L’aviazione israeliana ha lanciato l’operazione Frecce del Nord sul Sud del Libano e sulla Valle della Beqaa. Sarebbe di 492 morti, tra cui 35 bambini il bilancio provvisorio dei raid, il più grave dalla guerra civile del 1975-90, mentre migliaia di persone sono in fuga dalle città e dai villaggi del sud del Paese verso Beirut.
I jet da combattimento dell’Aeronautica militare israeliana (Iaf) hanno distrutto circa 1.600 di strutture di Hezbollah in diverse aree del Paese, hanno fatto sapere stanotte le Forze di difesa israeliane (Idf). Gli obiettivi distrutti – viene specificato – includevano lanciatori, centri di comando e strutture militari del movimento sciita appoggiato dall’Iran. Nell’ambito di questa operazione, le Forze di difesa israeliane hanno condotto un attacco aereo contro il comandante del fronte meridionale di Hezbollah, Ali Karaki, che però non sarebbe stato ucciso.
Secondo l’esercito israeliano i raid servono “a prevenire gli attacchi contro di noi” da parte di Hezbollah. Tel Aviv accusa inoltre il movimento paramilitare, che è anche un partito politico radicato in Libano, di aver trasformato i civili in scudi umani, piazzando piattaforme di lancio dei missili e depositi di armi tra i garage e le camere da letto.
Le reazioni
Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres si è detto “seriamente preoccupato” per il numero di vittime civili nel sud e nell’est del Libano bombardate dall’esercito israeliano, ha detto il suo portavoce, in un momento in cui la comunità internazionale teme che questa escalation tra Israele e il movimento di Hezbollah, sostenuto dall’Iran, possa trascinare la regione in una spirale incontrollabile. Da New York, dove si tiene l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il ministro degli Esteri francese Jean-Noel Barrot ha annunciato che Parigi chiederà la convocazione di una “riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza sul Libano questa settimana”. “Siamo sull’orlo di una guerra totale”, ha sottolineato il capo della diplomazia europea, Josep Borrell.
La Cina ha espresso sostegno al Libano e ha condannato quelli che ha definito “attacchi indiscriminati contro i civili”. Incontrando a New York la controparte Abdallah Bou Habib per uno scambio di opinioni sulla situazione in Medio Oriente, il ministro degli Esteri Wang Yi ha detto che la Cina “presta molta attenzione agli sviluppi nella regione, in particolare alla recente esplosione di apparecchiature di comunicazione in Libano, e si oppone con fermezza agli attacchi indiscriminati contro i civili”, ha riferito un resoconto della diplomazia di Pechino. La Cina sostiene il Libano “nella tutela di sovranità e sicurezza”.
Gli Usa inviano altri soldati in Medio Oriente
Gli Stati Uniti sono al lavoro per proporre “soluzioni concrete” per alleviare la crisi in Libano, mentre esprimono la propria contrarietà a qualsiasi invasione di terra israeliana per colpire Hezbollah. “Abbiamo alcune idee concrete che discuteremo con alleati e partner questa settimana per cercare di capire la via da seguire”, ha detto, sotto la garanzia dell’anonimato, un alto funzionario degli Stati Uniti, mentre i leader mondiali si riunivano a New York per l’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Gli Usa vogliono trovare una “via d’uscita che impedisca prima di tutto un’ulteriore escalation dei combattimenti”.
Il Pentagono ha annunciato che invierà altri militari americani in Medio Oriente. “Alla luce dell’aumento della tensione e per estrema cautela, stiamo dispiegando un piccolo numero di soldati aggiuntivo per aumentare le nostre forze già presenti nella regione”, ha affermato il portavoce del dipartimento della Difesa il generale Pat Ryder senza specificare il numero. Sono circa 40.000 i militari Usa presenti nella regione con basi in Iraq, Siria e nei paesi del Golfo Persico. Inoltre c’è la portaerei Abraham Lincoln nel Golfo di Oman e la Harry S. Truman è salpata dalla Virginia per il Mediterraneo.