E’ il dato sugli inattivi a fotografare con fedeltà la situazione sociale del Paese. L’Istat rende nota una realtà sconfortante: nel 2011 gli inattivi che non hanno cercato un impiego, pur rimanendo disponibili a lavorare, sono stati 2 milioni 897 mila, in crescita del 4,8% rispetto al 2010.
Sul totale delle forze di lavoro, la quota di inattivi è cresciuta dall’11,1% all’11,6%, ben tre volte la media europea, pari al 3,6%. Nel gruppo spiccano gli scoraggiati: sono quasi la metà del totale, pari a circa 1,2 milioni di unità, che hanno dichiarato di non aver cercato un impiego perchè convinti di non riuscire a trovarlo.
Gli inattivi, in Italia, costituiscono un insieme numericamente più ampio di quello dei disoccupati tout-court (2 milioni 108 mila nel 2011), mentre in Europa il quadro è ribaltato: i disoccupati costituiscono un insieme grande due volte quello degli inattivi.
Di questi ultimi, nel 2011, coloro che cercavano un impiego non essendo però disponibili a lavorare nell’immediato, si sono attestati a 121 mila unità (in diminuzione del 4,4%), ma si tratta di una frazione minima rispetto alle foreze di lavoro totali, pari allo 0,5%, mentre in Europa rappresentano una fetta più grande, pari all’1%.
Sommando le forze di lavoro potenziali ai disoccupati si ottengono le persone potenzialmente impiegabili nel processo produttivo: nel 2011 si tratta di circa 5 milioni di unità.
Sempre nel 2011, i sottoccupati part time sono 451 mila unità (+3,9%, pari a 17 mila unità in più rispetto al 2010) e rappresentano l’1,8% del totale delle forze di lavoro. Nell’Unione Europea l’incidenza è pari al 3,6%.