Il capitale umano dei cittadini italiani, ovvero la loro capacità di generare reddito, ammonta a circa 342mila euro nella media generale. C’è però un’ampia differenza di genere: mentre il valore pro-capite maschile è pari a 453mila euro, quello femminile è quantificato in circa la metà, 231mila euro. Lo scrive l’Istat, che per la prima volta ha tentato di quantificare il capitale umano italiano.
La rilevazione – riferita al 2008 – si basa su valori di mercato quali la tipologia di lavoro, le prospettive di carriera e le aspettative di vita. Escluse invece le attività fuori mercato, le più difficili da quantificare, quali la produzione famigliare, ovvero il lavoro svolto soprattutto dalle donne in ambito domestico, o l’utilizzo del tempo libero.
A pesare nel divario fra uomini e donne, le differenze di remunerazione, ma anche il fatto che le donne lavoratrici sono di meno degli uomini e rimangono attive per un numero inferiore di anni. Se invece si prendessero in esame le attività fuori mercato, le donne si aggiudicherebbero un valore di 431 mila euro, leggermente superiore rispetto a quello maschile.
Un altro divario si ritrova comparando le diverse fasce d’età: il capitale umano pro-capite di un giovane è pari a oltre 556 mila euro, contro i 293 mila euro dei lavoratori nella fascia centrale (35-54anni) e ai soli 46 mila euro dei lavoratori tra i 55 e i 64 anni. Tuttavia, osserva l’Istat, considerando l’alto tasso di disoccupazione giovanile, superiore al 40%, “c’è forte incertezza circa la possibilità per i giovani di inserirsi nei processi produttivi” ed è quindi possibile che sia rivista al ribasso la stima dei redditi da lavoro attesi per i giovani e di conseguenza quella del valore del capitale umano complessivo del Paese.
Il metodo di calcolo usato dall’Istituto di statistica considera il valore attuale del reddito da lavoro lungo il ciclo di vita previsto tenendo conto di possibili cambiamenti della retribuzione (dovuti anche all’esperienza), di ulteriore istruzione che si può acquisire, di modelli differenziali di partecipazione alla forza lavoro e della mortalità. Quindi si tiene conto della formazione, delle condizioni del mercato del lavoro e delle tendenze demografiche.
L’Istat spiega che il lavoro è il risultato delle attività di ricerca sul tema della misurazione del capitale umano “conseguenti alla partecipazione dell’Istituto alla creazione di un Consorzio internazionale in ambito Ocse”. L’Italia sconta “un rilevante gap in termini di stock di capitale umano” rispetto ai “principali Paesi Ocse”, arrivando ultima in una classifica composta da Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Francia e Spagna, ovvero gli stati che hanno aderito al progetto Human Capital dell’Ocse.