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Industria, Intesa Sanpaolo e Prometeia: atteso rimbalzo per fine anno, fatturato a 1.160 miliardi. Chi rallenta e chi fa da traino

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Il fatturato dell’industria italiana dovrebbe stabilizzarsi sui 1.160 miliardi di euro a fine anno, a prezzi correnti, con un incremento di 250 miliardi rispetto al 2019, a chiusura di un ciclo post-Covid da record. È quanto emerge dal rapporto sui settori industriali realizzazione dalla direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo e da Prometeia.

Intesa Sanpaolo e Prometeia: atteso rimbalzo per fine anno

A prezzi costanti, le attese sono di moderato rimbalzo (+0,6%), che consentirà di recuperare solo in parte quanto perso nel corso del 2023 (-2,1%). Dopo una prima parte dell’anno ancora debole, infatti, in linea con quella che è stata la tendenza prevalente nel 2023, si vede un secondo semestre di maggior dinamismo, grazie all’impatto positivo che il rientro dell’inflazione avrà sulla domanda interna e internazionale, e al conseguente ribasso dei tassi d’interesse.

Manifatturiero, nel 2025 il Pnrr farà da traino

Crescita più intensa per il manifatturiero italiano dal 2025, trainata dagli investimenti del Pnrr. Nello scenario di medio termine, l’industria manifatturiera italiana potrà crescere a tassi relativamente dinamici nel biennio 2025-26 (+1,2% medio annuo) di realizzazione degli investimenti del Pnrr. La dinamica della crescita potrebbe essere più contenuta (sotto l’1% medio annuo) nell’orizzonte al 2028. Il commercio mondiale ritroverà progressivamente slancio dopo la battuta d’arresto del 2023. Le imprese italiane, secondo l’analisi, saranno in grado di cogliere le opportunità offerte dai mercati internazionali, registrando una crescita dell’export del 2,6% a prezzi costanti che confermerebbe la buona competitività dimostrata negli ultimi anni.

Nel 2024 rallentano gli investimenti nelle costruzioni

A rallentare il passo nel corso del 2024, secondo l’analisi di Intesa Sanpaolo e Prometeia, saranno soprattutto gli investimenti in costruzioni, dopo il ciclo eccezionale degli anni post-Covid. La contrazione dell’edilizia residenziale, indotta da un contributo meno espansivo della riqualificazione (rimodulazione del Superbonus, stop definitivo alla cessione del credito e allo sconto in fattura). Gli investimenti in beni strumentali si confermeranno in crescita, ma a ritmi meno dinamici con il passaggio al nuovo piano incentivante Transizione 5.0.

Grazie al recupero del reddito disponibile eroso dall’inflazione, nel 2024 i consumi interni si manterranno in crescita posizionandosi sopra i livelli di spesa pre-Covid anche a prezzi costanti, dopo il pareggio del 2023.

Servizi e beni durevoli per la mobilità trascinano il recupero

A trainare il recupero saranno i servizi (in particolare quelli legati alla socialità, come alberghi e ristoranti, cultura e spettacolo) e i beni durevoli per la mobilità, che si confermeranno in crescita vivace, dopo il punto di minimo toccato durante la pandemia. In sostanziale tenuta la spesa per beni alimentari, che a seguito dei recenti rincari continuerà a incidere in maniera rilevante sulla spesa complessiva per consumi nel 2024, e sui redditi delle famiglie, togliendo spazi di recupero ai consumi di abbigliamento e calzature, soprattutto per le famiglie meno abbienti. I beni durevoli per la casa (mobili, elettrodomestici), invece, risentiranno dell’effetto di sgonfiamento degli incentivi rivolti al comparto delle ristrutturazioni edilizie.

I rischi delle tensioni geopolitiche sulle materie prime

Le tensioni geopolitiche sono il principale fattore di rischio anche nell’ottica degli effetti che eventuali escalation potrebbero generare sui costi delle materie prime.

Le condizioni economico finanziarie del manifatturiero rimarranno pertanto solide anche nel prossimo quadriennio, garantendo alle imprese una buona sostenibilità dei processi di investimento. Nel complesso del quadriennio 2025-2028, stimiamo un margine operativo lordo medio manifatturiero al 9,2%.

I settori che avranno le maggiori opportunità di crescita sono quelli legati alla twin transition, a iniziare da elettrotecnica (+2,6% medio annuo in termini di fatturato deflazionato nel quadriennio 2025 2028), meccanica (+2%) ed elettronica (+1,4%). Più distanti autoveicoli e moto (+0,9%). Molto positive le prospettive di largo consumo (+2,3%) e farmaceutica (+1,9%), grazie alla migliore tenuta sui mercati internazionali e a una dinamica della domanda interna più vivace di altri comparti di spesa. Le esportazioni saranno il principale driver di crescita anche per i produttori di beni di consumo tipici del Made in Italy, quali sistema moda, alimentare e bevande, che manterranno un ritmo di sviluppo di poco inferiore all’1% medio.

Poco distanti nel ranking i produttori di beni durevoli per la casa, elettrodomestici (+0,9%) e mobili (+0,7%). Nella parte bassa della graduatoria 2025-2028 si posizionano tutti i settori produttori di beni intermedi con i chimici (+0,8%). Sostanzialmente stazionari, in termini di crescita del fatturato deflazionato, i settori metallurgia (+0,5%) e prodotti in metallo (+0,1%). Chiudono la graduatoria i prodotti e materiali da costruzione, con fatturato deflazionato in calo (-1,2%).

Nel 2022 salario medio ancora inferiore al 2000

Secondo Intesa Sanpaolo e Prometeia, l’analisi dell’evoluzione dei salari annuali medi reali per dipendente restituisce un quadro storico di ampia disomogeneità tra le quattro manifatture europee, che si è accentuata a partire dal 2011, creando una sorta di ‘disaccoppiamento’ tra la dinamica dei salari in Francia e Germania e quella di Spagna e Italia. Nel 2022 (ultimo anno disponibile), in particolare, spicca in negativo l’Italia, con un salario medio ancora inferiore al 2000 e molto distante da quello di Francia e Germania. In seconda posizione, in termini di debolezza della dinamica salariale, si attesta la Spagna”.

“Tra i fattori chiave per interpretare la dinamica dei consumi – prosegue l’analisi – rientra anche il reddito lordo disponibile pro-capite delle famiglie europee. L’analisi dell’andamento storico del reddito lordo pro-capite restituisce un quadro di forte disomogeneità tra i quattro Paesi europei. Anche per questo indicatore, infatti, a partire dal 2011 emerge un divario sempre più ampio tra le economie di Germania e Francia da un lato e quelle di Italia e Spagna dall’altro. Post pandemia si è manifestato un rimbalzo dei livelli reddituali che, sebbene abbia in parte attutito lo shock inflazionistico innescatosi a partire dalla seconda metà del 2021, ha comunque mantenuto inalterato il posizionamento dei Paesi in termini di spesa per consumi”.

“Guardando ai livelli di reddito pro-capite, Spagna e Italia avevano toccato un punto di minimo nel 2013, dopo la crisi dei debiti sovrani, per poi risalire progressivamente. Al 2022, ultimo anno disponibile, la Spagna si collocava ancora in ultima posizione (con circa 21 mila euro), seguita dall’Italia (oltre 25 mila euro). Resta quindi ancora un forte divario tra i due Paesi Mediterranei e i livelli di reddito pro-capite di Francia (circa 29 mila euro) e Germania (oltre 32 mila euro), che solo in parte potrà essere colmato a seguito delle rinegoziazioni contrattuali in corso in Italia in diversi settori”.

De Felice: “Nel secondo semestre la congiuntura migliora”

“Lo scenario globale vede un anno a due facce. Un primo semestre debole ed il miglioramento della congiuntura nel secondo semestre“. Così Gregorio De Felice, capo economista di Intesa Sanpaolo, nel corso della presentazione del rapporto sui settori industriali. “Questo accadrà – aggiunge – perchè i tassi d’interesse cominceranno a scendere e perchè crescono gli investimenti con il Next Generation Ue. Il processo deflazionistico prosegue, principalmente in Europa e meno negli Stati. Ci aspettiamo una prima riduzione dei tassi da parte della Bce il 6 giugno. Rinviato a settembre o a dicembre il taglio da parte della Fed“.

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