X

Israele continua a crescere (+3,4%), grazie a export e hi-tech

Israele, con un PIL nominale pari a 317 miliardi di dollari nel 2016, è la prima economia nel bacino del Sud del Mediterraneo e quella che ha di gran lunga il reddito pro-capite più elevato (37.192 dollari nel 2016 a parità del potere di acquisto). Israele ha un’economia di mercato molto aperta (il rapporto esportazioni di beni e servizi su PIL supera il 30% rispetto al poco più del 20% per il gruppo G10) e tecnologicamente sviluppata, classificata dai principali organismi internazionali nel gruppo dei Paesi avanzati. E se guardiamo il grado di apertura commerciale, l’economia di Israele è fortemente condizionata dalla congiuntura mondiale.

Come riportato dalla Direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo, nel 2016 la crescita del PIL ha accelerato al 4%, da 2,6% del 2015: la spinta è venuta dalla domanda interna, dove i consumi (+6,1%) hanno beneficiato di bassa inflazione, tagli delle imposte, aumenti salariali e bassa disoccupazione. Dopo qualche anno di stagnazione, in seguito al completamento degli impianti per lo sfruttamento dei giacimenti di gas scoperti nel Mediterraneo, gli investimenti hanno a loro volta messo a segno un significativo recupero (+11,9%), sostenuti dai tagli dell’imposta sui redditi di impresa, dallo sviluppo dei settori ad alta tecnologia, dagli incentivi sui mutui per l’acquisto di abitazioni e dagli acquisti anticipati di veicoli (i mezzi di trasporto su terra hanno registrato una crescita del 55% nel 2016) in vista di tasse più alte a partire dal 2017.

Tuttavia, lo scorso anno il commercio estero ha ampiamente sottratto al PIL riflettendo una crescita delle importazioni (+9,4) pari a quasi quattro volte quella delle esportazioni (+2,5%). Per quanto riguarda i principali settori dell’economia, lo scorso anno la spinta al PIL è venuta principalmente da minerario (23,3%), costruzioni (+13,9%), servizi di vendita (+26,7%) e trasporto (+13,7%). Nella prima metà del 2017 l’economia di Israele, nonostante il rientro di consumi (2,8%) e investimenti (3,5%), ha mantenuto un passo (+3,9%) in linea con quello dello scorso anno.

La crescita ha inoltre beneficiato della spinta del commercio estero grazie all’accelerazione delle esportazioni di beni e servizi e al contemporaneo rallentamento delle importazioni. Secondo gli analisti, nella seconda metà dell’anno lo sfavorevole effetto base e la minore spinta degli incentivi governativi alla domanda comporteranno un rallentamento della dinamica del PIL: la Banca Centrale si attende una dinamica del PIL sotto il 3% che porterà la crescita annuale al 3,4%.

E per quanto riguarda il 2018, l’Autorità Monetaria vede un andamento del PIL in linea con quello di quest’anno, sostenuto principalmente dagli investimenti nei settori di hardware informatico e idrocarburi. Tuttavia, secondo il Fondo Monetario Internazionale, nel medio/lungo periodo la crescita potenziale potrebbe rallentare al 3% a causa di un calo della produttività determinato da fattori demografici.

Se diamo uno sguardo alla composizione settoriale, il manifatturiero include, tra le altre, produzioni ad elevato contenuto tecnologico come strumentazione elettronica e biomedica, apparecchiature di telecomunicazione, semiconduttori e farmaceutica. Israele, inoltre, è un centro mondiale per la lavorazione dei diamanti.

Senza dimenticare un settore agricolo altamente automatizzato e avanzato nei campi della sperimentazione delle colture e dell’irrigazione: pur importando una larga parte del suo fabbisogno alimentare, il Paese è nello stesso tempo un importante esportatore di agrumi e di prodotti agricoli coltivati in serra. Ecco allora che trattandosi di un’economia piccola e molto aperta, le esportazioni di Israele dipendono in particolare dalla domanda mondiale di prodotti nei quali l’economia è specializzata, in particolare l’alta tecnologia dell’elettronica, informatica, comunicazioni, farmaceutica e servizi high-tech.

Lo scorso anno il 49%, metà dei prodotti manifatturieri esportati sono stati beni ad alto contenuto scientifico o tecnologico come i farmaceutici e la strumentazione elettronica. Nel 2016 le esportazioni di manufatti ad alto contenuto tecnologico sono state pari a 21 miliardi di dollari (6,7% del PIL): di questi, quasi un terzo va verso l’Europa, un quarto ciascuno verso USA ed Estremo Oriente. Israele importa soprattutto materie prime energetiche e non (quasi 70% del totale), beni di investimento e di consumo (circa 15% ognuno). I rapporti commerciali con i mercati del Medio Oriente sono trascurabili.

Di recente sono state scoperte rilevanti riserve di gas naturale nel Mar Mediterraneo al largo della città di Haifa (i siti denominati Tamar nel 2009 e Leviatano nel 2010), stimate pari a 200 miliardi di metri cubi: queste due riserve, una volta avviato il pieno sfruttamento, potrebbero garantire il fabbisogno del Paese per 50 anni. L’estrazione nei pozzi denominati Tamar è iniziata nel 2013: lo scorso mese di marzo il consorzio proprietario dei diritti del sito estrattivo Leviatano, guidato dalla società texana Noble Energy con una quota del 39,7%, ha approvato un investimento iniziale di 3,6 miliardi di dollari per le opere che dovrebbero consentire l’avvio dello sfruttamento entro il 2019. Sussistono tuttavia dubbi riguardo l’effettivo inizio dei lavori date le attuali condizioni di eccedenza sul mercato degli idrocarburi e, soprattutto, il clima geopolitico regionale estremamente volatile che rende assai incerta la tenuta dei contratti preliminari di fornitura firmati con i paesi vicini (Egitto, Giordania e Turchia). Nonostante ciò, l’impatto delle turbolenze regionali sull’economia di Israele è solo indiretto, dovuto alle ripercussioni su condizioni di sicurezza e fiducia di consumatori e investitori.
Lo sviluppo dei settori ad alta tecnologia è stato supportato da una fiorente attività di venture capital (nel 2017 sono stati raccolti fondi pari a 4,8 mld con un aumento dell’11% rispetto al 2015) e di fondi di private equity, attratti dal tumultuoso moltiplicarsi delle start-up. Con oltre 3.000 società tecnologiche e start-up Israele ha la più alta concentrazione al mondo di società di alta tecnologia dopo la Silicon Valley californiana. Molte multinazionali di alta tecnologia hanno centri di ricerca, sviluppo e produzione in Israele: nel 2016 le esportazioni di servizi IT ha raggiunto il 4,1% del PIL (13 mld), mentre gli investimenti diretti esteri, pari a 11,6 mld, hanno principalmente riguardato società del settore tecnologico.

Sempre lo scorso anno, le operazioni di M&A, pari complessivamente a 16,8 mld, hanno riguardato per 7,5 mld società di software e IT e per 3,9 mld il farmaceutico. La concentrazione di imprese ad alto valore tecnologico si estende principalmente attorno a Tel Aviv, con altri insediamenti più contenuti nelle città di Ra’anana, Petah Tikva, Herzliya, Netanya, Rehovot Rishon Le Zion. Il World Economic Forum nel suo Global Competitiveness Report 2017-18 sulla competitività pone Israele al 16° posto su 137 Paesi in merito alle condizioni generali di competitività ma al 3° posto per la sotto categoria della capacità di innovazione e al 7° per quella dello sviluppo tecnologico.

Related Post
Categories: News