“La crisi del 2008 ha portato a considerare la finanza come un mezzo effimero e quindi a caldeggiare un ritorno all’economia reale. Ma la crescita, nella terza rivoluzione industriale, si fa soprattutto attraverso l’innovazione e le startup”. Così Valerio De Molli, ad di The European House-Ambrosetti, nel giorno del Technology Forum di Castelbrando, in Veneto, che riunisce tutte quelle realtà italiane e internazionali che, erroneamente, vengono considerate lontane dal “back to reality” profetizzato da molti. “Innovazione e tecnologia servono a formare un’attitudine imprenditoriale competitiva, che poi perché no può anche essere utilizzata per aprire una pizzeria”. La novità di quest’anno è l’Ambrosetti Innosystem Index, che purtroppo vede l’Italia nelle ultimissime posizioni: “Ma nell’ultimo anno il Governo ha impostato iniziative importanti”. Il modello si conferma la Corea del Sud.
FIRSTONLINE: L’appuntamento tecnologico di The European House – Ambrosetti è giunto ormai alla terza edizione. Quale è il bilancio in partecipazione e in contributi al dibattito?
VALERIO DE MOLLI: “Stiamo per coronare la terza edizione, è vero, ma il Technology Forum è soprattutto un laboratorio permanente, che dal 2011 ha chiamato a raccolta oltre 300 Ceo dalle maggiori organizzazioni che in Italia intervengono nella catena dell’innovazione, e che appartengono ai quattro pilastri del trasferimento tecnologico: ricerca, finanza, impresa e istituzioni. Il lavoro di questa Community di Ambrosetti Club, esclusivamente dedicata a Tecnologia, Innovazione e Trasferimento Tecnologico (TITT), genera tutti gli anni un importate documento conclusivo, il Rapporto “L’ecosistema per l’innovazione. Quali strade per la crescita delle imprese e del Paese”, che contiene alcune metriche fondamentali, per misurare l’ecosistema dell’innovazione nel nostro Paese e soprattutto per indicare ai decision makers le strategie per rafforzarlo, attraverso proposte concrete. Se dovessi tracciare un bilancio in termini di qualità della partecipazione e di contributo alla crescita reso disponibile dal Technology Forum, direi che è pienamente espresso nella forza e nella visione del Report finale”.
FIRSTONLINE – Anche quest’anno diversi ospiti stranieri, con l’aggiornamento dell’Ambrosetti Index che vede la Corea del Sud spiccare il volo quanto a innovazione. Per quale motivo sostanziale? Quali sono secondo lei i modelli internazionali da seguire?
VDM: “Il Report finale contiene un sostanzioso capitolo dedicato alla misurazione della situazione attuale, con un dato di sentiment – che abbiamo ricavato da una specifica survey tra i capi azienda della Community – e con un dato assoluto, che si esprime nell’Innosystem Index di Ambrosetti. Spiace osservare che nella classifica finale – quest’anno allargata a 13 Paesi – l’Italia occupa ancora le posizioni più arretrate, seppur in lieve miglioramento. Mentre si afferma la forza di ecosistemi di successo, primo fra tutti la Corea del Sud. Negli ultimi 10 anni – in un contesto di competizione accresciuta e scarsità di risorse – l’emergere di centri produttivi in Asia, Africa e America Latina ha rivoluzionato l’orizzonte concorrenziale per i prodotti a bassa e media tecnologia e ha fortemente aumentato il premio competitivo dell’introduzione sul mercato di prodotti avanzati. Nei prossimi 10-20 anni il cambiamento si intensificherà: la “knoweldge economy” e la cosiddetta “terza rivoluzione industriale”, rimescoleranno le carte, creando nuovi orizzonti di opportunità e vincoli per le aziende e i sistemi-Paese a livello mondiale.?
FIRSTONLINE – In che cosa consiste la “terza rivoluzione industriale”?
VDM: “Oggi la sfida dell’innovazione non risiede più nell’implementazione di modelli di innovazione lineari che concepiscono l’output innovativo come risultato definito a partire da input quantitativi predeterminati (investimenti, capitale umano, strutture), ma avviene a partire da ecosistemi di innovazione integrati in cui i risultati di innovazione si determinano in funzione delle interazioni tra attori chiave (accademici, istituzionali e di business) e in cui la massimizzazione della velocità dei network e l’ottimizzazione dell’efficacia sono fattori critici di successo. In questo contesto, la performance dei diversi Paesi è sempre più legata alla capacità di ogni ecosistema d’innovazione di massimizzare l’efficienza innovativa di tutti i livelli territoriali: i cluster tecnologici/hub di innovazione – a loro volta ecosistemi di innovazione locali – stanno di- ventando nodi sempre più strategici e determinanti nei risultati innovativi nazionali”. Tali cluster, concepiti come “concentrazioni geografiche di imprese, fornitori di input e di servizi, intermediari (anche finanziari) e istituzioni di ricerca”, hanno un ruolo crescente quali catalizzatori di innovazione e centri propulsori di crescita e competitività, sia nei confronti dei Paesi di appartenenza, sia rispetto alle catene di produzione globali quali world class knowledge producer”.
FIRSTONLINE – L’Italia dunque segna ancora il passo. Quali sono ancora le maggiori criticità? Il nuovo governo, secondo lei, sta intraprendendo la strada giusta sui temi dell’Agenda Digitale e in generale della tecnologia?
VDM: “Anche quest’anno il Rapporto conclusivo del Technology Forum si apre con un bilancio delle azioni di Governo nel campo dell’innovazione tecnologica: è un bilancio punto su punto, che misura le iniziative realizzate e quelle in fase di realizzazione sulla base delle proposte presentate dalla Community TITT negli anni precedenti, in cinque ‘cantieri’ fondamentali: Strategia nazionale dell’innovazione, Investimento in innovazione, Cooperazione ricerca-industria, Sviluppo delle imprese innovative e Cultura dell’innovazione. Va sottolineato che negli ultimi dodici mesi il Governo ha impostato iniziative importanti, nel campo dell’innovazione tecnologica, alcune delle quali si sono già tradotte in azioni. Permane tuttavia una certa fragilità, nella capacità innovativa sistemica italiana, che si esprime sostanzialmente in tre modi: investimenti in innovazione al di sotto della media europea, bassa propensione al ricorso ai brevetti e scarso sviluppo del mercato dell’equity”.
FIRSTONLINE – Una piccola provocazione: recentemente Briatore ha detto, parlando agli studenti della Bocconi: “Altro che startup, aprite pizzerie”. Che cosa si sente di rispondere? Perché, secondo lei, i giovani dovrebbero invece insistere sulle startup?
VDM: “Credo che anche quella di Briatore fosse una provocazione – collegata a un mantra oggi molto diffuso, che è quello del ‘back to reality’. Si tratta in parte di una reazione all’eccessivo ruolo che fino al 2008 le economie mondiali hanno assegnato alla finanza, sommariamente identificata con un’idea di effimero, di irreale appunto. Ma il punto non è questo. Il nostro obiettivo deve essere quello di favorire l’attitudine imprenditoriale, fin dalla scuola primaria, insegnando quello speciale insieme di competenze e atteggiamenti che possono fare di ognuno di noi un self – employee. È un atteggiamento che favorisce comunque la crescita attraverso l’innovazione, a prescindere che si decida di fondare una start up o di metterlo al servizio di una big company. O anche di aprire una pizzeria”.