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Inflazione, Istat: a marzo 1,7%, minimo da 2010

FIRSTonline

A marzo l’inflazione rallenta ancora. Secondo le stime preliminari dell’Istat, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic), al lordo dei tabacchi, aumenta dello 0,3% rispetto al mese precedente e dell’1,7% nei confronti di marzo 2012 (era +1,9% a febbraio).

Il carrello della spesa registra una frenata su base annua rispetto al mese precedente: i prezzi dei prodotti acquistati con maggiore frequenza dai consumatori aumentano dello 0,1% su base mensile e del 2% su base annua, in ulteriore rallentamento dal 2,4% di febbraio. Si tratta del valore più basso dal settembre del 2010.
L’ulteriore rallentamento dell’inflazione a marzo, il sesto consecutivo – spiega l’istituto di statistica – è principalmente imputabile alla frenata della crescita su base annua dei prezzi dei beni energetici non regolamentati (+0,2%, dal +2,9% di febbraio). 

A contribuire all’aumento congiunturale dell’indice – spiega l’Istat – sono, in particolare, i rialzi su base mensile dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti (+1,7%) e dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (+0,7%), dovuti per lo più a fattori di carattere stagionale.
L’inflazione acquisita per il 2013 è pari all’1%. A marzo l’inflazione di fondo, calcolata al netto dei beni energetici e degli alimentari freschi, scende all’1,4% (era +1,5% a febbraio).Al netto dei soli beni energetici, la crescita tendenziale dell’indice dei prezzi al consumo resta stabile all’1,5%.

Rispetto a marzo 2012, il tasso di crescita dei prezzi dei beni scende all’1,7%, dal 2% di febbraio, e quello dei prezzi dei servizi si stabilizza sullo stesso valore. Pertanto, il differenziale inflazionistico tra beni e servizi si azzera.

Secondo le stime preliminari, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) aumenta del 2,3% su base mensile e dell’1,8% su base annua, con una decelerazione di due decimi di punto percentuale rispetto al valore registrato a febbraio (+2%). Il rialzo congiunturale è in larga parte dovuto alla fine dei saldi invernali, di cui il Nic non tiene conto.

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