Anche la Coppa Italia se ne va, nell’extra-time a un secondo dai tempi supplementari, per un liscio clamoroso di Ranocchia, beffato da Higuain. L’Inter perde la sua terza partita di fila spezzando anche la tradizione di un Mancini sempre finalista del torneo quando siede sulla panchina nerazzurra. Torino, Sassuolo, Napoli: un trittico da incubo. L’Inter è sempre più un cantiere aperto, pieno ancora di macerie e ad alto tasso di litigiosità (vedi Osvaldo e Icardi), dove la ruggine rischia già di intaccare il materiale nuovo appena acquistato.
Una crisi che viene da lontano, un flop che il tifo nerazzurro fino a oggi ha cercato di addossare più alla dirigenza e a Mazzarri che al Mancio, che pure ha fatto meno punti del suo predecessore licenziato a novembre. Fuori della Coppa Italia, lontanissima dall’Europa in campionato, gli obiettivi stagionali dell’Inter si sono ridimensionati drammaticamente: resta l’Europa League ma vincerla con questa squadra sarebbe smentire la parabola evangelica sul ricco, il cammello e la cruna dell’ago. Qui a entrare in Paradiso proprio non ci si pensa più. Più realisticamente sarebbe bene porsi il traguardo dei 40 punti, da raggiungere entro maggio, per evitare di perdere anche il blasone di unica squadra mai scesa in B. Noi tifosi bauscia siamo così: o esaltati o depressi. Difficile fermarsi a una stazione intermedia.
Ce ne sarebbe abbastanza però, con un avvio di anno come questo, per cominciare a mettere sulla graticola anche il Mancini ricordandogli che la sua stella all’Inter cominciò a brillare in coincidenza con le disgrazie della Juve di Moggi e di Calciopoli. Aveva vinto, è vero, due Coppe Italia sempre contro la Roma ma in campionato, siamo onesti, non combinò mai granché prima di vedersi assegnato lo scudetto di cartone. Poi cominciarono le sue fortune: ma allora aveva Ibra, Vieira, Figo, Stankovic, Samuel e tanti altri campioni che ora non ci sono più. Per giunta l’Inter di oggi, oltre a difettare di classe e coraggio, non sembra avere dalla sua nemmeno la terza “C” della teoria sacchiana necessaria per essere vincenti: cioè il “culo”, visto che con il Torino e il Napoli si è perso negli ultimi secondi del recupero.
Anche il siluramento di Osvaldo, tanto più doloroso nell’attuale povertà di talenti nella rosa, appare un harakiri eccessivo e autolesionista. Almeno andrebbe più chiarito, ma anche la società appare in preda alla confusione generale, con Thoir e i suoi che forse credevano di trovare in Mancini l’uomo che risolvesse tutti guai. Così non è stato e non poteva essere. Ma ancora oggi, se si fa un sondaggio tra i tifosi, pochi o nessuno vorrebbero riavere Mazzarri: con Mancini, malgrado le batoste in atto, si ha la sensazione che nel cantiere di rovine vi siano comunque lavori in corso per riemergere alla luce, cosa che non si avvertiva con Mazzarri, quando sembrava di vivere perennemente in una palude, senza via d’uscita. Di certo va detto che sia Mazzarri che Mancini non sono nell’Inter di questi tempi un bello spot per la professione di allenatore, sempre troppo strapagata rispetto all’incertezza implicita dei risultati che spesso non ci sono.
La storia del coach di grido, dai milionari introiti, che fallisce miseramente si ripete puntualmente. Speriamo che questa sgangherata Inter la possa smentire. Intanto Mancini, pur facendo di fatto più niente che poco, viene già indicato come possibile successore di Blanc al Psg parigino che ovviamente gli offrirà una cifra superiore ai 4 milioni annui che prende dall’Inter. Tutto questo – spiace a dirlo ma è così – pur racimolando meno punti del Sassuolo e pur avendo ricevuto poco tempo fa una lezione di gioco anche dall’Empoli di Maurizio Sarri, un collega del Mancio che guadagna molto meno e non se la tira come lui, che, da figlio di operai ed ex bancario passato al calcio, dice: “Ciò che percepisco basta e avanza. Mi pagano per una cosa che avrei fatto la sera, dopo il lavoro e gratis”.
“Abbiamo preso un gol da polli”, ha detto a fine partita al San Paolo un Mancio con la faccia che esprimeva tutto il suo umore sotto i tacchi. Ma non dovrebbe essere compito suo. di un trainer di fama internazionale, ritenuto tra i migliori in circolazione, trasformare finalmente polli (e ranocchie) in galli ruspanti da combattimento?