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INTERVISTA A ROGER ABRAVANEL – La riforma della scuola deve basarsi sulla valutazione del merito

L’attesa riunione del Consiglio dei ministri sulla riforma della scuola non è per oggi ma in giornata il Governo pubblicherà sul suo sito le linee guida della riforma, anche se il presidente Renzi preferisce chiamarla “patto educativo”. Poi, come nel caso della riforma della Pubblica amministrazione, si aprirà un’ampia consultazione e solo alla fine il Governo varerà i conseguenti provvedimenti di riforma, a valere dal 2015.

Nei giorni scorsi il premier Matteo Renzi ha annunciato due novità, che se realmente realizzate, potrebbero segnare una svolta: l’introduzione di un principio di reale meritocrazia nella scuola (sia per gli insegnanti che per gli studenti) e la definizione di un patto tra la scuola (insegnanti e presidi) e i suoi utenti (famiglie e studenti) che metta in primo piano, senza derive autoreferenziali, la vera finalità della scuola stessa.

La corsa all’assunzione dal 2015 di oltre 100 mila insegnanti senza che ne siano per ora chiariti criteri, finalità e coperture finanziarie, getta però un’ombra sullo spessore riformistico del Governo. Ma parleranno i fatti nella speranza che non siano di natura assistenziale ma che siano i primi passi di una vera riforma.

In vista degli appuntamenti che attendono scuola e Governo FIRSTonline ha chiesto a Roger Abravanel, guru della consulenza strategica e autore di successo di tre libri controcorrente (il quarto uscirà all’inizio dell’anno prossimo con Rizzoli) sui temi cruciali della scuola e del lavoro, come si può realizzare una vera meritocrazia nella scuola, come intendere il patto tra l’istituzione scolastica i suoi utenti e come collegare realmente scuola e lavoro. Ecco le sue risposte.

FIRSTonline –  Ingegner Abravanel, oggi il Governo promette di cominciare a mettere sul tappeto i problemi della scuola in vista di una riorganizzazione che dovrebbe introdurre elementi di meritocrazia e basati su un nuovo patto educativo tra la scuola e i suoi utenti (famiglie e studenti). Lei che cosa ne pensa? E’ ragionevole attendersi un cambio di rotta rispetto al passato?    

ABRAVANEL – Essere dalla parte degli studenti e non solo degli insegnanti è un principio giusto, che ho già invocato spesso nei miei saggi. A patto però di fare davvero l’interesse degli studenti, che non sempre coincide con quello che gli studenti italiani apprezzano. Basta guardare il caso dell’abolizione del numero chiuso all’iscrizione a Medicina, un disastro per gli studenti (una buona parte verrebbe buttata fuori dopo aver perso uno/due anni e quelli che passano farebbero il primo anno in condizioni di sovraffollamento), ma salutata con entusiasmo dalle associazioni studentesche.

FIRSTonline – Sei Lei fosse il ministro della Pubblica istruzione come realizzerebbe in concreto una politica di meritocrazia nella scuola, sia in relazione agli insegnanti che agli studenti?

ABRAVANEL – Per rilanciare il merito nella scuola non si può che partire da valutazioni oggettive dei risultati degli studenti. Poi ovviamente bisogna tener conto del livello da cui gli studenti partono. Se un liceo al centro di Milano che già si rivolge a studenti di buona famiglia e che ha fama di essere selettivo, mette anche una prova di ingresso, ovviamente avrà studenti più bravi di un istituto professionale di periferia. Quello che conta e’ il miglioramento. Quando si parla di valutazione oggettiva, non c’è niente da fare, servono i test. Non piacciono quelli dell’invalsi? Cambiamoli. Facciamoci aiutare dall’Ocse, che fa i test Pisa, riconosciuti in tutto il mondo o dall’Ets, ma un test di qualche tipo e’ essenziale. Dopo di che la domanda diventa chi deve valutare chi. Il Ministero attraverso i suoi ispettori deve valutare le scuole e i loro presidi non i singoli insegnanti che dovrebbero essere valutati a loro volta da presidi con molto più potere e competenze manageriali di oggi. Le scuole poi dovrebbero essere valutate da un “quasi mercato” che si otterrebbe rendendo piu trasparenti i risultati delle scuole ai genitori e agli studenti stessi che cercherebbero di andare alle scuole migliori.

FIRSTonline – Oltre alla meritocrazia, quali sono, secondo Lei, le priorità di una nuova politica scolastica che il Governo dovrebbe lanciare?

 ABRAVANEL – Quando parliamo di meritocrazia (e di test) finiamo col parlare dello sviluppo delle competenze cosiddette cognitive che sono molto importanti, come la capacità di ragionare, di risolvere problemi, di capire un testo scritto. Sono importanti ma non sono tutto. Altrettanto, se non più importanti sono le cosiddette soft skill, come la capacità di comunicare, di lavorare in team, e la più importante di tutti, l’etica del lavoro. L’etica del lavoro si impara con l’etica dello studio che vuole dire: non copiare, impegnarsi, e sentirsi responsabili. I dati OCSE dimostrano che mentre gli studenti asiatici che fanno assenze a scuola sono praticamente zero, quelli finlandesi e francesi sono il 20%, gli spagnoli il 44% e gli italiani 66% (molto peggio dei greci: 48%)”.

FIRSTonline – Si può fare una seria riforma della scuola senza avere molte risorse finanziarie a disposizione?

ABRAVANEL – Si, spendendole meglio, seguendo l’esempio dei Paesi leader nei risultati Pisa. Con più meritocrazia tra le scuole come in Polonia o con professori meglio pagati ma che hanno classi più grandi e fanno più ore, per selezionare insegnanti migliori come in Finlandia. Le scuole vietnamite hanno risultati Pisa molto migliori di quelle americane che sono ovviamente molto più ricche.

FIRSTonline – Di fronte ai dati drammatici sulla disoccupazione giovanile in Italia, c’è chi pensa che ciò sia principalmente il frutto della crisi economica: Lei non crede che in realtà l’enorme disoccupazione giovanile italiana sia anche l’amaro risultato della profonda crisi della scuola e della ua totale separazione dal mondo del lavoro?

ABRAVANEL – La crisi ha peggiorato la disoccupazione di tutti, ma il dramma della disoccupazione giovanile in Italia va oltre e si vede da due indicatori:
– il rapporto tra disoccupazione giovanile( definizione di “giovani” ‘ tra i 15 e 24 anni) e totale e’ oltre 3 volte che e’ il piu alto del mondo;
– il numero di giovani che lavorano (16%) o cercano lavoro (12%) in totale poco più di un quarto dei giovani, mentre in paesi come l’Olanda solo quelli che lavorano sono oltre il 50%. A parte la disoccupazione, in Italia si inizia a lavorare e cercare lavoro troppo tardi, anche perche’ non abbiamo affatto molti laureati.

FIRSTonline – Ingegner Abravanel, il Governo pena ora di rafforzare l’alternanza scuola-lavoro nella scuola secondaria superiore: Lei che ne pensa e come la realizzerebbe perchè sia realmente efficace?

ABRAVANEL – L’apprendistato alla tedesca è molto diverso da quello italiano. Inizia molto prima, si studia e si lavora e i datori di lavoro assumono giovani che conoscono. Non insegna le competenze industriali come credono in molti , ma le competenze soft e cognitive che apprezzano i datori di lavoro. In Italia l’apprendistato inizia alla fine del diploma o della laurea e serve soprattutto a rendere meno costoso e più flessibile l’inserimento in azienda. Gli stage durante gli studi prendono spesso la forma di visite della scolaresca alle aziende, che servono a molto poco.

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