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Inflazione: gli italiani consumano meno frutta e verdura, cala anche l’export

frutta e ortaggi di stagione

Carburanti a prezzi proibitivi, energie rinnovabili lente e calo del potere d’acquisto hanno aggredito il settore dell’ortofrutta. Fruitimprese, che riunisce le aziende del settore, ha fatto il primo bilancio di un’annata sulla quale si sono abbattuti anche eventi climatici estremi.

Il Paese con le sue alte temperature è stato nella media europea dell’estate più calda. Le conseguenze in campagna si sono fatte sentire e l’intero settore, centrale per la nostra economia, si è lasciato alle spalle l’impennata dell’export registrata nel 2022.

Gli agricoltori da una parte colgono le opportunità della Politica Agricola europea (PAC) dall’altra devono fare i conti con un sistema ancora troppo disarticolato con le storiche differenze strutturali tra Nord e Sud.

In pratica pesanti diseconomie che arrivano sui banchi dei mercati e nel carrello della della spesa. In queste settimane con il caro prezzi generalizzato le preoccupazioni salgono. “Bisogna intervenire subito”, ha detto Elly Schlein perché “tra dicembre 2021 e giugno 2023 l’indice dei prezzi al consumo – calcolato secondo i criteri Eurostat – è aumentato complessivamente del 13%.”

Saldo commerciale negativo

Il saldo commerciale dell’ortofrutticolo dei primi sei mesi dell’anno si è ridotto del 25% rispetto al 2022. Sul piano nazionale il potere d’acquisto, flagellato da aumenti e speculazioni sui prezzi, ha eliminato frutta e verdura dalla spesa quotidiana. Uno scenario che, sottolinea Fruitimprese, rappresenta una frenata dopo un andamento positivo durato mesi.

La soddisfazione per la precedente crescita dell’export dei nostri prodotti si sta trasformando in un ricordo. È chiaro che la concorrenza con Paesi come Francia e Spagna si è fatta difficile. “Male anche il saldo in volume che passa da -291.127 tonnellate dei primi sei mesi del 2022 a -338.351 tonnellate del primo semestre dell’anno in corso” nota l’Associazione. L’allert va direttamente alla politica che dovrebbe farsi carico di misure di sostegno.

Gli italiani devono consumare più frutta e verdura si ripete tutte le volte che se ne presenta l’occasione. La questione non è solo nutrizionale, chiaramente. Il governo ha promesso una campagna istituzionale sul consumo di ortofrutta, ma non si sa quando arriverà. Dovrebbero essere messi in campo anche provvedimenti fiscali per aumentare la capacità di spesa delle famiglie, dicono i coltivatori davanti ad una regressione improvvisa ed inaspettata.

Il ruolo dei mercati generali

A questo punto è il caso di guardare alla filiera, ai mercati all’ingrosso, dove si stabilisce il primo prezzo. All’estero si fa. I mercati all’ingrosso sono il luogo dove i prodotti acquisiscono un valore aggiunto nel confezionamento, nel controllo della qualità, nella tracciabilità e nella formazione trasparente del prezzo nell’interesse dei produttori e del consumatore finale” dice Salvatore De Meo, eurodeputato di Forza Italia, promotore di un incontro sul tema a Bruxelles.

Il caro vita ha fatto si che il 22% degli italiani ormai non compra ortaggi e frutta perché non ce la fa con il reddito. Gli ultimi dati dicono che sono 2,6 milioni coloro che non mangiano questi prodotti. Il deficit economico e di salute è stato analizzato anche dallo studio Ambrosetti e presentato a Bruxelles: “A fronte di una crescente pressione sui costi operativi, i mercati hanno ammortizzato l’inflazione il 53,1% delle volte nell’ultimo anno ”, tra febbraio 2022 e febbraio 2023. I mercati agroalimentari all’ingrosso hanno contrastato il rialzo dell’inflazione. Il bello è che le famiglie non se sono accorte e rinunciano a comprare. Il sistema richiede una messa a punto con anticorpi per questo tipo di crisi improvvise. Oggi sembra un gioco dell’oca: prodotti, costi, prezzi, potere d’acquisto, prezzi, costi, prodotti (invenduti). Chi ha in mano i dadi.

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Categories: Economia e Imprese