La goccia ha fatto traboccare il vaso: il comportamento di Trump, che, sganciata la bomba commerciale nel mondo, ha mostrato di non preoccuparsi né del crollo di Wall Street, né dell’eventualità di una recessione Usa, ha indotto gli investitori, già incerti sull’andamento dei Magnifici Sette, a fare le valige e spostarsi in altri lidi. I suggerimenti circa le nuove destinazioni stanno arrivando numerosi dagli uffici studi delle grandi banche d’affari: dai mercati valutari con l’acquisto di yen ed euro, ma anche di yuan, fino alle obbligazioni australiane. Ma soprattutto i più puntano sulla Cina e in particolare sui suoi “7 Titani” che fanno mangiare la polvere ai Magnifici Sette Usa.
I gentili investitori sono pregati di spostarsi in altre sedi
Ieri sera, dopo una giornata drammatica per Wall Street, Citi ha declassato la sua raccomandazione sull’allocazione delle attività negli Stati Uniti, tagliando i titoli azionari da “sovrappeso” a “neutrale” affermando che almeno per i prossimi mesi non è chiaro se la sovraperformance dell’economia statunitense possa continuare. Invece la banca d’affari ha migliorato il giudizio sull’azionario cinese a “sovrappeso”. Non è sola a suggerire una rapida uscita dagli Stati Uniti, con modulazioni diverse: Hsbc per esempio raccomanda ai suoi clienti di spostarsi sulle azioni europee, mentre Deutsche Bank avverte che se la tendenza al calo di S&P 500 dovesse continuare, il suo obbiettivo è il livello di 5.300 punti, (ieri ha chius a 5.600 punti), il che significherebbe perdere un altro 5,5% rispetto ai livelli attuali. Goldman Sachs poi ha segnalato ieri sera che anche gli hedge fund, che hanno una potenza di fuoco non indifferente, hanno ridotto l’esposizione alle azioni nella misura più grande in più di due anni.
Ma la domanda ora è: dove vengono rivolti ora gli investimenti? Già nelle ultime settimane si era visti un movimento verso le borse europee soprattutto sulla scia dell’ipotesi di una pace in Ucraina e di un riarmo nella Ue, il che aveva fatto scattare i titoli legati alla difesa e alle infrastrutture. Altri hanno già iniziato a spostarsi sui mercati valutari acquistando yen ed euro al posto del biglietto verde Usa o anche yuan offshore, fino ai titoli di Stato australiani.
Ma soprattutto l’avversione al rischio si è riversata su titoli azionari della Cina, la quale si è distinta ultimamente per altro per le sue novità nel campo dell’Intelligenza aritificiale, a partire dall’annuncio di DeepSeek con i suoi prodotti a basso costo, mentre il governo sta cercando di stimolare l’economia con aiuti in vari settori. Già la scorsa settimana si era inizait a vedere uno spostamento dai Magnifici Sette Usa che avevano corso all’impazzata negli ultimi anni, ai “7 Titani” cinesi, i 7 pesi massimi del tech cinese, tra cui Alibaba Group e Tencent, hanno guadagnato il 40% quest’anno, contro il calo del 16% dei colleghi a stelle e strisce, mentre un indicatore delle azioni cinesi a Hong Kong è salito del 20% quest’anno.
La seduta di ieri a Wall Stret ha segnato certamente una svolta: i crescenti timori di un rallentamento economico hanno alimentato un crollo del 3,8% del Nasdaq 100, il più grande calo giornaliero dal 2022. E non pare nemmeno che Trump sia preoccupato nè del livello di quotazioni considerato accettabile, il cosiddetto “Trump put”, nè dell’eventualità che gli Usa possano cadere in recessione, parola che fa inorridire i mercati che preferiscn non nominarla e utilizzare l’espresssione “Parola R”.
Il risveglio dell’economia cinese
D’altra parte sull’altra sponda del Pacifico, c’è una Cina che sta mostrano un certo risveglio, così atteso anche dalle aziende europee. L’attività manifatturiera cinese sta già accelerando più del previsto, con l’espansione più forte degli ultimi tre mesi, secondo l’indice dei responsabili degli acquisti del settore manifatturiero cinese Caixin, salito a febbraio a 50,8 punti da 50,1 di gennaio, continuando il trend al rialzo da 5 mesi. Anche il PMI manifatturiero ufficiale della Cina, ha battuto le aspettative, tornando in territorio di espansione a 50,2 a febbraio, rispetto al 49,1 di gennaio. L’aumento degli ordini di esportazione è il segnale di una più forte domanda esterna di beni cinesi, probabilmente anche sostenuta dagli importatori statunitensi che hanno anticipato i dazi in previsione di prelievi ancora più elevati. La Cina punta inoltre a creare 12 milioni di nuovi posti di lavoro nel 2025, prevede un tasso di inflazione di riferimento intorno al +2% e un rapporto deficit/Pil del 4%, nel mezzo del calo delle entrate fiscali e di quelle generate dalla vendita dei terreni. L’inflazione, in particolare, era stimata al +3% nel 2024, ma ha chiuso l’anno intorno allo 0% in scia alla debole domanda e ai consumi asfittici. La spesa militare sarà incrementata del 7,2%, lo stesso tasso di crescita dell’anno precedente.
La Cina si ricrede sull’intelligenza artificiale: il caso Alibaba
“Mentre gli investitori globali si ritirano dalle azioni statunitensi, una destinazione ovvia in cui le valutazioni si stanno ancora riprendendo dai minimi è la Cina”, ha affermato Li, gestore di fondi presso la Beijing Yikun Asset Management Co.
I dazi di Trump, radoppiati al 20% per i prodotti cinesi, sono già entrati in vigore e Pechino ha già pronte le contromisure. Questa settimana si concluderà il massimo enclave del governo cinese, da cui gli investitori si attendono indicazioni sulla portata degli stimoli necessari ad arrivare ad un tasso di crescita del 5%, mentre il presidente cinese Xi Jinping ha rafforzato il suo sostegno alle imprese private. Già lo scorso febbraio, Xi aveva già dato segno di voler ribaltare il suo approccio nei confronti delle grandi società tecnologiche quando ha voluto incontrare, in un evento considerato storico, i maggiori top manager del Paese del settore privato. Tra gli imprenditori presenti c’era anche Jack Ma, il fondatore di Alibaba, che era stato allontanato a causa delle sue critiche pubbliche al sistema normativo del Paese, irritando Pechino. Fra gli altri imprenditori che hanno partecipato all’incontro, vi erano Ren Zhengfei, fondatore e amministratore delegato di Huawei Technologies, Lei Jun, fondatore e amministratore delegato del produttore di elettronica di consumo Xiaomi e Wang Xing, fondatore del gigante della consegna di cibo Meituan. Tutti nomi che hanno poi visto l’interesse degli investitori in borsa.
I tech di Hong Kong ai massimi di tre anni, con ancora spzio per crescere
In relazione al risveglio economico e all’aiuto dai titoli tecnologici, l’indice Hang Seng della borsa di Hong Kong è salito ai massimi di 3 anni, allontanandosi decisamente dai minimi degli ultimi quindici anni toccati nel 2023/2024. E’ tra i migliori del 2025 mostrando con un guadagno del +16,20%. Gli acquisti vanno soprattutto sui tech domiciliati in Cina: Kuaishou Tech +15%, JD.Com +8%, Tencent +6%, Bilibili +6%.
Forte infatti è anche la presenza di investitori locali. Ieri, gli acquisti netti di azioni quotate a Hong Kong da parte di investitori della Cina continentale hanno raggiunto il record di 29,62 miliardi di dollari di HK (3,81 miliardi di dollari), secondo i dati di Wind Information. Si tratta del valore più alto registrato da quando Hong Kong ha introdotto il programma di stock connect con i mercati della Cina continentale, che facilita l’accesso degli investitori locali a una selezione di titoli offshore. Il programma Shanghai Connect è stato avviato nel novembre 2014, seguito dallo Shenzhen Connect nel dicembre 2016.
In realtà per trovare la miccia che ha acceso lo spostamento dai tech Usa a quelli cinesi, bisogna tornare alla fine di gennaio, quando la piccola startup cinese DeepSeek ha fatto sapere ai grandi dell’Intelligenza artificiale che si poteva produrre chip senza spendere cariolate di miliardi come hanno fatto finora gli statunitensi. Da quel momento il sassolino è entrato nell’ingranaggio, mettendolo in crisi. Non solo, ma anche Alibaba, che è sui massimi da fine 2021, la scorsa settimana ha annunciato il suo Tongyi Qwen QwQ-32B, nuovo modello di intelligenza artificiale sviluppato in open source e incentrato sul miglioramento delle capacità di ragionamento. Questo nuovo modello è stato presentato come in grado di competere con la R-1 di DeepSeek e punta a dimostrare che piccoli parametri possono raggiungere grandi prestazioni: secondo le informazioni ufficiali, questo modello riesce con soli 32 miliardi di parametri non solo a eguagliare le prestazioni di DeepSeek r-1, che ha 671 miliardi di parametri (di cui 37 miliardi attivati), ma a superarlo anche in alcuni test settoriali.
Occhio alla soglia chiave dell’indice di Hong Kong
Dal punto di vista grafico, gli analisti di Websim segnalano che nelle ultime sedute ha messo sotto pressione la prima soglia discriminante posizionata intorno a 23.800/24mila punti, (la quotazione di oggi) dove transita la media mobile di lungo periodo, dicono gli analisti di Websim. Oltre quel livello l’indice potrebbe ambire ad estendere il rialzo fino a 28mila punti (upside +17%). “Restiamo ottimisti nel lungo termine. Si suggerisce di accompagnare il rally con acquisti scalettati, approfittando eventualmente dei pull back verso area 21mila punti. Pronti a incrementare la posizione alla prima chiusura sopra 24mila punti con target finale verso 28mila” suggeriscono.