Dopo il rimbalzo del 2021, l’industria italiana ha proseguito sulla strada della crescita anche nella prima parte del 2022. Il primo bimestre dell’anno si è infatti chiuso con un rialzo del 2% tendenziale, mentre nel periodo marzo-maggio la produzione manifatturiera ha registrato un +2.6%, un risultato migliore di quello di Francia (+1.9%), Spagna (+1.6%) e soprattutto Germania (-2.2%), penalizzata dal crollo della produzione automotive. Questo uno dei dati principali che emerge dalla newsletter di luglio sui settori industriali realizzata da Prometeia e Intesa Sanpaolo.
Lo studio mostra però anche un altro aspetto: mentre cresceva l’industria salivano anche i prezzi alla produzione, che nei primi 5 mesi dell’anno hanno registrato un aumento del 12,9%, al netto dei prodotti petroliferi, una percentuale superiore a quelle di Spagna +11.8%, Germania +10.6%, e Francia +10.3%.
La dinamica dei prezzi ha fatto sì che tra gennaio e aprile 2022, il fatturato manifatturiero a prezzi correnti abbia registrato una crescita del 17.7%. Anche al netto della spinta inflattiva, la stima di fatturato deflazionato dei primi quattro mesi dell’anno arriva a +4.6%. “Cruciale il sostegno della domanda interna, in particolare degli investimenti in costruzioni, a fronte di segnali di maggiore difficoltà dei consumi, in particolare nel comparto dei beni durevoli, i più sensibili al peggioramento del clima di fiducia dei consumatori e ai vincoli di reddito indotti dal forte rincaro delle spese energetiche”, commentano Intesa e Prometeia.
Export +21%: cala la Cina, si azzera la Russia, boom verso gli Usa
Oltre alla domanda interna, a sostenere la manifattura italiana ha contribuito anche il buon andamento delle vendite sui mercati internazionali, anche nel confronto con i concorrenti europei.
Nel dettaglio, nel primo trimestre del 2022, le esportazioni, al netto dei prodotti petroliferi, hanno registrato una crescita del 21.2% a valori correnti, migliore di quella francese (+17.2%), spagnola (+16.5%) e tedesca (+8.9%) grazie ai risultati ottenuti sui mercati europei e nel NAFTA, tali da controbilanciare ampiamente la contrazione delle vendite verso la Cina e verso la Russia.
La tendenza è confermata anche dai dati più recenti, dove spicca un balzo prossimo al 30% delle vendite negli Stati Uniti nel gennaio-maggio, sostenuto dall’evoluzione favorevole del cambio, nonostante un contesto di generale rallentamento del commercio internazionale.
Settori industriali: Sistema Moda ai livelli pre-Covid
Passando ai singoli settori manifatturieri, i dati mostrano una crescita generalizzata del fatturato deflazionato nel periodo gennaio-aprile 2022. “Al primo posto” c’è il Sistema Moda (+19.1%), sostenuto dall’export e dal recupero ancora intenso sui livelli pre-Covid, seguito da Elettronica (+11.7%) e Prodotti e Materiali da Costruzione (+8.1%). Sopra la media anche Farmaceutica (+7.3%) e Alimentare e Bevande (+5.4%).
Fanno eccezione gli Autoveicoli e moto (-11.7% nel gennaio-aprile 2022) e gli Elettrodomestici (-5.9%). “Nel primo settore hanno pesato la mancanza di componenti strategiche, che penalizza anche la catena automotive tedesca”, sottolinea lo studio. Nel secondo a pesare sono “sia la maggiore prudenza dei consumatori indotta dalla guerra e dal caro bollette, sia l’affievolirsi della fase di forte espansione che ha caratterizzato il settore a partire dalla seconda metà del 2020, e che ha raggiunto un picco nel 2021”.
Discorso a parte meritano i produttori di beni intermedi (Metallurgia, Intermedi chimici, Altri intermedi), tutti altamente energivori, che presentano una dinamica ancora molto forte in termini di vendite, con incrementi di prezzo che non hanno precedenti nel recente passato, ma evidenziano, al contempo, una netta frenata della produzione, che riflette la forte incertezza dello scenario.
Rallentamento nella seconda metà del 2022
Secondo le previsioni di Prometeia e Intesa Sanpaolo, la seconda metà dell’anno sarà caratterizzata da un affievolimento dei tassi di crescita della domanda interna ed estera, già indebolita dalla spirale inflattiva, e dei prezzi.
“I rischi che il fisiologico rallentamento si trasformi in una netta frenata sono comunque elevati, a fronte di incognite legate al perdurare del conflitto, con crescenti timori di blocco delle forniture energetiche, all’impatto recessivo che la svolta restrittiva della politica monetaria può avere sull’economia statunitense e alle crescenti difficoltà delle famiglie italiane (in particolare a basso reddito) nel fronteggiare i rincari energetici e dei prodotti alimentari”, spiega lo studio che sottolinea anche il peso della discontinuità governativa in Italia, che potrebbe ritardare il percorso di attuazione del PNRR, uno dei principali sostegni alla dinamica produttiva.