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Israele-Hamas, nuovo raid a Gaza: 81 morti. Impasse dopo la tregua? Netanyahu: “Fanno marcia indietro sull’accordo”

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A meno di 24 ore dall’annuncio di un accordo di tregua a Gaza, la situazione sembra tornare in stallo. Israele accusa Hamas di avere fatto marcia indietro su alcune parti dell’accordo, senza specificare quali. Ma Hamas nega. “Hamas sta tornando indietro sui punti concordati e creado una crisi dell’ultimo minuto”, si legge in un comunicato dell’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

Immediata la replica del gruppo islamista, che invece sostiene di non avere cambiato posizione: Hamas non sta facendo marcia indietro sulle intese raggiunte per una tregua a Gaza, dice l’alto funzionario dell’organizzazione, Izzat el-Risheq, ma è impegnata nell’accordo annunciato ieri dai mediatori.

Israele-Hamas: impasse dopo la tregua?

Anche gli Usa ammettono l’impasse: il portavoce per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby, fa sapere che la Casa Bianca è “consapevole delle questioni che il primo ministro” Netanyahu “ha sollevato oggi e ci stiamo lavorando. Il nostro team sul campo sta lavorando con lui e il suo team per appianare tutto questo e andare avanti”. Fonti israeliane hanno fatto sapere che il team negoziale dello Stato ebraico e lo stesso capo del Mossad, David Barnea, sono ancora a Doha per definire i dettagli dell’accordo. La riunione del consiglio di sicurezza israeliano che avrebbe dovuto ratificare l’intesa e che si sarebbe dovuta tenere in mattinata, è slittata e non è ancora stata riconvocata.

Intanto, mentre le trattative diplomatiche e politiche sembrano complicarsi, Israele continua a bombardare Gaza. Le forze aeree dello Stato ebraico, ha fatto sapere la Protezione civile di Gaza, hanno colpito in mattinata la Striscia causando 81 morti, tra cui molte donne e bambini. Un portavoce delle Brigate al Qassam, braccio armato di Hamas, ha fatto sapere che nei raid israeliani è stata uccisa una donna ostaggio del gruppo islamista che sarebbe dovuta essere liberata a seguito dell’intesa. “Dopo aver annunciato l’accordo, l’esercito nemico ha preso di mira un luogo in cui si trovava una delle prigioniere della prima fase dell’accordo previsto”, ha affermato Abu Obeida.

Un accordo tanto atteso quanto fragile: la tregus tra Hamas e Israele è stata mediata da Qatar, Egitto e Stati Uniti, dopo 15 mesi di guerra. Di seguito, i dettagli sull’intesa e su cosa, nelle intenzioni, è previsto nei prossimi giorni.

Tregua a Gaza: Trump e Biden rivendicano i meriti

L’annuncio dell’accordo, nell’immediato, ha avuto il sigillo di Donald Trump, sempre pronto a rubare la scena. Alle 18.00 italiane, il presidente eletto degli Stati Uniti ha confermato su Truth Social: “C’è l’accordo”. Con il suo consueto entusiasmo, il tycoon ha dichiarato: “Questo epico cessate il fuoco era possibile solo dopo la nostra storica vittoria di novembre. Abbiamo mandato un messaggio chiaro: la mia amministrazione lavorerà per la pace e garantirà sicurezza agli americani e ai nostri alleati”. Se la diplomazia si muove lentamente, Trump l’ha presentata come un trionfo della sua visione geopolitica.

Nel frattempo, il presidente uscente Joe Biden ha rivendicato i mesi di intense negoziazioni portate avanti dagli Stati Uniti, insieme a Qatar ed Egitto. “Questo accordo fermerà i combattimenti, fornirà assistenza umanitaria ai palestinesi e riunirà gli ostaggi alle loro famiglie” ha dichiarato Biden, sottolineando il lavoro diplomatico dietro le quinte. E ha aggiunto: “I termini dovranno essere attuati dalla prossima amministrazione. In questi giorni abbiamo parlato e lavorato come una sola squadra”. Un discorso meno roboante, ma che ha rivendicato il lavoro dietro le quinte.

Tregua a Gaza: il calendario delle fasi

L’accordo, nelle intenzioni, si dovrebbe sviluppare in tre fasi principali, con la prima che avrà durata di 42 giorni. La tregua dovrebbe entrare in vigore domenica, quando saranno rilasciati i primi tre ostaggi appartenenti alle categorie vulnerabili. La liberazione proseguirà a ritmo settimanale, fino all’ultima settimana della fase iniziale, durante la quale saranno rilasciati gli ultimi 14 ostaggi. L’esercito israeliano, per l’occasione, ha dato un nome evocativo all’operazione: “Wings of Freedom” (Ali della Libertà).

Alcuni rapporti stimano che solo 24 dei 33 ostaggi siano attualmente in vita, ma non ci sono certezze. Hamas detiene ancora 98 ostaggi, di cui 36 sarebbero deceduti. Tra i rilasci previsti c’è anche il caso di due israeliani trattenuti a Gaza dal 2014: un giovane etiope e un beduino con problemi mentali, che saranno liberati ciascuno in cambio di 30 prigionieri palestinesi.

Durante la seconda fase, prevista al 16° giorno, inizieranno i colloqui per il rilascio degli ostaggi rimasti in vita. La terza fase comprenderà la restituzione delle salme e la definizione di un piano di ricostruzione sotto la supervisione di Egitto, Qatar e Nazioni Unite.

Lo scambio di ostaggi e detenuti

Nella prima fase, Hamas rilascerà 33 ostaggi, tra cui donne, anziani, bambini e persone malate o ferite, in cambio di circa 1.200 detenuti palestinesi nelle carceri israeliane. Tra questi, ci sono 9 ostaggi feriti o gravemente malati, che saranno scambiati con 110 detenuti condannati all’ergastolo. Le cinque soldatesse mostrate in un video diffuso da Hamas nei primi giorni del conflitto saranno rilasciate al ritmo di una ogni settimana, ciascuna in cambio di 50 detenuti.

Le persone con più di 50 anni saranno scambiate seguendo un criterio diverso: un anziano condannato all’ergastolo sarà scambiato con tre detenuti, mentre per sentenze meno gravi lo scambio sarà uno contro 27. Inoltre, alcuni detenuti palestinesi non potranno tornare in Cisgiordania, ma saranno trasferiti all’estero su richiesta di Israele. Tra le esclusioni eccellenti c’è Marwan Barghouti, leader della prima Intifada, che resterà in carcere.

Per ora non ci sono conferme ufficiali sui nomi degli ostaggi. Tra le possibili persone coinvolte, ci sarebbero i fratellini Bibas (9 mesi e 5 anni al momento del rapimento) e la loro madre, rapiti dal kibbutz Nir Oz. Hamas aveva dichiarato in un video di novembre 2023 che i tre sarebbero morti durante un’incursione aerea israeliana.

Un meccanismo di monitoraggio internazionale sarà istituito per verificare il rispetto della tregua e il corretto scambio di ostaggi e prigionieri.

Il ritiro delle forze israeliane

Uno dei punti più delicati riguarda la presenza militare israeliana a Gaza. L’accordo prevede un ritiro graduale delle forze di difesa durante la prima fase:

  • Ritiro dai centri abitati: le forze israeliane lasceranno progressivamente le aree urbane.
  • Accesso al nord per i civili palestinesi: sarà consentito, ma con controlli di sicurezza.
  • Zone cuscinetto: Israele manterrà una presenza lungo il confine con l’Egitto (il cosiddetto Corridoio di Filadelfia) e lungo i confini orientali e settentrionali della Striscia.
  • Corridoio di Netzarim: il ritiro sarà graduale anche da quest’area strategica che divide Gaza in due.

Il ritiro consentirà l’ingresso quotidiano di 600 camion di aiuti umanitari (di cui 300 destinati al nord) attraverso il valico di Rafah, fondamentale per alleviare la crisi umanitaria nella regione.

Le reazioni

Nonostante l’accordo, il percorso verso una pace duratura appare ancora complesso. Il capo negoziatore di Hamas, Khalil al-Hayya, ha dichiarato: “Non dimenticheremo né perdoneremo le sofferenze inflitte al nostro popolo”.

Dall’altro lato, il ministro delle Finanze israeliano, Bezalel Smotrich, ha criticato l’intesa definendola “pericolosa” per la sicurezza nazionale. La sua fazione ha già annunciato il voto contrario all’accordo nel governo israeliano.

Nel frattempo, l’Onu e il Comitato Internazionale della Croce Rossa hanno elogiato l’accordo, promettendo di supportare l’attuazione della tregua e la distribuzione degli aiuti; mentre il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani ha ribadito il sostegno al processo di pace, dichiarando: “Due popoli, due Stati: questo deve essere l’obiettivo finale”.

Articolo aggiornato alle ore 18.10

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