La clausura da Covid 19 ci fa mangiare meglio. La volontà di combattere in ogni modo e con qualsiasi sistema l’aggressione del virus ha spinto le famiglie italiane a curare l’alimentazione come non si era mai visto. I beni di prima necessità ci sono tutti e per giorni abbiamo visto la corsa agli scaffali dei supermercati. I paragoni con il dopoguerra – vissuto peraltro da una sparuta minoranza della popolazione – sono, quindi, del tutto fuori luogo. Si acquista e si consuma nonostante il lockdown.
Famosi in tutto il mondo come il popolo dei maccheroni (chi non ricorda Alberto Sordi in un “Americano a Roma”?) in questi giorni di quarantena gli italiani hanno mangiato più riso. Non hanno superato i cinesi, ai quali ne mandano diverse tonnellate, ma hanno fatto aumentare le vendite quasi del 50%. Anzi, dice Coldiretti, la domanda del riso ha superato quella della pasta. Tutti attrezzati con ciotole e bacchette? Non proprio. Il riso fa bene, è un’eccellenza del Made in Italy ed è riconosciuto tra i più sostenibili al mondo. Le storiche zone di coltivazione, controllate da un Ente nazionale, hanno una grandissima biodiversità. Distese immense che hanno accompagnato il salto italiano verso il modello di economia industriale senza perdere identità e sapore contadino. Un miscuglio di tradizioni, umanità, fatica e sacrifici.
In virtù delle diverse qualità e di coltivazioni da molti anni protette, l’Italia è diventata il principale produttore di riso in Europa. Le coltivazioni hanno raggiunto i 220mila ettari. Ogni anno 4mila aziende raccolgono 1,40 milioni di tonnellate di prodotto: il 50% di ciò che circola nell’Ue. In settimane tragiche dove per il Covid 19 l’autosufficienza alimentare dell’Ue è a rischio, il coronavirus ha accentuato la competizione sul mercato mondiale. Ma bisogna sempre distinguere la qualità e come viene lavorato il riso.
Secondo Coldiretti i grandi produttori del mondo in queste settimane stanno accumulando scorte strategiche in conseguenza della pandemia. Il Vietnam ha contingentato le esportazioni, il Bangladesh le ha bloccate per consumo interno, in Thailandia i prezzi sono saliti al valore massimo dal 2013. E in Cina? Resta il Paese con il più alto consumo al mondo e in tutta l’Asia se ne producono 700 milioni di tonnellate. Eppure mentre da noi cresceva l’acquisto nei supermercati, a Pechino veniva firmato l’accordo sull’importazione di riso italiano. Un riconoscimento a sistemi di coltivazione ecosostenibili, non impattanti.
Dopo un po’ di trattative l’Amministrazione delle Dogane cinese ha dato via libera all’ingresso di qualità Carnaroli, Arborio, Vialone Nano, S. Andrea e Baldo. Un accordo da 550 milioni di euro che potrebbe significare una ulteriore spinta alle esportazioni di riso DOP e IGT nel mondo. Quello cinese “ é un accordo rilevante – ha detto la Ministra Teresa Bellanova- che stabilisce i requisiti fitosanitari da soddisfare per esportare riso in Cina”. Iprossimi mesi saranno, dunque, decisivi per capire se l’alimentazione a base di riso reggerà alla concorrenza di prodotti provenienti da Paesi ora alle prese con l’epidemia. I passi più importanti sono stati fatti. E si capirà anche se gli italiani a tavola non saranno più visti solo come imitatori di Alberto Sordi. Con tutto il rispetto per il grande attore.