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Israele attacca anche lo Yemen. È ufficiale: Safieddine, il cugino di Nasrallah alla guida di Hezbollah. Cosa farà l’Iran?

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La tensione in Medio Oriente raggiunge un nuovo picco, intensificata dagli ultimi attacchi al centro di Beirut e in Yemen. Nel frattempo, Hezbollah ha ufficialmente nominato Hashem Safieddine come nuovo segretario generale, succedendo a Hassan Nasrallah, tra l’altro suo cugino da parte di madre. Una scelta particolarmente gradita all’Iran, che vede in Safieddine un leader in grado di mantenere saldi i legami con Teheran. Non è tutto: l’esercito israeliano ha confermato l’uccisione di Fateh Sherif Abu el-Amin, capo di Hamas in Libano, insieme ad alcuni membri della sua famiglia.

Safieddine vanta solidi legami familiari e politici con figure di spicco nel panorama geopolitico mediorientale. È imparentato con membri della famiglia di Qassem Soleimani, il celebre generale delle Forze Quds, noto per il suo ruolo fondamentale nel sostenere Hezbollah e altre milizie filo-iraniane. Inoltre, Safieddine ha collaborato fianco a fianco con Soleimani per anni, contribuendo a rafforzare i legami tra Hezbollah e l’Iran. Questo rapporto non solo gli conferisce una rete di supporto influente, ma lo rende anche un sostenitore convinto della strategia iraniana nella regione. La sua leadership potrebbe, quindi, rappresentare una risposta più incisiva agli attacchi israeliani.

Il numero due di Hezbollah: “Siamo pronti per l’invasione di terra di Israele”

Nel frattempo, Naim Qassem, il vice capo di Hezbollah, ha avvertito che se Tel Aviv decidesse di intraprendere un’incursione via terra in Libano, “le forze della resistenza sono pronte. Siamo preparati e pronti. Il nemico israeliano non raggiungerà i suoi obiettivi.” Il numero due di Hezbollah ha ribadito la determinazione del gruppo, affermando: “Andremo avanti con il nostro percorso contro Israele. Vinceremo, proprio come abbiamo fatto nel nostro confronto con Israele nel 2006.” Ha anche sottolineato che Hezbollah continuerà a perseguire i suoi principali obiettivi, nonostante gli attacchi aggressivi contro i civili in Libano.

Raid aerei di Israele su Beirut e Yemen

Nella notte di ieri, un attacco aereo israeliano ha colpito un’area centrale della capitale, causando quattro morti (tra cui tre leader del Fronte popolare per la liberazione della Palestina) e rappresentando il primo attacco diretto nella città dall’inizio delle ostilità tra Israele e Hezbollah. L’incrocio di Kola, un punto nevralgico affollato, è stato devastato, seminando panico tra i residenti. 

In risposta a queste aggressioni, le forze di difesa israeliane hanno confermato di aver intercettato circa 35 razzi lanciati dal Libano verso il nord di Israele. Sebbene non siano stati segnalati feriti gravi, questo attacco rappresenta un’escalation significativa delle tensioni transfrontaliere. Tuttavia, i raid aerei di Israele non si sono limitati al Libano; anche lo Yemen è stato colpito, con rapporti di vittime e danni in diverse località, suggerendo una strategia militare più ampia da parte di Israele contro le forze sostenute dall’Iran nella regione. Le Idf, tuttavia, hanno smentito di aver condotto nuovi raid su Beirut, spiegando che le esplosioni segnalate dai media locali erano attribuibili al crollo di un edificio danneggiato in attacchi precedenti.

L’esercito israeliano ha confermato l’uccisione del capo di Hamas in Libano, Fateh Sherif Abu el-Amin. È quanto si legge in un comunicato pubblicato su Telegram. Anche alcuni membri della sua famiglia sono stati uccisi nell’attacco, hanno riferito i miliziani.

Il dilemma dell’Iran: quando, come e se rispondere a Israele

Di fronte alla campagna di guerra contro i suoi alleati regionali, l’Iran si trova di fronte a un dilemma strategico: rispondere militarmente a Israele o optare per una strategia diplomatica, evitando di mettere a repentaglio la sicurezza interna e la sopravvivenza della Repubblica Islamica. 

Come anticipato dal Nyt, la leadership iraniana è divisa tra ultraconservatori, guidati da Saeed Jalili, che chiedono una risposta dura, e moderati come il nuovo presidente Masoud Pezeshkian, che temono che un conflitto frontale metterebbe in ginocchio il Paese. Il presidente Pezeshkian, attualmente a New York, aveva proposto la riapertura dei negoziati con l’Occidente e si era spinto a dire che l’Iran potrebbe disarmarsi se anche Israele lo facesse.

I bombardamenti sul porto yemenita di Hodeida, effettuati da Israele, indicano la volontà di allargare la campagna militare ad altri alleati iraniani e complicano la posizione del presidente iraniano, che ha dichiarato false le promesse di cessate il fuoco da parte di leader americani ed europei. Più duro, il generale Abdolrahim Mousavi, comandante dell’esercito iraniano, che ha avvertito Tel Aviv di aspettarsi una risposta per l’uccisione di Nasrallah, promettendo che “il sangue del martire accelererà la caduta del regime israeliano”. Anche il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Naser Kanani, ha affermato che il Paese “non lascerà senza risposta” le aggressioni.

In un momento di frattura interna tra ultraconservatori e moderati nel regime iraniano, la nomina di Safieddine potrebbe anche favorire un’unità necessaria per navigare le complesse dinamiche regionali.

La risposta ferma di Israele e l’appello internazionale

Israele, da parte sua, ha chiarito che non accetterà un cessate il fuoco in Libano senza una serie di condizioni, tra cui l’allontanamento di Hezbollah dal confine settentrionale. Il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, ha dichiarato: “Solo la piena attuazione di tutte le risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu riguardanti il Libano porterà a un cessate il fuoco,” aggiungendo che Israele continuerà le sue operazioni per garantire la sicurezza dei suoi cittadini.

Mentre le tensioni continuano ad aumentare, l’Unhcr ha riferito che oltre 100mila persone hanno già lasciato il Libano per rifugiarsi in Siria a causa degli attacchi aerei israeliani, evidenziando una crisi umanitaria in atto. La situazione per i civili libanesi è diventata insostenibile, con stime che indicano circa un milione di persone costrette ad abbandonare le proprie case. In Europa, il capo della politica estera dell’Unione europea, Josep Borrell, ha convocato una riunione straordinaria dei ministri degli Esteri per discutere la risposta dell’Ue all’escalation in corso, sottolineando l’urgenza di una risposta coordinata di fronte a questa crescente crisi.

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