Per fronteggiare le conseguenze dell’inflazione record negli Usa, il presidente americano Joe Biden ha da poco firmato l’Inflation Reduction Act (Ira), approvato dal Congresso con i soli voti democratici. La Casa Bianca ha conseguito così un importante successo politico dopo mesi di stallo, eppure la nuova legge non è quello che sembra: “Nonostante il nome – scrivono gli analisti di Intesa Sanpaolo in un focus sugli Stati Uniti – il provvedimento non ha effetti sul sentiero dell’inflazione, ma ha un rilevante impatto ambientale”. Per arrivare a questo risultato, la riforma si innesta sul significativo ridimensionamento del Build Back Better Act, eliminandone la spinta in direzione di una politica fortemente redistributiva, caratterizzata da programmi sociali diffusi e significativi rialzi di imposte.
Cosa c’è nell’Inflation Reduction Act
A livello di contenuti, la nuova legge si focalizza su energia, clima, assistenza sanitaria e politica tributaria. Ecco le misure principali:
- interventi relativi all’ambiente per 386 miliardi di dollari (incentivi e crediti d’imposta per famiglie e imprese mirati a favorire la transizione verso fonti di energia rinnovabili o il nucleare);
- estensione per tre anni dei sussidi introdotti con l’Affordable Care Act (la riforma sanitaria attuata dall’amministrazione Obama) per l’acquisto dell’assicurazione sanitaria e in scadenza a fine 2022 (il costo atteso è di 64 miliardi di dollari);
- introduzione di un’imposta minima del 15% sul reddito delle grandi imprese (che dovrebbe garantire entrate pari a circa 222 miliardi in 10 anni) e di un’accisa dell’1% sul riacquisto di azioni da parte delle società;
- finanziamento di 80 miliardi per rafforzare l’agenzia che riscuote le imposte (la misura dovrebbe generare un incremento di entrate pari a 204 miliardi di dollari in 10 anni e 124 miliardi di minore deficit);
- risparmio di circa 320 miliardi in 10 anni sulle uscite per il rimborso delle spese farmaceutiche.
La riduzione del deficit
Dal punto di vista contabile, precisa la Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, in 10 anni l’Inflation Reduction Act prevede maggiori spese e minori entrate/incentivi fiscali per circa 500 miliardi di dollari, a fronte di 790 miliardi di risparmi e maggiori entrate, producendo nel complesso un effetto restrittivo sul deficit di poco inferiore a 300 miliardi nel periodo 2022-31. L’impatto è inizialmente modesto (circa 20 miliardi nel 2023), ma cresce durante il decennio considerato (circa 85 miliardi nel 2031), in parte per la fine dei sussidi alla sanità nel 2025 e in parte per l’effetto crescente nel tempo dei limiti ai prezzi dei farmaci.
I vantaggi ambientali
Sotto il profilo ambientale, invece, l’amministrazione Biden stima che l’Inflation Reduction Act permetterà agli Usa di avere nel 2030 un livello di emissioni di gas inquinanti inferiore di circa il 40% rispetto al picco del 2005. Secondo uno studio dell’Università di Princeton la riduzione sarà ancora superiore, pari al 42%, contro un -26% a politiche invariate. In questo modo, sarebbe coperta per circa due terzi la distanza dall’obiettivo ufficiale del governo, che punta a una riduzione del 50%.
Flop sull’inflazione, effetti marginali sulla crescita
Tuttavia, gli effetti antinflazionistici che danno il nome alla legge “sono minimi e dilazionati”, addirittura “quasi nulli” e “deriverebbero dai limiti sui prezzi dei farmaci e dagli interventi che favoriscono una maggiore efficienza energetica e uno spostamento verso fonti rinnovabili”, conclude Intesa Sanpaolo, sottolineando che “anche l’impatto diretto sulla crescita sarà probabilmente marginale e concentrato sulla seconda metà del decennio”.