Tagliare le tasse sul lavoro: sì, ma come? È questo il rebus che nelle prossime settimane governo e Parlamento dovranno risolvere. Nella versione approvata dal Consiglio dei ministri, la legge di Bilancio si limita a stanziare otto miliardi per il capitolo fiscale, senza specificare la ripartizione delle risorse fra i vari capitoli di spesa.
Spetterà dunque a Camera e Senato decidere quanti soldi investire nella rimodulazione dell’Irpef e quanti destinare all’abolizione dell’Irap, che dovrebbe essere accorpata all’Ires. Non si tratta quindi di stabilire solo l’entità del taglio al cuneo fiscale, ma anche chi ci guadagnerà di più: se i lavoratori, con l’aumento della retribuzione netta in busta paga, o le imprese, con la riduzione del carico fiscale.
Sul versante Irpef, le indiscrezioni parlano di un taglio all’aliquota del 38%, quella relativa allo scaglione fra 28mila e 55mila euro di reddito annuo. Secondo due simulazioni – realizzate da Consulenti del Lavoro e da Fondazione Ungdcec – una riduzione di due punti percentuali (quindi al 36%) porterebbe un vantaggio di 340 euro annui per chi sta nel mezzo dello scaglione (nel caso ipotizzato, un reddito di 45mila euro). Il vantaggio salirebbe a 540 euro per chi sta al di sopra (il riferimento è fissato a 75mila euro).
I redditi più alti sarebbero avvantaggiati perché si vedrebbero scontare l’aliquota sull’intero scaglione di reddito (da 28mila a 55mila euro), mentre per chi si trova a metà del guado il gioco funzionerebbe solo in parte (nel caso analizzato, da 28mila a 45mila euro). Per la stessa ragione, chi ha un reddito inferiore ai 28mila euro non guadagnerebbe nulla da un simile taglio dell’Irpef.
La legge di Bilancio, tuttavia, punta ad alleggerire il carico fiscale anche attraverso “una revisione organica del sistema delle detrazioni per redditi da lavoro dipendente e del trattamento integrativo”, ovvero il bonus da 80 euro, poi salito a 100.