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Israele-Hamas: la Russia cavalca la policrisi ampliando i fronti bellici e lancia la sfida alle elezioni europee

Salgono i sospetti su un presunto coinvolgimento della Russia nella crisi in Medioriente che rischia di polarizzare ulteriormente gli equilibri geopolitici in una fase che sembra sempre più di deglobalizzazione

Israele-Hamas: la Russia cavalca la policrisi ampliando i fronti bellici e lancia la sfida alle elezioni europee

Mentre il mondo si apprestava a festeggiare il superamento del picco di inflazione, ecco che una serie di eventi drammatici mandano in cantina qualsiasi illusione di una nuova fase di “globalizzazione digital generativa”, e la ragnatela di Putin diventa dramma globale realizzando la jihad islamica. Per Putin, l’Occidente deve pagare per l’affronto del sostegno ucraino: e così dopo il Niger, il Nagorno Karabach, ecco l’attacco di Hamas a Israele per il quale si sospetta copertura satellitare e degli hacker russi.

L’attacco a Israele tra fake news e blackout nelle comunicazioni

Era un weekend di grande festa in Israele, quello del 7 e 8 ottobre, la fine della festività di Sukkot. Tutte le famiglie erano riunite per le ultime battute di un periodo festivo, simbolo di fede e di popolo, ora macchiato per sempre del sangue di giovani vite e famiglie innocenti orrendamente uccisi e torturati, come successe nel 2015 alle ragazze e ai ragazzi del Bataclan. 

Ed anche in quel caso ci fu un blackout nelle comunicazioni. In ciò che è accaduto in Israele si nota anche un evidente salto di qualità da parte di Hamas. Nulla, infatti, sarebbe potuto probabilmente succedere senza un‘adeguata copertura logistica anche delle comunicazioni.

Mentre intere famiglie riunite e inconsapevoli, ed a cellulari spenti per lo Shabbat, riposavano ignare, si è scatenato l’inferno con diversi dei fronti di attacco – altra similitudine con quanto accaduto in Francia – e una copertura missilistica che ha mandato in tilt l’organizzazione dei soccorsi e la mobilitazione dell’esercito. 

Questo attacco terroristico si è giocato non solo sul sabotaggio delle comunicazioni ma anche sull’uso di fake news, durante e dopo il massacro di civili, che attraverso i social sin dalle prime ore hanno gettato nel panico tutto il Paese, alimentando il sospetto che le infiltrazioni potessero essere arrivate sino alla Capitale.

Si è invece riusciti ad evitare il crollo dei mercati finanziari visto in occasioni come queste, 11 settembre in primis, grazie alla prontezza delle autorità di mercato e vigilanza nel monitoraggio dei flussi di trattazione. 

L’impennata di gas e petrolio dopo il sabotaggio del gasdotto finlandese

Nessun crollo, ma aumento della volatilità e prezzo del petrolio in salita. Successivamente, a causa del sabotaggio del gasdotto finlandese, è salito anche il prezzo del gas. Entrambe le variabili (gas e petrolio) rappresentano un enorme vantaggio per Russia e Iran, due Paesi che realizzano gran parte delle loro entrate da fonti energetiche e traffico di armi.

Non è un mistero che ci si stava avviando ad una normalizzazione dei rapporti in Medio Oriente, dai Patti di Abramo sino ad un consolidamento del dialogo con Israele sia della Cina che dell’Arabia Saudita che avrebbero fatto da contrappeso ad una deriva dell’insorgenza islamista sempre più forte in Nord Africa e nel Sahel da un lato, e solidamente posizionata dall’altra sui territori in Afghanistan, Iran e Iraq. Poteri autoritari e dittatoriali che hanno bisogno di mantenere uno stato di guerra permanente che alimenta i loro bilanci di Stato e non permette alle popolazioni “in ostaggio” di affrancarsi da tanto opportunismo veniale e politico. 

Come nel caso delle armate di terroristi di Hamas e della popolazione palestinese contro i quali sarebbe bastato una dichiarazione unanime dei Paesi del Golfo di fronte a tanta efferatezza per isolarli e dare respiro ad un conflitto che stava ritrovando vie diplomatiche sostanziali in soccorso ad una popolazione che aveva iniziato a manifestare apertamente il dissenso su una “gestione jihadista” dei territori senza alcuna speranza di sviluppo e redistribuzione dei miliardi di dollari usa convogliati sulle armi e l’orrore compiuto.

All’indomani delle elezioni polacche ed in quello che doveva essere un dibattito aperto sulla visione europea di una riscossa green guidata dalla finanza sostenibile rispetto ad un nuovo posizionamento dei paesi “ex-emergenti” del G7 sulla scia di una rivoluzione digitale, questa Strage di Sukkot ha polarizzato ulteriormente gli equilibri geopolitici e sta rivoluzionando la chiave di lettura di una fase che ora sembra sempre di più di deglobalizzazione, tutto questo proprio nell’anno della grande svolta per il ruolo delle banche centrali e delle nuove divise digitali e possibile riscossa dell’Occidente, tanto odiato da Putin.

C’è da capire quali saranno le leve di “sopravvivenza” europee di fronte a queste molteplici sfide: ambientali, sociali e finanziarie, perché non tutto è già scritto scritto su chatGPT, perlomeno sulla disumanità di un terrorismo mai debellato e sempre pronto a colpire per un proprio interesse di dominio territoriale ed economico ben tangibile.

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