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Intesa pulisce il bilancio per moltiplicare gli utili e garantire un monte-dividendi da 10 miliardi

Intesa Sanpaolo sale del 4,22% a 2,41 euro dopo i conti del 2013 e la presentazione del piano industriale 2014-2017 (Ftse Mib +1,5%). I forti scambi, già oltre la media quotidiana, hanno spinto il titolo in mattinata al rialzo fino al 5% grazie alla conferma della cedola per quest’anno e alle attese di un monte dividendi consistente per i prossimi esercizi del piano. La banca punta infatti a un utile netto nel 2017 di 4,5 miliardi con un monte dividendi complessivo di 10 miliardi di euro per l’intero arco di piano (1 miliardo per il 2014, 2 miliardi per il 2015, 3 miliardi per il 2016, 4 miliardi per il 2017).

Nel 2013 l’istituto ha invece messo mano a una consistente pulizia di bilancio, come molte altre banche stanno facendo in vista dell’asset quality review della Bce, e ha chiuso con una perdita di 4,5 miliardi. Nel solo quarto trimestre la perdita si è attestata a 5,19 miliardi, a seguito di rettifiche di valore dell’avviamento e delle altre attività intangibili per 5,79 miliardi di euro. 

Il nuovo piano punta nel 2017 a un rendimento del capitale superiore al costo del capitale per il gruppo e per ciascuna business unit e un business mix “principalmente focalizzato sulle commissioni, al fine di poter fronteggiare anche scenari prolungati di bassi tassi di interesse”. Nel 2017 la banca si attende un Rote all’11,8%, un Roe al 10%, un Common equity ratio al 12,2%.

8 MILIARDI DI CAPITALE IN ECCESSO
NIENTE BORSA PER BANCA FIDEURAM

“Siamo la banca più forte d’Europa per capitale e per liquidità” ha voluto sottolineare Messina presentando il piano questa mattina nella sede milanese della banca.  “Il livello di common equity – ha detto –  è superiore al 12% con un eccesso di capitale di 8 miliardi di euro. Siamo più forti delle banche tedesche e francesi. Siamo una banca che non ha fatto mai mancare il sostegno all’economia reale.

Abbiamo preso 36 miliardi dalla Bce e ne abbiamo erogati oltre 50”.
Il capitale in eccesso prevede un Common equity ratio al 9,5%, che è il requisito richiesto dalla normativa Basilea 3 per le banche sistemiche ( 4,5% Common Equity + 2,5% conservation buffer + 2,5% di massimo buffer Global SIFI attuale). Nelle piano si legge che il “capitale in eccesso è utilizzabile per ulteriori distribuzioni dal 2016-2017″. Ma, ha precisato Messina durante la presentazione alla comunità finanziaria, che gli otto miliardi di capitale in eccesso verranno restituiti agli azionisti “solo se non sarà possibile avere opportunità di crescita”.

Nel piano non sono previste acquisizioni in Italia. “Al momento non ci sono dossier sul tavolo per opportunità di crescita – ha detto durante la presentazione agli analisti il consigliere delegato Carlo Messina – in ogni caso la crescita non sarà in Italia”. Per quanto riguarda i mercati esteri ”dipenderà da obiettivi, dai prezzi e dalle opportunità a livello consolidato – ha precisato Messina – Al momento, comunque, non vedo opportunità”. A fronte di questo capitale già disponibile la conversione delle azioni di risparmio “non è una priorità” così come non è previsto un ritorno in Borsa di Banca Fideuram.

“Ad oggi non è sul tavolo”, ha commentato Messina rispondendo alle domande dei giornalisti durante la conferenza stampa per la presentazione del piano di impresa 2014-2017. Se Intesa quotasse Banca Fideuram o altri asset genererebbe ulteriore capitale rispetto agi otto miliardi al momento in eccesso, capitale che al momento non serve alla banca.

“Abbiamo un insieme di business unit che vale tra i 10 e i 15 miliardi – ha spiegato Messina –  se le quotassimo aumenteremmo l’eccesso capitale ma perderemmo utili in conto economico. Quindi non abbiamo bisogno di una quotazione che valorizzi questi asset. Per il futuro le opzioni sono aperte visto che sono asset che hanno un valore e che potrebbero essere valorizzati al meglio magari in un’ottica di partnership a livello europeo”.

PARTECIPAZIONI NON CORE CEDUTE ENTRO IL 2017
PROGETTO CON KKR E UNICREDIT MARGINALE

Nel frattempo Intesa ha comunque intenzione di vendere tutte le partecipazioni non core, che a fine 2013 valevano complessivamente 1,9 miliardi di euro. Fra queste Rcs, Alitalia e Telecom Italia. L’istituto ha già dismesso la partecipazione in Generali nell’ultimo trimestre 2013 (circa 360 milioni di euro) e quelle in Pirelli, Sia e Union Life nel primo trimestre 2014 (circa 35, 80 e 145 milioni di euro), per un valore di libro complessivo di circa 620 milioni e una plusvalenza totale di circa 320 milioni.

Sul versante ucraino, Intesa sta lavorando con i regolatori d Kiev sulla cessione della controllata Pravex, poiché la situazione con i compratori non è chiara: “Devono dirci se è possibile vendere una Banca a una persona che ha problemi con la giustizia – ha detto ancora l’ad –. Al momento non c’è evidenza di relazione”. A fine gennaio Intesa ha raggiunto un accordo per la cessione di Pravex-Bank a CentraGas Holding, che fa capo al gruppo Df del miliardario Dmytro Firtash, arrestato a Vienna a metà marzo nell’ambito di un’inchiesta relativa a un investimento in India nel 2006 e poi rilasciato su cauzione.

Per quanto riguarda il progetto con Kkr e Unicredit sui crediti ristrutturati di cui si è parlato nelle scorse settimane sulla stampa,  Messina ha voluto precisare che riguarda “poche pratiche da mettere a fattore comune, è una questione minore della nostra strategia”. In altre parole, che l’operazione si chiuda o meno non è così importante. Messina punta invece a una collaborazione con l’operatore Usa Kkr che “resta strategico”.

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