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Intel studia la cura shock per cercare di riprendersi. Attesa per il cda di metà settembre

Imagoeconomica

Ci provano in tutti i modi i manager di Intel per farla ripartire. Il colosso tech americano sta pagando caro l’aver perso il treno dell’Intelligenza Artificiale, e, soffocato ora dalla forte concorrenza, sta cercando di risalirci predisponendo una cura shock in vista del cda previsto a metà settembre. Dopo le indiscrezioni dei giorni scorsi, su Goldman Sachs e Morgan Stanley alle prese con la predisposizioni di piani strategici, oggi l’agenzia Reuters rivela che il ceo Pat Gelsinger e il top management del gruppo stanno lavorando a un piano che potrebbe includere la vendita dell’unità di chip programmabili Altera e anche l’accantonamento della super factory da 32 miliardi di dollari in Germania.

Oggi Wall Street è chiusa per la festività del labour day, ma già venerdì il titolo aveva reagito ai rumors con un balzo del 9,49% a 22,04 dollari al Nasdaq.

La schiacciante concorrenza di Nvidia

Intel sta attraversando uno dei periodi peggiori dei suoi 56 anni di storia, schiacciata dalla concorrenza di Nvidia, sempre più dominante nella produzione di chip per l’intelligenza artificiale, dall’alto della sua capitalizzazione di mercato di oltre 3.000 miliardi di dollari. Al contrario, Intel è scesa sotto i 100 miliardi di dollari dopo il disastroso bilancio del secondo trimestre comunicato in agosto, che ha comportato la sospensione del pagamento dei dividendi e un taglio del 15% del personale, con l’obiettivo di risparmiare 10 miliardi di dollari.

Intel ha già separato l’attività di fonderia da quella di progettazione e ha comunicato i risultati finanziari separatamente dal primo trimestre di quest’anno: ha voluto in questo modo garantire che i potenziali clienti della divisione di progettazione non abbiano accesso ai segreti tecnologici dei clienti che utilizzano le fabbriche di Intel per produrre i loro chip.

Per il futuro una sfida cruciale è quella di ritagliarsi spazio nell’ambito dell’intelligenza artificiale, offrendo unità di elaborazione grafica a prezzi più competitivi rispetto a quelle di Nvidia. Per quest’anno la stima è di circa 4 miliardi di dollari di vendite di chip AI, numeri lontani anni luce rispetto ai 30 miliardi riportati da Nvidia in un singolo trimestre.

Quando Intel ha perso la scommessa sull’AI

Il gigante dei chip Intel non ha creduto per tempo all’innovazione nel settore tech prodotto dall’Intelligenza artificiale e ora rischia di fare la fine di altri supergiganti dell’hardware e del tech che non hanno saputo, come invece ha fatto e sta facendo, ad esempio, Microsoft, rinnovarsi per tempo. Intel si è mostrata poco reattiva ad affrontare la rivoluzione legata all’intelligenza artificiale che ha comportato un ampio spostamento del settore dei semiconduttori dalle Cpu (il componente hardware più importante dei pc) alle Gpu (unità di elaborazione grafica). Nel corso del 2017 e del 2018 Intel avrebbe potuto acquisire una quota del 15% di Open Ai per 1 miliardo di dollari in contanti.

Intel però decise decise di non concludere l’affare, perchè l’ad Bob Swan non credeva che i modelli di intelligenza artificiale generativa sarebbero arrivati rapidamente sul mercato e avrebbero ripagato l’investimento del produttore di chip. OpenAI era interessata a un investimento da parte di Intel perché avrebbe ridotto la sua dipendenza dai chip di Nvidia. Da inizio anno il titolo del gruppo di Santa Clara ha perso fino al 60% del proprio valore uscendo dal gotha delle dieci maggiori società di semiconduttori al mondo. Oggi vale un trentacinquesimo del nuovo fenomeno globale Nvidia, quando solo tre anni fa, nel 2021, aveva un fatturato tre volte superiore

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