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Intesa e Unicredit, duello in banca a suon di record ma occhio a spread e recessione

Le 2 maggiori banche hanno presentato conti da record con un netto rafforzamento patrimoniale e la moltiplicazione degli utili ma ieri il ritorno della recessione e l’innalzamento dello spread le hanno messe in ginocchio in Borsa – Intesa e Unicredit hanno tutti i numeri per superare gli stress test e trarre profitto dai nuovi prestiti Bce ma occhio ai Btp

Intesa e Unicredit, duello in banca a suon di record ma occhio a spread e recessione

INTESA-UNICREDIT, DUELLO A SUON DI VOTI RECORD
MA FA PAURA L’INCOGNITA DI SPREAD E RECESSIONE

Dovrebbe essere, a rigor di logica, il duello tra due potenziali primi della classe. Ma l’effetto della ricaduta in recessione del Bel Paese ha giocato un brutto scherzo ad Intesa e Unicredit, le due ammiraglie del sistema bancario italiano, sottoposte ad un pesante fuoco di fila.

Sia Unicredit che Intesa hanno lasciato ieri sul terreno più del 3% in uno dei giorni più tormentati della recente storia di Piazza Affari. Eppure, in parallelo, fioccavano sulle reti telematiche gli apprezzamenti ed il consenso di broker ed analisti.

Piace a tutti il core tier 1 al 10,4%, oltre la barriera promessa del 10%, in condizioni di assoluta sicurezza in vista della asset quality review. Apprezzati anche l’utile oltre le stime del mercato (403 milioni nell’ultimo trimestre, oltre un miliardo nei primi sei mesi dell’anno) e gli accantonamenti a fronte dei crediti deteriorati pari ad un miliardo (contro una previsione di 1,10 miliardi).

Di qui una raffica di promozioni. Equita ha alzato il target price a 7,8 euro (pagella buy) scommettendo su 2,3 miliardi di utili a fine anno; Kepler Chevreux (hold, prezzo obiettivo a 6,5 euro) tiene già onto degli effetti della vendita della tedesca Dab.

Gli analisti di Morgan Stanley sottolineano il valore del common equity tier 1, superiore alle attese. “La banca affronterà l’asset quality review e gli stress test con un buon livello di capitale – si legge nella nota della banca d’affari – L’azione resta una delle nostre preferite in Europa e per quanto riguarda la cessione di Unicredit Credit Management Bank, il ceo ha confermato che si attende una vendita prima della fine dell’anno, ma il deal è complicato”, ha concludo Morgan Stanley.

E così via: Banca Akros ha confermato la raccomandazione accumulate e il target price a 7 euro, Banca Imi add e il prezzo obiettivo a 7,15 euro, Nomura buy e target price a 7,6 euro, JP Morgan overweight con un target price a 8,2 euro, Mediobanca Securities outperform con un target price a 8,9 euro e Barclays overweight e il prezzo obiettivo a 7,5 euro, precisando che nello scenario migliore la valutazione di Unicredit può salire a 8,26 euro mentre in quello peggiore scendere a 3,72 euro. Solo Credit Suisse e Natixis hanno un rating neutral con un target price a 6,6 euro la prima, rivisto da 7 a 6,40 euro nel caso della seconda.

Perché, nonostante questa pioggia di bei voti, i mercati tanno bombardando Unicredit? Perché, come sempre capita nei momenti di debolezza generale del sistema, i titoli bancari e finanziari sono i più penalizzati, complice l’allargamento dello spread tra Btp e Bund a 171 punti base.

La considerazione vale a maggior ragione per Banca Intesa, punita oggi sotto la tempesta, premiata pochi giorni fa dopo la presentazione dei conti. L’istituto ha avuto la fortuna di presentare i conti di metà anno venerdì 1° agosto, prima che si scatenasse la tempesta. In quel contesto, nonostante le pressioni sul settore legate al tracollo di Banco Espirito Santo. Il mercato ha avuto modo di apprezzare gli ottimi risultato raggiunti sotto la guida del ceo Carlo Messina: utile quasi doppio rispetto all’analogo periodo del 2013 (720 milioni contro 422 milioni), un common tier 1 senza eguali in Europa a quota 12,9%, margine di interesse in crescita a 4,2 miliardi nonostante il calo (-3,4%) dei crediti alla clientela. Infine, i flussi di nuovi crediti deteriorati segnano il livelo più basso da fine 2011.

Al di là dei numeri, entrambe le banche sembrano ben attrezzate per sfruttare fin da subito con grande profitto l’arrivo dei Tltro, i prestiti della Bce in arrivo da metà settembre con l’oiettivo di incrementare gli impieghi verso il setto produttivo. Insomma, la macchina sembra bene avviata. Purché la caduta dei titoli di Stato in un momento estremamente delicato,quando è ancora sul tappeto il nodo della valutazione dei titoli pubblici in portafoglio ei bilanci bancari, non provochi nuove richieste e di accantonamenti e, peggio ancora, una nuova violenta fuga degli investitori internazionali.

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