Si dice: l’Italia è molto meglio di come viene rappresentata e un fondo di verità c’è. Andiamo sempre alla ricerca di apprezzamenti che da soli non riusciamo a fare. “Gli italiani perdonano tutto ma non il successo” diceva Enzo Ferrari, un grande italiano. Tuttavia, se non si personalizzano troppo i risultati che si ottengono e si rendono oggettivi e trasparenti, l’opinione può cambiare.
L’Italia è apprezzata nel mondo per la sua storia e la sua cultura, per progressi in molti campi. Per aver saputo rialzarsi dopo i disastri di una dittatura e di una guerra mondiale. Quanto riusciamo a valorizzare oggi la nostra capacità di “saper fare” nelle situazioni più diverse ? A trasmettere alle nuove generazioni valori forgiati in mille asperità e che rendono meglio il nostro essere ?
La novità del turismo industriale
L’esperimento di turismo industriale che si sta facendo nella città di Prato, ha l’ambizione di rispondere alle domande precedenti. Non è una metropoli, ma una media cittadina che ha attraversato la storia rinnovando la propria identità, fino a saper accogliere migliaia di lavoratori stranieri che l’hanno resa più famosa e competitiva sul piano internazionale. Non c’è dubbio che è una storia di donne e uomini che hanno fuso l’impegno nel lavoro con le trasformazioni urbanistiche e tecnologiche.
Da sabato 27 gennaio in città riprendono le visite guidate del progetto TIPO (Turismo Industriale Prato) con lo scopo di avvicinare le persone alla storia cittadina. Una originale e rara forma di accoglienza in un sito che dal Medioevo si dedica al tessile. Dalla tradizione dei cenciaioli alla green fashion di oggi, c’è un solo filo che lega la storia di Prato alle sfilate dei grandi stilisti e alla reputazione mondiale per trattare tessuti di alta qualità.
La sindrome del successo
È il distretto tessile più grande d’Europa. Il traghettamento dalle produzioni artigiane a quelle su grande scala non è stato indolore, se non per altro per le ripercussioni ambientali e l’aumento della popolazione. Le ciminiere di archeologia industriale a vederle sono l’antinomia alle macchine superveloci che sfidano la concorrenza internazionale.
Fino a marzo e poi al Festival TIPO di aprile si andrà in un ambito di 2.500 imprese e 18.600 addetti. Numeri che mostrano i valori della fatica, dell’intrapresa economica e della dedizione a un’avventura dell’Italia vincente. Sarebbe ingenuo descrivere la città, per le notizie raccolte, come il luogo delle massime virtù. Se si fa propaganda viene facile, ma non è questo il caso.
È il caso, invece, di chiedersi quante altre città hanno la stessa opportunità di mostrarsi e sottovalutano l’occasione per negligenza, finendo per essere prigioniere della sindrome di Enzo Ferrari. Del governo, del Ministero del Made in Italy, della Cultura, dei Giovani, del Turismo nemmeno a pensarlo, oltre la Venere di Botticelli in versione influencer non vanno.
Prato, dice il Comitato che gestisce il progetto TIPO, presenta un “dentro e fuori” dalle archeologie industriali agli stabilimenti in attività, per far toccare con mano a coloro che verranno qui, una storia ammirata in tutto il mondo. Un’ italianità positiva molto apprezzata.