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Investimenti, 25 anni dopo il crollo delle dot-com la domanda è: bisogna aver paura del calo dei Magnifici 7?

Venticinque anni fa iniziava lo scoppio della bolla innescata da Internet. L’anniversario innesca i parallelismi con il pazzo rally per l’Intelligenza Artificiale e il calo di questi giorni. Ci sono molti fattori che differenziano i due momenti, compreso l’arrivo di Cina e Germania. Ecco quali

Investimenti, 25 anni dopo il crollo delle dot-com la domanda è: bisogna aver paura del calo dei Magnifici 7?

Era il 24 marzo 2000. Esattamente 25 anni fa come oggi i grafici raccontano che l’indice S&P 500 ha registrato un livello record che non avrebbe più rivisto fino al 2007. Tre giorni dopo, anche l’indice Nasdaq 100, fortemente tech, ha chiuso a un massimo storico, l’ultima volta che lo avrebbe fatto per oltre 15 anni. Cinque anni prima era arrivata una nuova rivoluzionaria tecnologia, chiamata Internet, che ha incantato gli investitori di tutto il mondo per le sue possibilità apparentemente illimitate. L’euforia scatenò un rally del mercato azionario a livelli stellari. Poi tutto crollò. È stato lo scoppio della bolla delle dot-com lasciandosi dietro una scia di perdite di investimenti per trilioni di dollari.

Celebrare ogni anniversario ha un suo preciso scopo: fare bilanci, confronti e immaginare gli sviluppi. Leggendo la storia di 25 anni fa, i parallelismi con il presente non sono pochi: la ninfa ammaliatrice dei mercati che allora si chiamava Internet, oggi si chiama Intelligenza Artificiale, ma il rally c’è stato oggi come allora. E ora che si sta verificando una discesa, gli strategist si stanno domandando: siamo alle porte di un crollo simile a quello dell dot-com o si tratta di una semplice correzione?

Due sono gli elementi da tener ben presenti oggi, molto diversi da quelli di allora. Il primo è che a partire da questo gennaio, il mercato Usa ha dovuto condividere con altre piazze finanziarie il suo scettro: sul palcoscenico, abbastanza imprevedibilmente, sono comparsi gli attori cinesi ed europei, fino a quel momento snobbati dagli investitori. Invece l’arrivo in Cina di DeepSeek che promette intelligenza artificiale a basso costo e l’abbattimento in Germania di una secondo muro, quello del tetto del debito hanno innescato aggiustamenti delle allocazioni nei portafogli: senza necessariamente scomodare l’idea di attacchi di panico, ma semplicemente per il sacro dogma della differenziazione di portafoglio, il manulale del buon investitore ha suggerito un alleggerimento degli Stati Uniti, prendendo fior di benefici, per far posto agli altri due, come gli strategist stanno indicando.

Il secondo fattore che rende diversa la situazione attuale da quella di 25 anni fa è sottostante: quello di oggi più solido di quello di allora, con utili reali delle aziande e un’economia Usa di carattere più forte. Detto ciò, in queste cose non esistono sfere di cristallo da interrogare. Ma dati certamente sì.

Il rally di 25 anni fa

I picchi registrati intorno al 24 marzo di 25 anni fa segnarono la fine di una pazza corsa iniziata con la smisurata offerta pubblica iniziale per Netscape Communications Corp, che venne quotata nell’agosto del 1995. Tra allora e il marzo 2000, l’S&P 500 è quasi triplicato, mentre il Nasdaq 100 salì del 718%. E poi finì. Entro ottobre 2002, più dell’80% del valore del Nasdaq era scomparso e l’S&P 500 fu sostanzialmente dimezzato con un crollo delle dot-com da circa 5 trilioni di dollari.

Il rally di questi anni e la correzione

Gli echi di quell’epoca risuonano ora. La tecnologia questa volta è l’intelligenza artificiale. Dopo un rally selvaggio del mercato azionario che ha fatto schizzare l’S&P 500 del 72% dal suo minimo nell’ottobre 2022 al suo picco il mese scorso, aggiungendo più di 22 trilioni di dollari di valore di mercato nel processo, stanno emergendo segnali di guai. Le azioni stanno iniziando a scendere, con il Nasdaq 100 che ha perso più del 10% scendendo a un livello “di correzione” e anche l’S&P 500 che è sceso brevemente a quel livello. Nel gergo di Wall Street, una correzione si verifica quando i titoli scendono di oltre il 10% rispetto al loro recente massimo. Le perdite superiori al 20% costituiscono un mercato orso. L’indice di mercato statunitense ha raggiunto il suo ultimo massimo intraday il 19 febbraio. Alla chiusura di giovedì 13 marzo, era già sceso del 10,45% da quel record. Il recente crollo arriva dopo oltre due anni di forti guadagni del mercato americano, trainati in gran parte dai titoli tecnologici a grande capitalizzazione e dal boom dell’intelligenza artificiale. Negli ultimi 12 mesi, l’indice di mercato statunitense ha registrato un rendimento dell’8,9% fino a mercoledì 12 marzo). Dall’inizio del 2023, le azioni sono aumentate di quasi il 50%.

Nel tempo, una confluenza di fattori pose fine alla bolla delle dot-com. La Federal Reserve iniziò ad aumentare i tassi di interesse in modo aggressivo, in parte per rallentare l’esuberanza del mercato azionario. Nel frattempo, il Giappone sprofondò in una recessione, che fece temere un rallentamento globale.

Le aziende dell’Ai sono diverse dalle dot-com

Il rischio per gli investitori oggi è che quello scenario potrebbe ripetersi. L’intelligenza artificiale ispira sogni di assistenti personali computerizzati intrecciati in ogni aspetto delle nostre vite. La nuova tecnologia gestirà i nostri trasporti, aiuterà a insegnare ai nostri figli, fornirà cure mediche di routine, creerà intrattenimento e gestirà le commissioni e le faccende domestiche quotidiane.

Ma le aziende coinvolte nel boom dell’IA sono molto diverse dalle aziende che hanno dominato l’era delle dot-com. La bolla di Internet è stata in gran parte costruita su aziende startup non redditizie, alcune delle quali hanno capitalizzato la tendenza semplicemente aggiungendo un “.com” ai loro nomi, così da poter facilmente vendere azioni al pubblico.

Certo. L’euforia che circonda l’IA è concentrata su un gruppo esiguo di aziende tecnologiche che sono tra le più redditizie e finanziariamente stabili al mondo, come Alphabet, Amazon.com, Apple, Meta Platforms, Microsoft e Nvidia. Ma bisogna guardare la quantità di capitale generata dai giganti della tecnologia di oggi. Solo quest’anno, Alphabet, Amazon, Meta e Microsoft dovrebbero investire complessivamente 300 miliardi di dollari in spese in conto capitale per sviluppare le loro capacità di intelligenza artificiale, secondo le stime degli analisti compilate da Bloomberg. E anche con tutta quella spesa, si prevede comunque la generazione di 234 miliardi di dollari in flusso di cassa libero combinato.
Il boom delle dot-com non aveva nulla di simile, poiché riguardava più che altro investimenti speculativi in ​​aziende emergenti che non generavano profitti.

Inoltre il concetto di valutazione dei prezzi delle azioni in base ai rapporti p/e veniva addirittura snobbato, tanto che Wall Street si era persino inventato nuove metriche, come “clic del mouse” e “bulbi oculari”, per cercare di misurare la loro crescita senza coinvolgere denaro. Anche se ora può sembrare folle, molti investitori all’epoca non ci fecero caso perché scommettevano su un futuro senza limiti. ,

Le valutazioni tecniche

Insomma, bisogna aver paura oppure no? Ora, non avendo la sfera di cristallo, vengono in aiuto alcuni dati.

L’analisi condotta dalla società indipendente Ned Davis, basata su dati storici dal 1928 al 2024, mostra la performance media dell’S&P 500 equipesato, tenendo conto delle performance annuali, delle dinamiche del primo anno di ogni ciclo presidenziale e del quinto anno di ogni decennio. Se questa tendenza si ripetesse nel 2025, la correzione registrata dall’inizio di marzo potrebbe rientrare nella normale stagionalità dell’indice, che storicamente tra marzo e aprile si muove lateralmente o leggermente al ribasso, per poi riprendere la crescita. L’analisi suggerisce che l’S&P 500 potrebbe chiudere l’anno con un incremento intorno al 10%.

Javier Molina, analista di mercato senior di eToro porta un altro dato. “Nonostante il tono ribassista, i flussi di investimento raccontano una storia diversa. Nel bel mezzo della correzione, gli ETF azionari hanno registrato afflussi netti per 57 miliardi di dollari, la cifra settimanale più alta del 2025, a dimostrazione del fatto che, ancora una volta, il ribasso viene comprato”, osserva l’analista di eToro. “Questo ci porta a chiederci se si tratta di una semplice correzione tecnica o dell’inizio di un mercato orso. Dal 1929, ci sono state 30 correzioni del 10% o più, ma solo 16 hanno portato a un mercato orso”, dice Molina. “Oggi gli indicatori di propensione al rischio non indicano una chiara opportunità di acquisto controcorrente: non ci sono segnali di panico, ma c’è una chiara erosione dell’umore del mercato”, aggiunge.

Bisogna poi tener conto della revisione al rialzo delle stime sugli utili per azione delle società dell’S&P 500 negli ultimi sei mesi, con un’accelerazione significativa della crescita annualizzata degli eps negli ultimi cinque anni. Inoltre, il Roe dell’indice si attesta su livelli storicamente elevati.

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