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INTERVISTE DEL WEEK END- Gianni Tamburi: “L’Italia cambia: Renzi e Marchionne uomini della svolta”

Tante cose sono cambiate. Ma tante altre, purtroppo, no. Ecco, in estrema sintesi, il bilancio degli ultimi dieci anni del capitalismo di casa nostra secondo la lente di Gianni Tamburi, finanziere con un debole per l’economia reale. Un bilancio non casuale: proprio dieci anni fa, il 5 novembre 2005, faceva il suo esordio in Piazza Affari Tamburi Investment Partners, che nel corso degli anni, ha messo assieme un club di oltre 150 investitori eccellenti, un club che ha dato vita ad investimenti per circa due miliardi di euro. Ma una volta tanto lasciamo da parte la case history del finanziere che ha saputo attrarre l’attenzione di Warren Buffett (“purtroppo – sospira – sul mercato italiano non ci sono operazioni dai 3 miliardi in su, la taglia minima per le loro esigenze”).

Torniamo indietro di una decina d’anni. A rileggere le pagine economiche di quei giorni sembra che l’unico modo per creare valore in un’azienda fosse la finanza creativa. Pensiamo a quante aziende sono state caricate di debiti “per ottimizzare la cassa” come si diceva.

“L’elenco è lungo: Pagine Gialle, Saeco, Ferretti, Sirti e così via. C’è stata una distruzione di valore spaventosa grazie agli imbecilli” osserva Tamburi in questa intervista a FIRSTonline.

FIRSTonline – Colpa di manager imbecilli?

TAMBURI – “No, banchieri imbecilli che hanno finanziato le operazioni pensando solo al guadagno immediato, senza valutare la redemption finale.  Buona parte della colpa sta nel sistema di remunerazione dei manager. Ma i banchieri non solo i soli responsabili”.

FIRSTonline – Fuori gli altri responsabili.

TAMBURI – “Voi giornalisti. L’informazione ha puntato sul grande è comunque bello o sull’emozione più che sulla logica. Le scalate sono state interpretate comunque come un segnale di successo. Anche gli analisti hanno la loro parte di responsabilità. Anche loro, come i media, campano di miti piuttosto che fornire informazioni”.

FIRSTonline – Cioè?

TAMBURI – “Ho appena avuto una vivace discussione con la responsabile di Ubs sulla Cina. Per un’ora ha spiegato, in percentuali, la crisi dell’economia. Ma quando gli ho chiesto a quanto ammonta, in cifre, la crescita del Pil nel 2015, non ha saputo rispondere. Insomma, era preparata ad illustrare la tesi corrente, ma non a fornire un dato reale, ben più rilevante dell’incremento del Pil Usa”.

FIRSTonline – Forse certi miti servono a sostenere buoni affari.

TAMBURI – “Per un po’ l’ho pensato anch’io. Ma non è così: è pura imbecillità. Per nostra fortuna, l’economia reale non è stata colpita nello stesso modo. L’industria ha continuato ad andare bene. La crisi ha tagliato la testa ai cretini. Il capitalismo, sotto questo profilo, si è rafforzato”.

FIRSTonline – Nel 2005 nel Bel Paese il capitalismo privato era quasi sinonimo di Mediobanca.

TAMBURI – “E’ più una suggestione giornalistica che una realtà. Mediobanca è stata ed è una struttura eccellente, con grandi professionalità. Ma con dimensioni limitate. Eppure, ad un certo punto sembrava che fossero al centro di tutte le cose. In realtà il ruolo di Intesa e di Unicredit è stato ed è ben più rilevante”.

FIRSTonline – E si tratta di un ruolo virtuoso?

TAMBURI – “Sulla carta sì. I propositi sono buoni, ma continuano a prestare quattrini spesso con una logica burocratica, da carrozzone. Certe abitudini tornano a farsi sentire, ora che ci sono a disposizione i quattrini del Qe di Mario Draghi”.

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FIRSTonline – Quattrini necessari.

TAMBURI – “Senz’altro sì. Ma ormai siamo drogati. Per questo nutro una certa diffidenza sullo stato di salute del credito. Mi capita spesso che qualcuno mi proponga operazioni sulle banche. Però credo che la vera pulizia non sia ancora stata fatta. Lo deduco dallo stato di salute di molte aziende che hanno chiesto il nostro aiuto. Ci sono ancora imprese che hanno più debiti che fatturato, ma i crediti bancari non hanno ancora svalutato la loro esposizione. Meglio stare alla larga, per ora. La prudenza è uno dei segreti di Tip”.

FIRSTonline – Il protagonista assoluto di questi anni è senz’altro Sergio Marchionne.

TAMBURI – “Senz’altro. Assieme a Matteo Renzi è l’uomo della svolta. Penso ora voglia completare l’opera con l’operazione Gm. La sua intenzione, credo, sia di accelerare i tempi. Magari con l’aiuto di Warren Buffett che mi sembra molto attento a quel che fanno Marchionne e John Elkann, il cui ruolo è preziosissimo. Senza John, che si è caricato sulle spalle le sue responsabilità invece di godersi i quattrini, Marchionne avrebbe potuto fare ben poco”.

FIRSTonline – Altri eredi di fortune industriali hanno fatto scelte diverse. Hanno sbagliato? Come giudica il disimpegno di Pesenti?

TAMBURI – “E’ una scelta legittima come uno dei possibili sbocchi del capitalismo familiare. Il vero limite italiano è la resistenza a creare public company, con una netta distinzione tra gestione e proprietà. Per fortuna ci sono esempi che lasciano ben sperare: Cucinelli, Moncler o Eataly. Dieci anni fa sarebbe stata impensabile la distinzione dei ruoli tra Andrea Guerra, manager operativo, e Oscar Farinetti”.

FIRSTonline – Ma per un salto del genere ci vuole la Borsa. O no?

TAMBURI – “E questo il tasto dolente. Ho appena ritrovato un mio libro in cui spiegavo i vantaggi della quotazione e la necessità di una politica in tal senso. Da quando l’ho scritto? Nel1981. Da allora, in termini di numero di quotate, non è cambiato molto. Siamo fermi a 300 titoli, più o meno come dieci anni fa”.

FIRSTonline – La colpa?

TAMBURI – “Le banche, a parole, si dicono favorevoli alla svolta. Ma nei fatti, quando si trovano di fronte preferiscono erogare crediti dal ritorno assicurato. Anche la Confindustria frena: la mentalità è ancora quella del 100 per cento per non render conto a nessuno”.

FIRSTonline – Non si è fatto proprio niente?

TAMBURI – “Al contrario. Ritengo molto interessante l’esperienza di Elite, il programma per istruire le imprese al confronto con i mercati finanziari. E pur con tutti suoi limiti, l’Aim è una realtà interessante. Ma faccio notare che queste due esperienze, in pratica le uniche di questi anni, sono state promosse dalla Borsa italiana che è controllata dal London Stock Exchange. Non credo sia un caso”.

FIRSTonline – E così il capitalismo italiano resta nano.

TAMBURI – “Non esageriamo. Esistono straordinarie realtà in crescita un po’ in tutti i settori. La farmaceutica vive una stagione dorata, in molti campi vantiamo posizioni eccellenti. Non passa giorno senza che Tip esamini nuovi possibili investimenti. C’è molto da fare. Ad una condizione”.

FIRSTonline – Quale?

TAMBURI – “Stavolta lasciamo gli imbecilli fuori dalla porta”.                        

Categories: Interviste