In Iran è scoppiata la protesta contro le misure adottate dal Governo di Hassan Rohani, giudicato dal popolo incapace di risolvere i problemi manifestati dal discusso predecessore, l’ultraconservatore Mahmud Ahmadinejad.
La gente ha deciso di scendere in piazza per manifestare contro la dilagante disoccupazione, l’inflazione, la crisi dei mercati e soprattutto il carovita: basti pensare che i prezzi di beni di sussistenza, come uova e carne di pollo, sono stati alzati più volte nelle ultime settimane.
Ad insorgere non è però solamente il popolo. Secondo analisti internazionali, anche intellettuali e borghesi, coloro che hanno spinto Rohani verso la vittoria delle elezioni, hanno qualcosa da rimproverare al governo, che non starebbe rispettando le promesse fatte su diritti civili, politici ed umani. Inoltre, nonostante l’accordo con Obama nel 2015 sul nucleare, in Iran ancora non si vedono i benefici che sarebbero dovuti provenire dalla revoca delle pesanti sanzioni internazionali.
La risposta del regime è stata dura: centinaia di arresti, ma secondo fonti statunitensi ci sarebbero anche sei morti. Agenti della Guardia Rivoluzionaria avrebbero aperto il fuoco sulla folla a Doraud, nella regione centrale del paese. Per arginare le proteste, il Governo ha deciso di bloccare l’accesso ad internet. Impossibile dunque utilizzare il social network Telegram e navigare sul sito di Amadnews, giornale online di informazione anti-governativo, accusato dal governo di incoraggiare la rivolta armata.
Come sempre è accaduto in questi casi da quando è stato eletto presidente, è arrivato l’intervento di Donald Trump, che tramite il proprio amatissimo account di Twitter ha dichiarato: “Il Governo iraniano dovrebbe rispettare i diritti del suo popolo, compresso quello di espressione. Il mondo vi sta guardando“.
Il portavoce del ministro degli Esteri iraniano ha subito risposto: “Dichiarazioni ingannevoli, ipocrite ed opportunistiche. Il popolo iraniano non deve dare credito alle critiche espresse dal signor Trump”.
Proprio gli Stati Uniti, secondo il governo Rohani, sarebbero la causa della crisi in corso. L’atteggiamento storicamente ostile degli Usa verso l’Iran e il persistere di alcune sanzioni commerciali ed economiche volute da Trump avrebbero creato la situazione attuale.