I voucher si fanno sempre più strada nel mercato del lavoro italiano. Solo l’anno scorso sono stati venduti ben 115 milioni di buoni per il lavoro occasionale (o accessorio): una vera esplosione, considerando che nel 2010 – quando a dominare la scena erano co.co.co e co.co.pro – i voucher non erano più di 10 milioni. Tra il 2013 e il 2015 i datori di lavoro che hanno utilizzato questa forma di pagamento sono raddoppiati (+100%), mentre i lavoratori che hanno percepito i buoni sono aumentati del 137% e il numero dei voucher stessi si è impennato del 142%. Dal 2008 al 2015 due milioni e mezzo di lavoratori italiani sono stati pagati con il buono, passando dai 25 mila voucheristi di otto anni fa al milione e 380 mila del 2015. L’età media è crollata da 60 a 36 anni, mentre il compenso medio è inferiore a 500 euro netti l’anno. I dati emergono dallo studio VisitInps sull’utilizzo dei buoni lavoro presentato oggi a Venezia dall’Istituto di previdenza insieme a Veneto Lavoro, ente che fa capo alla Regione.
Secondo l’analisi, che rientra nell’ambito del dossier Inps “Il lavoro accessorio 2008–2015” (il working paper completo sarà pubblicato sul sito dell’Inps a giugno), una volta riscossi i voucher del 2015 daranno luogo a circa 860 milioni di compensi ai lavoratori, pari a circa 45mila stipendi netti anni/uomo, e a circa 150 milioni di contributi a fini previdenziali.
Il numero di voucher riscossi da lavoratori che hanno prestato attività di lavoro accessorio concluso nel 2015 è pari a quasi 88 milioni. Ma attenzione: questo importo non rappresenta il riscosso dei voucher venduti nel 2015, dal momento che questi ultimi sono utilizzati per attività svolte in parte nello stesso anno, in parte successivamente. Simmetricamente, l’importo degli 88 milioni di voucher riscossi per attività concluse nel 2015 è relativo a voucher venduti in parte nello stesso anno in parte in precedenza.
I committenti dei prestatori di lavoro accessorio che hanno svolto attività nel 2015 risultano 473mila, mentre i prestatori coinvolti risultano 1,380 ml. e le posizioni lavorative 1,730 ml. (ciò dipende dal fatto che un lavoratore può aver prestato lavoro occasionale per più di un committente).
Qualsiasi variabile si consideri – prestatori di lavoro occasionale, committenti, voucher venduti, voucher riscossi, posizioni di lavoro – la crescita risulta continua in tutti gli anni e particolarmente intensa, in termini assoluti, nel periodo più recente.
QUANTO VALGONO I VOUCHER?
Il valore netto del voucher da 10 euro nominali, cioè il corrispettivo netto della prestazione in favore del lavoratore, è pari a 7,50 euro e corrisponde al compenso minimo di un’ora di prestazione. Il valore netto del buono multiplo da 50 euro è pari a 37,50 euro e quello del buono da 20 euro è di 15 euro.
Per la maggior parte dei prestatori di lavoro accessorio, il volume di voucher percepiti è modesto: in media nel 2015 si è trattato di 60 voucher pro capite (valore analogo a quello degli anni precedenti). La mediana è decisamente inferiore: 29 voucher.
I lavoratori che hanno percepito più di 1mila euro netti con voucher (soglia pari a 133 voucher da 10 euro) sono 207mila mentre coloro che hanno percepito meno di 500 euro (66 voucher) risultano quasi un milione (tra questi, 213mila hanno percepito da uno a cinque voucher nell’anno).
QUALI LAVORATORI VENGONO PAGATI CON I VOUCHER?
Nel 2015 l’età media risulta pari a 36 anni. Le donne sono in maggioranza e l’incidenza di lavoratori non comunitari è allineata ai parametri osservati in genere per il lavoro dipendente.
I prestatori di lavoro accessorio nel 2015 sono stati classificati in base alla loro condizione previdenziale nello stesso anno. L’Inps identifica i seguenti gruppi rilevanti:
– Pensionati: la loro quota risulta pari all’8%. Tre su quattro sono pensionati di vecchiaia. Tra loro la quota di chi è impiegato in attività agricole è maggiore che negli altri gruppi.
– Soggetti mai occupati: sono pari al 14% (meno di 200mila). Si tratta essenzialmente di giovani (la mediana è vent’anni). La presenza di donne sfiora il 60%. In questo gruppo, il 30% ha già percepito voucher negli anni precedenti.
– Silenti (ex occupati): sono attorno al 23%. L’età media è pari a 37 anni. Anche in questo caso la quota di donne è rilevante (57%). Dei silenti circa il 40% è risultato attivo (occupato o indennizzato) nel 2014, un altro 20% nel 2013.
– Indennizzati (essenzialmente percettori nel 2015 di Aspi, MiniAspi o Naspi): sono il 18% (circa 252mila). In questo gruppo prevalgono i maschi e l’età media è 37 anni.
– Occupati presso aziende private: sono il 29% (quasi 400mila). Tra questi si individuano:
i. una quota attorno al 26% di occupati con contratto di lavoro a tempo indeterminato e full time;
ii. una quota di poco superiore (28%) di occupati a tempo indeterminato e part time;
iii. un gruppo relativamente più numeroso (46%) formato da occupati, soprattutto giovani, con contratti a termine.
– Altri occupati: infine una quota pari all’8% è costituita da altri occupati (lavoratori domestici, parasubordinati, operai agricoli, lavoratori autonomi, casse professionali, dipendenti pubblici). La loro età media è pari a quasi 40anni.
QUALI DATORI DI LAVORO USANO I VOUCHER?
Nel 2015 i 473mila committenti risultano così distribuiti:
a) Industria e Servizi: circa 250mila aziende, per oltre la metà alberghi e turismo (75mila) e commercio (53mila). Le aziende industriali che hanno utilizzato lavoro accessorio sono state 42mila (il gruppo relativamente più numeroso è quello delle aziende alimentari). Quanto alle
aziende del settore delle costruzioni, quasi 14mila hanno utilizzato lavoro accessorio. Importante anche il comparto dei servizi alle imprese e informatica (oltre 20mila). Da notare infine che questo primo insieme di committenti (aziende dell’industria e del terziario con dipendenti) pesa il 52% in termini di numerosità ma il 76% in termini di voucher pagati, sul complesso dei committenti.
b) Agricoltura: aggregando sia le aziende agricole con dipendenti sia gli agricoli autonomi, i committenti di lavoro accessorio risultano 16mila.
c) Artigiani e commercianti senza dipendenti: quasi 65mila.
d) Infine un gruppo di committenti, per i quali l’attività di classificazione è ancora in corso, formato da circa 145mila soggetti, equamente divisi tra persone giuridiche e persone fisiche. Essi rappresentano il 31% dei committenti ma impiegano solo il 19% dei voucher totali.
In generale, nel 2015 i committenti hanno utilizzato mediamente 3,7 prestatori di lavoro occasionale, ma nel settore alberghi-ristoranti la quota è più elevata (7,7). Mediamente ogni committente ha speso per voucher poco meno di 2mila euro. Il 64% dei committenti evidenzia un utilizzo dei prestatori di lavoro accessorio marginale: fino a 5 prestatori e in media fino a 70 voucher all’anno.
Sono circa 700 i grandi committenti che hanno utilizzato più di 5mila voucher in tutto per più 50 prestatori e ciascuno ha speso in media 110mila euro. Questi committenti rappresentano lo 0,15% del totale ma concentrano il 9% dei voucher.
QUANTO VALE IL LAVORO OCCASIONALE RISPETTO AL LAVORO DIPENDENTE?
Rispetto al costo totale del lavoro dipendente privato non agricolo nel 2015, il costo totale del lavoro accessorio ha rappresentato mediamente lo 0,2%, variando tra 0,5% della Sardegna e lo 0,1% di Lazio e Campania. Se confrontati con i dipendenti privati, i prestatori occasionali sono il 9%, oscillando tra il 15% della Sardegna e i valori minimi di Lazio (4%) e Campania (5%).
GOVERNO AL LAVORO SULLA TRACCIABILITÀ
Intanto, nel decreto legislativo che sbarcherà in Consiglio dei ministri con le prime modifiche all’impianto del Jobs Act sarà contenuta una correzione in funzione anti-abus, alla disciplina dei voucher. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha parlato di maggiore tracciabilità. In sostanza, almeno un’ora pria dell’inizio della prestazione lavorativa, il committente dovrà comunicare via sms o posta elettronica alcune informazioni alla sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, ovvero il codice fiscale o i dati anagrafici del lavoratore che intasca il voucher, il luogo e la durata dell’impiego. Previste anche sanzioni amministrative in caso di violazione: da 400 a 2.400 euro per ogni lavoratore la cui prestazione non sia stata comunicata.