Emanuele Sacerdote, già autore di FIRSTonline su temi di cultura d’impresa, ci ripropone un’articolata riflessione tra business e arte per comprendere la forma mentis innovativa e il momentum ideativo. Il tutto nel suo nuovo libro “Mai vista prima. L’origine delle nuove idee” che qui ci rivela in esclusiva.
Il suo libro parla di innovazione. Qual è il suo punto di vista?
Il tema dell’innovazione è molto interessante da studiare per comprendere la natura umana. La super-sfida per chi faccia impresa oppure arte è l’affermazione della propria idea. Il ragionamento che ho voluto imbastire intende mette al centro il progettista e fare luce sulla generazione delle idee inedite, cioè mai viste prima. In tal senso, questa tipologia di idea risulta essere molto interessante per comprenderne la genesi e il processo ideativo. Facciamo un esempio. Nel 1949 il Signor McNamara porta a cena sua moglie al Majors Cabin Grill di New York. Purtroppo si è dimenticato i soldi a casa e pagherà sua moglie. L’anno dopo lancia la prima carta di credito, la Diners Club Card. Quest’idea diviene la nuova alternativa al modello di pagamento in contanti con un nuovo sistema di pagamento di credito e di debito.
Qual è la differenza tra una nuova idea e un’idea mai vista prima?
Il processo di generazione delle idee deve considerarsi imperfetto, nel senso che è un percorso impervio, e anche molto raro, in quanto è molto arduo originare nuove idee. La differenza sostanziale consiste nel grado di intensità innovativa e ideativa. L’idea nuova inedita, mai vista prima, rappresenta un reale, radicale, autentico e distintivo superamento di un concetto esistente oppure la risoluzione di un problema emergente. In tal senso, si potrebbe fare l’esempio del frigidaire. Storicamente per l’uomo la conquista del freddo per uso alimentare è stato un problema insormontabile. L’invenzione più importante per il frigidaire fu quella con il compressore del 1915 di Alfred Mellowes. Sicuramente era un’idea già vista ma il compressore per il raffreddamento continuo l’ha resa un prodotto popolarissimo e distintivo rispetto ai prodotti precedenti.
Un altro aspetto interessante del suo libro è che lei ritiene che la forma mentis ideativa può essere educata?
Pensi che il mio desiderio è che questo saggio lo leggano principalmente i giovani e i giovanissimi. Comunque, la capacità educativa nasce dal fatto che la mente innovativa segue un processo ideativo, non necessariamente lineare, ma che si basa su aspetti comuni che ritengo possano essere trasmessi. Il primo passaggio è l’attitudine esplorativa ed avventuriera a cui segue una conoscenza specialistica e settoriale e il bisogno interiore di desiderare e di plasmare il destino oppure di soddisfare un forte impulso. Questa è quella che chiamo il mindset primordiale senza il quale è difficile originare nuove idee. Successivamente si entra nel mindset generativo che, prima pre-concepisce con l’intuizione e poi razionalizza con la sperimentazione e il metodo la formulazione e l’esecuzione di nuova ideazione. Al tutto bisogna aggiungere forte determinazione, coraggio e tenacia e abbinare addonanti dosi di libero pensiero indipendente.
Ci parli di più della fase intuitiva.
L’intuizione è pre-logica anticipatoria di un’utopia e dell’immaginazione dell’assente. In sintesi, l’abilità di originare nuove idee mai viste prima si basa sulla capacità di immaginare qualcosa che non esiste ancora, superare una sorta di valico ideativo, divergere rispetto a una consuetudine. L’intuizione, “l’occhio della mente”, è una forma di intelligenza avanguardista pre-razionale che ci mostra la direzione e la visione che potrebbe essere la configurazione di una nuova idea mai vista prima. Per fare un esempio. Malcolm McLean osservando un distributore automatico di sigarette ebbe l’idea del container e i primi “scatoloni di metallo” salparono dal porto di Newark nel 1956. Fu la straordinaria rivoluzione della logistica e dei trasporti al pari di internet. McLean conosceva il mercato e i suoi bisogni e l’intuizione stimolò la sua pre-logica facendogli originare un’idea mai vista prima.
Quindi, non crede alla fortuna?
No! Non credo alle innovazioni o alle scoperte casuali, fortuite e fortunate. Credo maggiormente alla costruzione delle migliori probabilità per avvicinarsi al risultato. Preferisco non osare nella speranza della cieca fortuna e, credo che sia meglio dedicarsi alla fortificazione delle capacità, delle competenze e delle conoscenze. Come diceva Seneca. «La fortuna non esiste: esiste il momento in cui il talento incontra l’opportunità». L’unica vera casualità è il momento storico nel quale si vive e nel quale si generano le nuove idee. Se Marconi non avesse inventato la trasmissione radio senza fili Martin Cooper non avrebbe ideato il telefono mobile, brick phone, e Steve Jobs lo smartphone senza tastiera fisica e il sistema delle applicazioni.
Torniamo all’immaginazione dell’assente e alla fase ideativa.
L’assente percepito è il vuoto da colmare. Qui risiede la fonte dell’ideazione nonché il superamento di un precedente concetto. Senza questa svolta non c’è vera, distintiva e autentica nuova creazione. A mio avviso, per cogliere il difficilissimo e rarissimo momentum ideativo e provare a partorire nuove idee ci sono cinque elementi: l’elevazione della soglia ideativa, il pensiero divergente, la valutazione delle opzioni migliori, la leadership e il gruppo di lavoro. Rinfrancato da sano scetticismo e ironia. Tutto sommato, la questione su cui ruota il discorso è come ideare meglio. Questo momentum dovrebbe edificare un contesto cognitivo, ambientale, sociale, consensuale, maggiormente adattivo, più fertile e capace di attivare le condizioni umane più favorevoli a una grande apertura mentale, di libertà, di analisi e di progettazione capaci di stimolare e provocare maggior potenza intuitiva e maggior superiorità ideativa, con l’auspicio di generare nuove idee autentiche e distintive, mai viste prima.
Però dalla lettura si comprende che la razionalizzazione di nuove idee non è lineare, anzi ha una componente emozionale.
Esatto. Esiste una fortissima componente emozionale nell’ideatore che nasce da forti e pulsanti contraddizioni. Da un lato, la ricerca di risolvere un problema emergente e dall’altro lato, l’insoddisfazione impellente e la ricerca di sconfinamento. L’ingegno e l’ideazione scaturiscono da un “conflitto” interiore, da trepidazione e da turbamento dell’essere umano. Se molto intensi e molto vibranti, questi impulsi dovrebbero originare percezioni, stimoli e intenzioni che muoveranno verso la soluzione. L’ardore e la tensione del desiderio di risolutezza e di insoddisfazione divengono il motore e la spinta che spingono la ricerca di nuove alternative e nuove risoluzioni. Se ci pensiamo bene questa spinta è una ragione antropologica che sottende all’evoluzione e all’avanzamento della specie umane sin dalla notte dei tempi e che negli ultimi trecento anni ha avuto una forte accelerazione.
A suo parere quale sarà la relazione tra l’intelligenza artificiale e la futura generazione di nuove idee?
Siamo agli albori della società algoritmica e vedremo i veri sviluppi quando saranno risolti i problemi sulla gestione dei volumi di informazioni disponibili, sull’aumento della capacità di calcolo e sui modelli di business più performanti. Per quello che posso immaginare oggi per la fase ideativa, ritengo che l’intelligenza artificiale potrà avere un ruolo ausiliario per velocizzare alcuni passaggi, perfezionare alcuni calcoli, accelerare la produttività, ridurre i costi operativi. Onestamente, mi sembra improbabile che la “macchina” possa intuire, percepire, sentire, pre-progettare e, specificatamente, disegnare la profezia utopica o immaginare l’assente. Significherebbe essere in grado di interiorizzare la coscienza, la consapevolezza, l’esperienza, il sapere del progettista nonché i suoi desideri, le sue ossessioni, le sue contraddizioni, le sue tensioni e, infine, quella potenza intuitiva e superiorità ideativa, la “lucida follia”, che origina la scintilla delle nuove idee.
Ci faccia un paio di esempi di idee che a suo parere l’intelligenza artificiale non avrebbe saputo originare.
Ci sono nuove idee dirompenti che creano nuovi ecosistemi complessi e articolati. L’esempio più interessante è Hollywood dove nacque la settima arte, l’intrattenimento di massa e un nuovo modello di distretto industriale unico al mondo che influenzò i costumi (ndr, lo star-system), la cultura e i consumi dal novecento in avanti. Poi ci sono semplici idee talmente rivoluzionarie che tracciano il prima e il dopo. Nel 1917, l’anno dei grandi eventi che sconvolsero il mondo – Prima Guerra Mondiale, Rivoluzione Russa, influenza spagnola – Marcel Duchamp, con l’opera Fontana (ndr, orinatoio, firmato con lo pseudonimo R. Mutt 1917), impose un’ulteriore rivoluzione presentando il nuovo paradigma della decontestualizzazione dell’ambiente e degli oggetti di uso comune che venivano trasformati in opere d’arte sovvertendo così le precedenti convenzioni e consuetudini artistiche, scavalcando i confini esistenti e introducendo nuovi linguaggi e significati.