Secondo le stime preliminari dell’Istat, nel mese di dicembre 2023 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic), al lordo dei tabacchi, aumenta dello 0,2% su base mensile e dello 0,6% su base annua (da +0,7% del mese precedente). In media, nel 2023 i prezzi al consumo registrano una crescita del 5,7% (+8,1% nel 2022). Al netto degli energetici e degli alimentari freschi (“l’inflazione di fondo”), i prezzi al consumo crescono del 5,1% (+3,8% nell’anno precedente) e al netto dei soli energetici del 5,3% (+4,1% nel 2022).
Giù i beni energetici, su gli alimentari
Il rallentamento su base tendenziale dell’inflazione è dovuto prevalentemente ai prezzi dei beni energetici regolamentati (che accentuano la loro flessione da -34,9% a -41,7%), a quelli dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +4,6% a +3,6%) e dei beni alimentari lavorati (da +5,8% a +5,0%); per contro, un sostegno alla dinamica dell’inflazione deriva dall’attenuarsi del calo dei prezzi degli energetici non regolamentati (da -22,5% a -21,1%) e dall’accelerazione di quelli dei beni alimentari non lavorati (da +5,6% a +7,0%).
Nel mese di dicembre “l’inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, decelera da +3,6% a +3,1% e quella al netto dei soli beni energetici da +3,6% a +3,4%. I prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona rallentano lievemente su base tendenziale da +5,4% a +5,3%, come anche quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +4,6% di novembre a +4,4%).
L’aumento congiunturale dell’indice generale è dovuto, per lo più, alla crescita dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti (+1,4% anche a causa di fattori stagionali), dei beni alimentari non lavorati (+0,7%) e dei beni durevoli e non durevoli (entrambi +0,5%); gli effetti di questi aumenti sono stati solo in parte compensati dalla diminuzione dei prezzi degli energetici, sia regolamentati (-3,5%) sia non regolamentati (-2,1%).
In base alle stime preliminari, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) aumenta dello 0,2% su base mensile e dello 0,5% su base annua (da +0,6% di novembre). Nel 2023 la variazione media annua dell’Ipca è pari a +5,9% (+8,7% nel 2022).
Istat: “Prosegue la fase di flessione dell’inflazione”
Nel commento l’Istat spiega: “Prosegue a dicembre, secondo le stime preliminari, la fase di flessione dell’inflazione, scesa a 0,6% dall’11,6% del dicembre 2022. Nella media 2023 i prezzi al consumo risultano accresciuti del 5,7% rispetto all’anno precedente, in netto rallentamento dall’8,1% del 2022. Tale andamento risente principalmente del venir meno delle tensioni sui prezzi dei beni energetici (+1,2%, dal +50,9% del 2022). I prezzi nel comparto alimentare evidenziano invece un’accelerazione della crescita media annua (+9,8%, da +8,8% del 2022), nonostante l’attenuazione della loro dinamica tendenziale, evidenziata nella seconda metà dell’anno. Nel 2023, la crescita dei prezzi al netto delle componenti volatili (inflazione di fondo) è pari a 5,1% (da +3,8% del 2022). Sulla base delle stime preliminari, il trascinamento dell’inflazione al 2024 è pari a +0,1%”.
Coldiretti: “Nove miliardi di spesa in più per mangiare meno”
Gli italiani hanno speso nel 2023 circa 9 miliardi in più per mangiare meno a causa del caro prezzi hanno dovuto tagliare le quantità acquistate. E’ quanto stima la Coldiretti sulla base dei dati Istat sull’inflazione rispetto all’anno precedente. Sono gli effetti dell’aumento dei prezzi al consumo nel comparto alimentare che nell’anno appena trascorso – sottolinea la Coldiretti – mostrano un’accelerazione della crescita media annua con +9,8% rispetto all’+8,8% del 2022.
Nella seconda metà dell’anno – precisa Coldiretti – si è verificata tuttavia una decisa attenuazione della dinamica tendenziale, con i prezzi dei beni alimentari che sono aumentati in media del 5,8% a dicembre anche se restano tensioni sia sulla frutta fresca e refrigerata (+13,9%) che sui vegetali freschi o refrigerati (+13,1%) per i consumatori mentre i produttori agricoli non riescono a coprire i costi di produzione. Se in testa alla classifica delle strategie salva carrello c’è il ricorso – sottolineano Coldiretti/Censis – a sconti e promozioni, al secondo posto si piazza il taglio degli sprechi, con una maggiore sensibilità verso la riduzione del cibo che finisce nella pattumiera con effetti economici ed ambientali, anche attraverso l’utilizzo delle ricette del giorno dopo, con la cucina degli avanzi. Secondo Coldiretti/Censis il 76,9% degli italiani prepara regolarmente una lista della spesa con relativa programmazione di cosa comperare che aiuta a tenere sotto controllo gli acquisti d’impulso e a gestire con più oculatezza i budget familiari.