Servono le infrastrutture per il rilancio del Paese? Qualcuno dice che non sono poi così importanti; io penso invece che siano fondamentali per la rilanciare la competitività, per garantire il benessere sociale, per determinare impatti positivi sull’ambiente, per accrescere la attrattività del Paese, per favorire lo sviluppo tecnologico e industriale. Da sole, certo, non ci consentiranno di superare la crisi che in questi mesi ci sta mettendo a dura prova ma costituiscono un tassello essenziale per innescare un processo virtuoso di crescita e di rilancio del Paese.
Rispetto ai problemi e alle possibili soluzioni il maxiemendamento in via di approvazione alle Camere è meno che un topolino: riguarda, chissà perché, solo autostrade, porti e ferrovie (ma solo la Torino-Lione). Interessante è però il ricorso alla leva fiscale per il sostegno finanziario della realizzazioni, in alternativa o ad integrazione delle erogazioni pubbliche. La montagna ha cioè partorito ben poco se pensiamo che nei mesi scorsi primarie banche, associazioni e imprese abbiano molto lavorato e discusso per realizzare una efficace riforma. In particolare, di pregio sono le proposte avanzate dal gruppo di lavoro Astrid-Italiadecide-Respublica, capitanato da Franco Bassanini, anche se sono forse un po’ troppe e, soprattutto, non sembrano efficacemente inquadrate in un disegno di riforma organico. Sono comunque preziose poiché frutto di un approccio serio e partecipato. Insomma, se il Governo Monti intenderà riprendere in mano tutta la partita, come io mi auguro, certamente non si muove nel vuoto di idee e di proposte.
In questo senso, ci permettiamo, alla luce dell’intenso lavoro svolto negli scorsi anni e di recente dall’Osservatorio su I Costi del Non Fare, di avanzare una serie di proposte al nuovo Governo, applicabili ad una spettro abbastanza ampio di settori (idrico, rifiuti, elettricità, gas, autostrade, ferrovie, porti e aeroporti). In grande sintesi, lo sviluppo infrastrutturale del Paese deve poggiare su quattro pilastri che oggi sono solo in parte adeguatamente strutturati: una accurata scelta delle opere prioritarie per generare significativi benefici per il Paese; la ridefinizione degli iter procedurali per semplificare e velocizzare la realizzazione; la formulazione di approcci più “democratici”, aperti alla partecipazione di tutti gli stakeholder e in particolare dei cittadini; l’utilizzo razionale delle risorse finanziarie e la capacità di attrarre le risorse private.
La nostra proposta, che discuteremo in il 16 novembre 2011 a Roma a Palazzo Marini, Via Poli 19 (www.costidelnonfare.com) muove da una ridefinizione delle competenze di Stato, Regioni ed Enti Locali, restringe il concetto di opera strategica, riorganizza gli iter procedurali e identifica una serie di elementi chiave dell’iter stesso.
Essa si articola in 10 punti:
1. Chiara distinzione, attraverso una parziale e mirata riforma costituzionale, delle competenze di Stato, Regioni ed Enti Locali, per evitare il continuo conflitto tra i livelli di governo coinvolti; attribuzione della competenza esclusiva allo Stato per le infrastrutture strategiche di interesse nazionale.
2. Identificazione delle opere strategiche sulla base di una rigorosa Analisi Costi Benefici che dimostri l’effettiva capacità dell’opera di generare impatti positivi per il Paese e per i territori che la ospitano. Introdurre anche logiche di confronto fra infrastrutture tipo logicamente diverse.
3. Previsione di una Struttura di Indirizzo e Controllo – nominata contestualmente alla dichiarazione di strategicità dell’opera – con il compito di monitorare la procedura autorizzativa/realizzativa allo scopo di facilitare e velocizzare l’iter. Essa svolge funzioni di indirizzo e coordinamento, consultive e sanzionatorie e può adottare determinati atti in caso di inerzia della PA.
4. Definizione, sempre contestuale alla dichiarazione di strategicità, dell’Iter per l’Autorizzazione Definitiva che chiarisce e semplifica gli iter in vigore. È composto da massimo tre fasi al termine delle quali un soggetto decisore unico ha l’onere di deliberare o bloccare la realizzazione.
5. Introduzione del Dibattito Pubblico alla francese, un momento formalizzato ed esaustivo di discus-sione sull’opera che coinvolga tutti gli stakeholder con lo scopo di informare le amministrazioni, le imprese e i cittadini del territorio su tutti gli aspetti che riguardano l’opera, ma anche di segnalare al proponente le principali criticità legate al consenso. Il Dibattito va coordinato da un organo indipendente e autorevole in grado di garantire la tutela di tutte le parti coinvolte.
6. Introduzione degli Accordi di Programma per le infrastrutture strategiche (AdPS) al fine di dare effi-cacia vincolante alle decisioni assunte dalle PA e alle intese da esse raggiunte con il soggetto proponente. Gli AdPS devono essere recepiti dalla Conferenza dei Servizi alla stregua di pareri favorevoli rilasciati in tale ambito da parte delle Amministrazioni che li hanno sottoscritti.
7. Introduzione di strumenti di regolamentazione delle misure compensative che, da un lato, limitino la lievitazione dei costi delle opere e, dall’altro, garantiscano un effettivo risarcimento alle popolazioni a seguito della sottrazione di disponibilità del territorio su cui insiste l’opera. Favorire misure che attivano lo sviluppo del territorio.
8. Creazione di un canale giurisdizionale preferenziale per la risoluzione delle controversie relative alle infrastrutture strategiche, riducendo i tempi dei contenziosi e affidando la materia a organi giurisdizionali specializzati nell’ambito della giustizia amministrativa.
9. Introduzione di strumenti innovativi di finanziamento delle opere per ovviare ai problemi di scarsa attrattività per le risorse private e di vincolo sulle risorse pubbliche. In particolare: recepimento della direttiva “Eurovignette”; creazione di un fondo per il finanziamento cross-modal; introduzione di strumenti di cattura del valore.
10. Modifica della procedura di VIA, prevedendo che il parere della commissione possa essere acquisi-to, una volta trascorsi inutilmente i termini di legge, in Conferenza dei Servizi, attraverso l’attribuzione di un incarico ad hoc a un esperto.