Aramco ha cancellato il roadshow per l’Ipo, a sottoscrizione già avviata (il 17 novembre, conclusione prevista il 4 dicembre). I vertici della Oil National Company saudita, il più importante produttore di petrolio al mondo, hanno annullato gli appuntamenti a Londra, New York e sulle piazze asiatiche. In pratica il collocamento, che porterà nelle casse dello Stato arabo una cifra monstre tra 24 e 25,6 miliardi di dollari, avverrà nel piccolo bacino della Borsa saudita, il Tadawull, e dei paesi alleati del Golfo persico come Emirati arabi, Kuweit, Oman e Bahrein.
Lo scrive il Sole 24 Ore dopo che la compagnia petrolifera ha ufficializzato la decisione di ridimensionare l’importo dell’Ipo dal 5 per cento del capitale – ipotizzato inizialmente dal principe ereditario Mohammed Bin Salman – a un più modesto 1,5 per cento. Rispetto alla forchetta di prezzo annunciata (30-32 Riyal, corrispondenti a 8-8,5 dollari) la valutazione complessiva della società si attesta tra 1.600 e 1.700 dollari.
Cifre di questa portata sono in grado di creare non pochi problemi al piccolo catino della Borsa di Ryad che capitalizza appena 500 miliardi di dollari. E infatti il prospetto di Aramco avverte che un’operazione “di questa taglia è senza precedenti nel Regno” e che “non è possibile assicurare che dopo l’offerta si sviluppi o si mantenga un mercato liquido delle azioni”. Non si escludono perciò “impatti sul prezzo di mercato e ritardi nella possibilità di condurre transazioni”.
Investitore avvisato, investitore mezzo salvato, si potrebbe concludere. Ma non è detto che sia così. Infatti il Tadawull fa parte dell’indice Msci All Country World Index (Acwi) e del sotto indice Msci Emerging Markets. Se impatto ci sarà, dunque, potrebbe avere un’effetto domino anche sugli indici globali con una riassestamento non solo dei titoli quotati sul Tadawul per un prevedibile ribilanciamento del portafoglio degli investitori che tenga conto del nuovo titolo quotato. Ma questo ribilanciamento potrebbe interessare anche altre Borse visto che i sauditi hanno promesso di pagare 75 miliardi di dollari l’anno di dividendi. Una cifra che, parametrata sui 1.700 miliardi di valore complessivi, corrisponde tuttavia a un dividend yeld del 4,4-4,7%, molto simile a quello offerto dalle grandi Oil company occidentali