Dall’inizio della pandemia, l’Inps ha speso 44,5 miliardi di euro in misure di sostegno al reddito, che hanno raggiunto complessivamente 15,1 milioni di cittadini. Solo per la cassa integrazione, le spese sono salite dagli 1,4 miliardi di euro del 2019 ai 19 miliardi del 2020: un aumento superiore al 1000%. I beneficiari, che nel 2019 erano poco più di 620 mila, hanno superato quota 6,7 milioni l’anno scorso, con una prestazione media di 2.788 euro, compresi gli oneri figurativi. I dati sono contenuti nel Rapporto annuale dell’Istituto presentato in Parlamento.
BLOCCO DEI LICENZIAMENTI
Dal documento emerge inoltre che il blocco dei licenziamenti da marzo del 2020 a febbraio del 2021 ha salvato circa 330mila posti di lavoro, per oltre due terzi riconducibili alle piccole imprese (fino a 15 dipendenti). Nei 24 mesi prima della pandemia, il numero medio annuo di licenziamenti, al netto di quelli disciplinari, era stato di 560mila.
Ora il problema è capire “come evolverà tale saldo al seguito della rimozione del blocco dei licenziamenti – continua l’Inps – Va tenuto conto che negli anni precedenti la pandemia i licenziamenti di natura economica superavano il mezzo milione l’anno, a fronte tuttavia di una dinamica positiva di assunzioni”.
PENSIONI
Sul fronte delle pensioni, il presidente dell’Istituto lancia un allarme: “In rapporto al contesto macroeconomico – spiega Pasquale Tridico – la dinamica della spesa pensionistica si caratterizza per un rallentamento della crescita a partire dal 2014. Tuttavia, il rapporto tra numero di pensionati e occupati si mantiene su un livello che è tra i più elevati nel quadro europeo. Inoltre, il rapporto tra l’importo complessivo delle pensioni, in termini nominali, e il numero degli occupati è cresciuto del 70% tra 2001 e 2020”.
Tridico ribadisce inoltre che la spesa pensionistica italiana comprende una componente assistenziale la cui individuazione “può modificare significativamente analisi e posizionamento in chiave comparata con gli altri Paesi europei”.
I pensionati italiani al 31 dicembre 2020 erano pari a circa 16 milioni, di cui 7,7 uomini e 8,3 donne. Tra il 2012 e il 2020 è aumentata la differenza tra il reddito pensionistico maschile e femminile sia per i trattamenti di anzianità (da 400 a 550 euro) sia per quelli di vecchiaia (da 200 a 250 euro).
REDDITI DA LAVORO
Quanto ai redditi da lavoro, la retribuzione media annua dei dipendenti è scesa da 24.140 euro nel 2019 a 23.091 euro nel 2020 (-4,3%) per il calo delle settimane lavorate.
Secondo l’Istituto, questo contrasta con quanto è accaduto invece alla media dei dipendenti del settore privato che hanno lavorato full time per l’intero anno: in questo caso le retribuzioni sono cresciute da 32.668 a 36.448 euro (+11,6%). Questi due dati “sono indicativi di una tendenziale divaricazione all’interno del lavoro dipendente, come conseguenza di una crescente precarizzazione”.
L’imponibile previdenziale è calato di circa 33 miliardi scendendo da 598 miliardi nel 2019 a 564 miliardi nel 2020 (-5,6%). In valore assoluto, la contrazione più rilevante è stata quella dei dipendenti privati (da 369 a 340 miliardi, pari al -7,9%), mentre per gli autonomi il calo è stato pari al -6%.