X

Inizio d’anno da incubo per i mercati finanziari: Borse e bond nella bufera, si salva solo l’oro

Se, come dice il proverbio, il buongiorno si vede dal mattino, le Borse del 2015 vanno vietate ai deboli di cuore. La brusca caduta del greggio e le tensioni crescenti nell’eurozona hanno danno vita ad una miscela esplosiva che ha colpito tutti i mercati, con l’eccezione dell’oro, bene rifugio per eccellenza, risalto oltre la barriera dei 1.200 dollari. 

Il bollettino delle perdite è ovunque impressionante. Stamani Tokyo arretra del 2,7%, Hong Kong perde l’1,5% abbondante. La pioggia di vendite non risparmia gli altri listini, compreso il Sensex indiano (-2,02%). Seduta da brivido per Wall Street: il Dow Jones (-1,86%) ha lasciato sul terreno 331 punti, l’S&P perde l’1,8%, il Nasdaq l’1,6%.

A pesare sugli indici la discesa degli energetici. Exxon, è scesa del 2,6%, Chevron del 3,8%. Il mercato guarda ora ai dati sull’occupazione, in uscita venerdì, in attesa dell’avvio della campagna delle trimestrali. Prende corpo intanto il primo grande affare dell’anno: Verizon è in trattative per un merger (o una jv) con Aol. 

SOLO ATENE FA PEGGIO DI PIAZZA AFFARI

E’ andata peggio in Europa, sotto la pressione della crisi greca: la Borsa di Atene ha perduto il 5,5%. Non ha fatto molto meglio Piazza Affari, che ha chiuso la giornata con un calo del 4,92%. Pesante il bilancio degli altri listini: Londra -2%, Parigi -3,3%, Francoforte -3% e Madrid -3,5%. Sui principali listini ieri sono stati perduti 203 miliardi di capitalizzazione. 

ARIA DI DEFAULT SUI TITOLI GRECI

Sul fronte dei titoli di Stato il rendimento del Btp decennale sale di 9 punti base all’1,83%, il Bund rende lo 0,51%: lo spread si allarga a 132 punti base. Sale il rendimento dei bond della Grecia: il decennale è al 9,35% (+36 punti base) meno del 5 anni al 10,76% (+75 punti base). E’ il segnale che il mercato ritiene alta la possibilità di un default nel breve-medio termine. Intanto la deflazione ha investito l’interbancario: l’euribor veleggia attorno al tasso zero (0,01%, per l’esattezza). 

In questa cornice Germania, Spagna e Francia si accingono ad inaugurare le aste del 2015: Berlino venderà 5 miliardi di euro di Schatz a dicembre 2016, Madrid emetterà Bonos a gennaio 2010, ottobre 2028 e gennaio 2037 e Parigi che piazzerà titoli a novembre 2024, maggio 2030 e maggio 2045 per 8,5-9,5 miliardi di euro.

Domani il Tesoro annuncerà i termini della prima asta Bot del 2015, anno in cui l’Italia dovrà collocare 260 miliardi di titoli a medio-lungo termine. Come spiegare quest’inizio d’anno da incubo? Due le cause più evidenti: l’estrema vulnerabilità del prezzo del greggio e le tensioni nell’eurozona che si riflettono, tra l’altro, nella caduta rapida delle quotazioni dell’euro. 

IL PETROLIO PRECIPITA A 50 DOLLARI.RIMBALZINO IN ASIA 

Il prezzo del barile di petrolio è rotolato al ribasso ad una velocità impressionante: il future del Wti è caduto a 50,04 dollari il barile, in calo del 4,5% e sui minimi dal maggio del 2009. Il Brent lascia sul terreno oltre il 5% a 53,4 dollari. Diverse le cause del tracollo. Nonostante la crisi libica, le estrazioni procedono a ritmi eccezionali, causa i problemi di bilancio dei produttori. 

La Russia, il primo produttore non Opec di idrocarburi, sta pompando petrolio come non succedeva dai tempi dell’Unione Sovietica. L’Iraq, secondo paese dell’Opec, ha detto che ha intenzione di aumentare la produzione, arrivata in dicembre in prossimità dei livelli record. 

Non meno importante, la Casa Bianca ha inserito nell’agenda politica il tema dell’eventuale cancellazione del divieto alle esportazioni di greggio, un provvedimento varato negli anni ’70, nel momento più difficile della crisi energetica scatenata dall’Opec. La rimozione potrebbe incentivare gli investimenti nello shale oil&gas, oggi frenati dai bassi prezzi.

Questa combinazione di fattori ha innescato una forte volatilità del mercato, destinato a riservare nuove sorprese ed occasioni speculative. Stamane, infatti, si registra un forte rimbalzo dei prezzi, tipico delle fasi ad alta volatilità: Wti e Brent sono in rialzo sulle piazze asiatiche per effetto di ricopertura. 

AFFONDA L’ENI, PUNITA DA CITIGROUP

Il tracollo del greggio ha messo KO i titoli delle Big Oil. L’indice Oil & Gas della zona euro è il peggiore di oggi con una flessione del 5%, spiegata dall’ennesimo record negativo del prezzo del greggio. Eni ha dato il contributo più rilevante alla caduta del listino italiano, il titolo ha perso l’8,36% a 13,77 euro dopo essere stata sospeso per eccesso di ribasso. Citigroup ha tagliato il rating a Sell da Neutral, abbassando il target price a 13 euro da 16,50 euro.

Molto male anche Saipem (-4,39%) e Tenaris (-5,78%). Forti perdite anche per Trevi (-5,75%), attiva nelle trivellazioni e negli scavi. La società ha portato a termine con successo lo scorso novembre un aumento di capitale da 200 milioni di euro che ha visto il Fondo Strategico Italiano posizionarsi al 16,8% del capitale, subito dopo l’azionista di maggioranza (Trevi Holding 32,8%). 

Da segnalare anche il tonfo di Enel (-6,2%): è stata una giornata molto difficile per le società del Tesoro.

IL BRACCIO DI FERRO SU ATENE CONDIZIONA IL QE

Pesano sull’eurozona le tensioni sul fronte delle elezioni greche. Intanto dai dati dell’inflazione tedesca (invariata a dicembre, +0,2% nei 12 mesi) è arrivata un’altra spinta in direzione del QE. Il cambio euro/dollaro è sceso sui minimi dal 2006 a 1,1860 nel corso della seduta asiatica, riportandosi in giornata sopra 1,19 (chiudendo a 1,1927).

Ieri mattina i mercati hanno preso atto del siluro di Der Spiegel: il settimanale tedesco, citando “fonti autorevoli” ha scritto che, a detta di Berlino, l’uscita della Grecia dall’area euro non sarebbe una tragedia. Nel corso della giornata ci sono state precisazioni e smentite, sia da parte della Germania che dell’Unione Europea.

Ma con un effetto limitato: Berlino, del resto, ha atteso il pomeriggio per prendere posizione. Intanto la stampa popolare, Bild in testa, si è scatenata: “Se i radicali di sinistra vincono le elezioni di fine gennaio – si legge nell’editoriale – e sospendono gli impegni assunti a livello europeo, il governo tedesco dovrà esibire il cartellino rosso. Un passo che doveva essere compiuto già da tempo!”.

BANCHE SOTTO TIRO, MA SI SALVA MPS

La turbolenza generale ha pesato sul settore bancario, il più sensibile. Forti le perdite per i big: Unicredit (-6,6%) e Intesa (-6%). Ma la pioggia di vendite non ha risparmiato le Popolari: Banco Popolare -4,3%, Banca Popolare dell’Emilia Romagna -4,8%, Ubi Banca -5,8%, Banca Popolare di Milano -1,7%.

Fanno eccezione gli istituti che devono affrontare l’esame di riparazione a Francoforte: Monte Paschi ha chiuso in parità, Carige ha guadagnato il 6%. Tra le assicurazioni Generali ha chiuso in ribasso del 3,6%, UnipolSai -3%. 

LUXOTTICA SUPERSTAR. GIU’ FCA, NONOSTANTE I RECORD USA 

Solo Luxottica (+1%), nuovo massimo storico, è sfuggita al tiro al bersaglio generale. Fca ha perduto il 2,17% nonostante l’ottimo dato sulle vendite negli Stati Uniti, salite lo scorso mese del 20%, il miglior dicembre dell’ultimo decennio. In tutto l’anno l’incremento è stato pari al 16%, il massimo dal 2006. Tornando al listino italiano, Mediaset ha perso il 5%, Telecom Italia il 3%. 

Tra gli industriali, pesante Finmeccanica (-3,9%). Atlantia ha lasciato sul terreno il 3,96% a 19,15 euro: Kepler Cheuvreux ha comunque confermato la raccomandazione buy e il prezzo obiettivo a 22,5 euro sul titolo dopo l’indennizzo per Ecomouv riconosciuto dal governo francese.

Related Post
Categories: Finanza e Mercati