Le infrastrutture logistiche dei porti per l’agroalimentare possono guardare al futuro con maggiore tranquillità. Il decreto che stanzia 150 milioni di euro fino al 2026 è stato firmato dal Ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli.
I porti italiani dovranno adeguare nel giro di pochi anni strutture e mezzi, come è stato scritto nel PNRR. La misura specifica non è limitata solo all’agroalimentare, ma si tratta di un provvedimento che agevola in senso generale la movimentazione di più prodotti made in Italy. Ha una buona caratterizzazione ambientale ed ecologica per tutto ciò che viene trattato sulle banchine e che si riflette sui livelli di inquinamento delle città portuali.
Il decreto è arrivato in giorni di forte tensione economica sia per l’aumento dei costi generali delle materie prime che per la spesa energetica. La fase 2 si caratterizza ora per i progetti da presentare. In sostanza nell’arco di quattro anni bisognerà ampliare, ristrutturare e digitalizzare aree, spazi e immobili necessari alle merci.
Le Autorità portuali dovranno preoccuparsi di migliorare la capacità commerciale in tutte le zone dedicate – molto spesso vecchie e non adeguate – per ridurre gli impatti ambientali. Ma sarà necessario coordinarsi anche con gli Enti esterni per il trasporto delle materie prime, dei container, dei semilavorati e delle merci in generale. Una buona progettazione delle nuove infrastrutture dovrà includere anche i luoghi di produzione, i centri logistici esterni ai porti e i mercati ortofrutticoli.
Infrastrutture porti per l’agroalimentare: più fondi al Sud
Fermo restando che almeno il 40% dei 150 milioni sono destinati a iniziative per il Sud, le proposte che il governo si attende dovranno essere ampie ed il più possibile organiche al sistema agroalimentare e a quello dei trasporti.
Possono presentare domanda di accesso al contributo le Autorità portuali, con un massimo di due progetti per soggetto richiedente. I costi ammessi? Ogni progetto dovrà avere un costo complessivo tra i 5 e i 20 milioni di euro, per un finanziamento massimo concedibile di 10 milioni di euro. Inoltre “in alcune delle categorie di investimenti ammissibili, il contributo concesso non potrà essere superiore alla differenza tra i costi ammissibili e il risultato operativo dell’investimento (funding gap)”.
Le agevolazioni sono a fondo perduto e si otterranno attraverso una graduatoria. Sia Patuanelli che il governo, insomma, approfittano del buon momento dell’export agricolo italiano per nuove infrastrutture. Le principali strozzature all’aumento delle esportazioni derivano dai ritardi con i quali l’Italia sta facendo i conti. Nel PNRR – che in campagna elettorale la destra dice di voler cambiare – questi progetti sono ben delineati e coperti dai fondi europei. Rimetterli in discussione significherebbe portarli su un binario morto mentre l’export a fine anno potrebbe toccare i 60 miliardi di fatturato.
Dobbiamo modernizzare la logistica nazionale- spiega Ettore Prandini, presidente di Coldiretti – perché è quella che ogni anno rappresenta un danno in termini di minore opportunità per il nostro Paese. Partiamo con i primi 150 milioni .