I distretti industriali godono di ottima salute. Non solo il fatturato è stabilmente oltre i livelli pre-Covid ormai da due anni, ma le imprese dei distretti crescono più del dato manifatturiero nazionale (16,7% contro il 15,2%). A trascinare la crescita è stata la cifra record di 153 miliardi di euro (25 miliardi in più rispetto al 2019) dell’export. È quanto emerge dalla quindicesima edizione del Rapporto annuale che la Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo dedica all’evoluzione economica e finanziaria delle imprese distrettuali.
Il Rapporto – presentato dal presidente di Intesa Sanpaolo Gian Maria Gros-Pietro, dal chief economist Gregorio De Felice e dal responsabile della ricerca industry & banking Fabrizio Guelpa – illustra la velocità del recupero dei distretti dopo il crollo del 2020, descrive poi le azioni adottate per contrastare i rincari dell’energia e quantifica gli effetti della crisi energetica sulla marginalità delle imprese. Infine, la Direzione Studi di Intesa si è soffermata sulle priorità da affrontare: un mix combinato di innovazione, capitale umano e ricambio generazionale che sono tra gli elementi chiave per ritornare a crescere nel 2024, quando la domanda si riprenderà.
Gros-Pietro (Intesa): “A famiglie e imprese 410 miliardi”
Durante la presentazione, Gros-Pietro ha confermato il supporto della banca a famiglie e imprese mettendo sul piatto 410 miliardi, di cui 270 esclusivamente per le imprese. “Il Pnrr ha destinato all’Italia 209 miliardi, noi li abbiamo praticamente raddoppiati. Questo è il primo segnale – ha proseguito – l’altro è aiutare le imprese a fare la cosa giusta con le risorse che vengono messe a disposizione con un’attività di consulenza che abbiamo sviluppato proprio investendo sul nostro capitale umano, sulle nostre persone, sulle filiali. Ci sono circa 250 filiali dedicate alle imprese. Quindi, Intesa Sanpaolo vuole trascinare tutto il sistema economico italiano lungo la rotta del Pnrr”.
Distretti industriali: il rimbalzo post pandemia
L’analisi dei bilanci di più di 90 mila imprese mette a confronto il rapido recupero post-Covid di 22.302 imprese appartenenti a 159 distretti industriali, con 68.377 imprese non distrettuali specializzate nelle produzioni distrettuali. Ne emerge una migliore performance delle imprese distrettuali che in termini mediani già nel 2021 hanno registrato un fatturato del 5,2% superiore ai livelli del 2019, due punti percentuali in più rispetto alle aree non distrettuali. Anche la redditività si è rafforzata: l’ebitda margin nei distretti è salito al 7,7%, tre decimi di punto in più rispetto al 2019.
Tuttavua, l’accresciuta complessità del contesto macroeconomico ha accentuato le distanze tra chi è più competitivo e chi è più in difficoltà: in gran parte dei settori, infatti, è aumentata la quota di imprese con ebitda margin negativo ed è salita l’incidenza delle imprese con margini unitari superiori al 20%. È stato premiante il posizionamento strategico: tra le imprese distrettuali con brevetti, la marginalità è salita al 9,9% nel 2021, dal 9,1% nel 2019; si è così ampliato il divario rispetto alle altre imprese, salite dal 7,8% all’8,1%. Nel Sistema moda le imprese fortemente inserite nelle filiere del lusso nel 2021 hanno mostrato una marginalità unitaria decisamente più elevata rispetto a quella dei fornitori marginali o non continuativi (9,4% contro il 7%). La distanza si è ampliata nel triennio 2019-21.
La crescita del fatturato trainata dall’export
Nel 2022, come anticipato, l’export ha toccato la cifra record di 153 miliardi di euro, 25 miliardi in più rispetto al 2019 (+19,9% a prezzi correnti), mentre il fatturato, ha registrato un aumento del 16,7%. Il forte aumento dei costi, in parte traslato sui prezzi, ha condizionato la marginalità unitaria che, tuttavia, grazie a una serie di azioni adottate (efficientamento dei processi, autoconsumo, sostegni governativi) ha subito una riduzione contenuta, inferiore al punto percentuale.
Usa, Francia, Germania e Turchia i mercati principali
Incrementi sopra le medie per l’export verso l’estero, soprattutto verso Stati Uniti (+3,4 miliardi; +25,2%), Francia (+2,7 miliardi; +18%), Germania (+2,1 miliardi; +11,9%), Turchia (+0,6 miliardi; +30,3%). Per il biennio 2023-24, Intesa stima una crescita nominale del fatturato ancora superiore al manifatturiero (+3,3% contro +0,9%), in un contesto di prezzi alla produzione pressoché invariati.
Quest’anno ai primi tre posti della classifica dei migliori distretti italiani per crescita, export, profitti e solidità finanziaria, si aggiudica l’oro la Gomma del Sebino Bergamasco, l’argento il Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene e, infine, i Vini e distillati del Friuli il bronzo.
La reazione delle imprese alla crisi energetica
Il boom dei costi dell’energia ha colpito anche le imprese industriali. Ma dal report emerge la reattività del tessuto produttivo italiano: soprattutto nelle aree ad alta intensità distrettuale prevalgono, infatti, le azioni dirette a rivedere l’offerta per ridurre i consumi di energia, ad avviare oppure potenziare l’autoproduzione di energia, a rimodulare i turni. Molte imprese hanno già apportato soluzioni che riducono l’impatto dei costi energetici. In termini mediani emerge tra il 2019 e il 2022 un aumento del 57% degli importi pagati da imprese distrettuali a favore di utilities energetiche. Per il primo quartile della distribuzione si rileva tuttavia un lieve calo degli importi pagati (-3%), mentre i pagamenti risultano più che raddoppiati per il quartile maggiormente impattato (+118%). Inoltre, le imprese distrettuali che hanno installato almeno un impianto per la produzione di energia rinnovabile hanno una marginalità più elevata (9,8% conto l’8,1%). Le imprese piccole e micro sono quelle che traggono i maggiori vantaggi.
L’analisi dei flussi di import evidenzia il tentativo da parte delle imprese distrettuali di diversificare i paesi di approvvigionamento, ricercando a livello mondiale ogni alternativa possibile, anche in Asia. Ciò si è tradotto in un potenziamento, almeno temporaneo, dei magazzini.
Distretti industriali: le priorità da affrontare
Il Rapporto si sofferma infine sulle priorità da affrontare: emergono in particolare i temi legati all’innovazione, al capitale umano e al ricambio generazionale.
Il ruolo dell’innovazione tecnologica
Le imprese distrettuali continuano a mostrare un forte impegno sul fronte dell’innovazione (circa 75 brevetti ogni 100 imprese contro 51 nelle aree non distrettuali), che ne rafforza la competitività, così come nell’adozione di tecnologie 4.0.
Secondo le indagini condotte dalla Direzione Studi e Ricerche, da un’analisi su 423 imprese localizzate nel Triveneto, in Emilia-Romagna e nelle Marche, in gran parte attive in settori ad alta intensità distrettuale come meccanica, agro-alimentare e legno-arredo, tra le imprese 4.0 emerge la miglior dinamica dell’ebitda margin, che si è rafforzato tra il 2019 e il 2021. Si è così ampliato il divario rispetto alle altre aziende, che invece hanno subito un ridimensionamento del proprio mark up. Le differenze maggiori si osservano per le imprese più piccole: nel 2021 quelle 4.0 hanno registrato un ebitda margin pari al 14%, mentre il resto delle microimprese si è fermato all’8%.
Il ruolo del welfare aziendale
Tecnologia e innovazione dipendono sempre di più dalla qualità del capitale umano inserito in azienda. Non a caso, negli ultimi anni, è aumentata significativamente la ricerca di figure e tecnici ICT. Anche se di difficile reperimento. Nelle aree a media intensità distrettuale lamentano spesso la mancanza di candidati il 45,6% delle imprese.
I ritorni dall’adozione di politiche di welfare sono evidenti: nei distretti le imprese che hanno adottato misure di welfare nel 2021 hanno raggiunto livelli di produttività per addetto pari a 69.400 euro, con una differenza dalle altre imprese che è salita a oltre 18mila euro, il doppio rispetto al divario del 2019.
Il passaggio generazionale
Un’altra area di miglioramento riguarda la governance. La capacità delle imprese di rinnovare e aprirsi con più facilità alla doppia transizione tecnologica e green passa anche attraverso il passaggio generazionale. L’analisi dell’evoluzione del board per classe d’età evidenzia che nell’ultimo quadriennio si è verificato un invecchiamento degli amministratori: nel 2022 nei distretti è salita al 12,6% la quota di imprese guidata solo da persone con almeno 65 anni, quasi due punti percentuali in più rispetto al 2019. Al contempo, è scesa al 19,9% l’incidenza delle imprese distrettuali con almeno un under 40 nel board; questa percentuale si collocava al 23,4% solo tre anni prima. La situazione nelle aree non distrettuali è addirittura peggiore. È dunque necessario accelerare i processi di ringiovanimento del board, visti anche i ritorni positivi ottenuti dalle imprese che sono riuscite a intraprendere processi di accompagnamento generazionale: le imprese con almeno un under 40 nel board sono cresciute di più in termini di fatturato nell’ultimo triennio e risultano più innovative e attente agli aspetti ambientali (il 25,1% ha certificati ambientali contro il 9,7% delle imprese con il board composto solo da over 65).