali diffusi (ad esclusione dei beni strumentali), più marcati per l’energia e i beni intermedi”.
Il ministro Urso: “Segnali d’allarme che ci aspettavamo”
I dati pubblicati in mattinata dall’Istat rappresentano “segnali di allarme, peraltro devo dire in qualche misura aspettati”, ha commentato Adolfo Urso, ministro delle Imprese e Made in Italy, intervenendo al programma Re Start su Rai Tre.
“Come veniva detto prima, vi sono dei fattori internazionali che incidono sul sistema produttivo e sociale del nostro continente europeo”. Il primo fattore, aggiunge Urso, “è l’aumento del prezzo del petrolio alla fonte. In primavera Opec e Russia hanno deciso tagli alla produzione per aumentare il costo del brent, recentemente confermati e prolungati per fine anno. L’aumento dei prodotti petroliferi alle fonti ha ovviamente un impatto sul sistema produttivo.
Aggiungiamo che il nostro principale partner, la Germania, è in recessione da tanti mesi”. In più, ad aumentare le difficoltà, c’è stato “l’aumento dei tassi di interesse da parte della Bce. Aumento che ha inciso sulla capacità di approvvigionarsi delle famiglie e delle imprese”.