Quando mancano ancora due giorni lavorativi alla chiusura dell’Ops di Intesa Sanpaolo su Ubi Banca (scade martedì 28 luglio), le adesioni sono salite al 32,6%. Ancora una percentuale insufficiente per portare a termine la fusione (l’obiettivo è del 67%), ma già soddisfacente in proiezione, visto che nelle analoghe operazioni recenti, è stato proprio il rush finale a risultare decisivo: ecco perché gli advisor Jp Morgan, Morgan Stanley, Ubs ed Equita prevedono che alla fine l’adesione sarà del 70%, cioè abbondantemente quanto sperato e pronosticato dalla banca guidata da Carlo Messina, che punta al 67%.
Il tutto però sta avvenendo in un clima non proprio sereno. Il Cda di Ubi Banca ha più volte ribadito la propria freddezza nei confronti dell’operazione, ritenendola sconveniente per gli azionisti e remando dunque contro l’adesione. Questa opposizione starebbe facendo leva soprattutto sui piccoli azioni, che comunque nell’azionariato della banca lombarda pesano intorno al 25%. Di qui l’accusa dei legali di Intesa Sanpaolo: Ubi non informa correttamente i propri soci. E’ partito anche un esposto a Consob e Banca d’Italia, nel quale si lamentano una “violazione della disciplina dei servizi di investimento” e “gravi comportamenti dilatori e scorretti”, che Ubi avrebbe adottato “sfruttando indebitamente la posizione di intermediario depositario di azioni oggetto di Ops per contrastarla e spingendosi, talora, a raccomandare ai clienti la non adesione”.
Intesa Sanpaolo contesta alla banca “rivale” di mettere in atto pratiche dissuasive dall’adesione telefonica, prevista dalla legge, e raccomandazioni date dei gestori Ubi ai clienti “di non aderire perché l’Ops sarebbe non conveniente in quanto a sconto”. Dal canto suo, Ubi ha sempre sostenuto l’assoluta correttezza di informazioni e condotte sull’offerta nelle filiali. Mancano ormai pochissime ore al verdetto.