Caos in Israele: dopo mesi di rumors e indiscrezioni, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha licenziato il ministro della Difesa, Yoav Gallant, scegliendo al suo posto Israel Katz, capo della diplomazia. Come ministro degli Esteri è stato scelto Gideon Sa’ar, leader di New Hope, entrato nella coalizione di governo alla fine di settembre per rafforzarne la compagine, tra le critiche dell’opposizione per il suo voltafaccia. In un video Netanyahu ha spiegato di aver perso la fiducia in Gallant per le crescenti divergenze.
Israele: Netanyahu licenzia il moderato Gallant, cosa è successo
In una conferenza stampa dopo la sua cacciata, un Gallant visibilmente emozionato ha sostenuto di essere stato licenziato per tre questioni che lo hanno visto entrare in contrasto con Netanyahu: “La mia ferma posizione sulla leva universale, l’impegno a riportare a casa gli ostaggi e la richiesta di una commissione statale d’inchiesta sul fallimento del 7 ottobre“.
Al termine, l’ormai ex ministro della Difesa ha fatto il saluto militare, in onore degli ostaggi ancora in mano di Hamas.
Israele, la reazione della piazza
Immediata la reazione della piazza con migliaia di manifestanti che si sono riuniti a Gerusalemme e Tel Aviv, bloccando l’arteria della città Ayalon Highway, come in altri luoghi del Paese, tra cui qualche centinaia ad Ashdod e Beer Sheva anche nel nord dello Stato ebraico, ad Haifa, Nahariya, Rosh Pina, dove di recente gli assembramenti sono stati vietati a causa del conflitto in corso contro Hezbollah in Libano. Durissima l’opposizione che ha condannato la mossa del leader del Likud.
Per il leader Yair Lapid è un “atto di follia”: “Nessuno, nemmeno i sostenitori di Netanyahu, crede che Gallant sia stato licenziato per motivi professionali. È stato licenziato perché (Netanyahu) ha favorito i renitenti alla leva rispetto a coloro che prestano servizio. È stato licenziato a causa della necessità di sopravvivenza politica di Netanyahu in tempo di guerra”. Il Forum dei familiari degli ostaggi ha criticato la mossa definendola una “continuazione diretta degli ‘sforzi’ per affossare l’accordo sui rapiti”.
Si è fatta sentire anche l’Israel Business Forum, che rappresenta la maggior parte dei lavoratori del settore privato nel Paese, secondo la quale licenziare Gallant per sostituirlo con un ministro senza alcuna esperienza in materia di sicurezza nel bel mezzo di una guerra è una “mossa pericolosa”. “Un primo ministro che preferisce la sopravvivenza politica e gli interessi personali alla sicurezza del Paese non merita di rimanere in carica”, ha affermato.
La stampa ha riportato che Netanyahu starebbe anche pensando di cacciare il capo di Stato maggiore, Herzi Halevi, e il leader dello Shin Bet Ronen Bar, ma il suo ufficio ha fatto sapere che ha parlato con i diretti interessati e ha ribadito loro che “non vede l’ora di lavorare insieme al nuovo ministro della Difesa”.
Il presidente Isaac Herzog non ha fatto riferimento né a Netanyahu né a Gallant ma ha sottolineato su X che “l’ultima cosa di cui Israele ha bisogno in questo momento è un sovvertimento e una rottura nel mezzo della guerra. La sicurezza di Israele deve essere al di sopra di ogni considerazione”.
Israele, la sorpresa degli Usa dopo il blitz di Netanyahu
Sorpreso anche l’alleato statunitense, concentrato sulle elezioni per il nuovo presidente, e che in Gallant aveva un “partner fidato”, quello con il quale teneva i rapporti. Dopo un paio d’ore dall’annuncio il portavoce del Pentagono, Patrick Ryder, ha fatto sapere che “l’impegno dell’America per la sicurezza di Israele rimane ferreo e il dipartimento della Difesa Usa continuerà a lavorare a stretto contatto con il prossimo ministro della Difesa israeliano”. Entusiasta invece la reazione dell’estrema destra al potere come Itamar Ben-Gvir, ministro per la Sicurezza Nazionale e leader di Otzma Yehudit, che ha parlato di “decisione giusta”. “Con Gallant, che è ancora profondamente intrappolato nella sua concezione, era impossibile ottenere una vittoria completa”.
Già nel marzo 2023 Netanyahu aveva cacciato il ministro della Difesa, “colpevole” di aver preso pubblicamente posizione contro la controversa riforma della giustizia promossa dal suo governo ma le vaste proteste di piazza lo avevano costretto a fare marcia indietro. La mossa si concretizza ora, in concomitanza con la lunga notte elettorale Usa.