Il Fondo agevolato per la transizione industriale arriva ai nastri di partenza. Dal 10 ottobre le imprese italiane, a prescindere dalla dimensione, potranno fare domanda sull’apposita piattaforma di Invitalia. Le richieste con i progetti devono avere précise finalità ambientali e un budget tra i 3 e i 20 milioni di euro. La data ultima per concorrere è il 12 dicembre. I progetti approvati dovranno essere completati entro 36 mesi: un tempo “canoninco” non solo per regolare i flussi di cassa e vedere cosa riescono a fare gli imprenditori. Ma è un tempo giusto anche per non far finire i finanziamenti pubblici nel tritacarne politico- mediatico come sta accadendo in questi giorni per il Supebonus. Guarda caso un’altra misura con finalità energetiche.
In questo caso lo scenario è diverso come aveva previsto la legge di Bilancio 2022 da cui tutto deriva, compreso il decreto direttoriale del Ministero dell’Industria del 30 agosto scorso. E’ quel decreto che ha dato l’abbrivio alle procedure di accesso ai fondi che per ora sono 300 milioni. Non sono molti, visto i passi che l’industria nazionale deve compiere verso la transizione ecologica. I contributi sono a fondo perduto e la speranza è che a dicembre il quadro italiano migliori, ancorché sostenuto dallo Stato. Le imprese dovranno adeguare davvero le loro produzioni. Non si possono ignorare gli standard europei nella lotta al climate change e verso l’Ue l’Italia deve dimostrare di essere all’altezza della sfida.
Requisiti e trasparenza
Lo Stato ti aiuta ? Allora, tra il 2024 e il 2026 in azienda deve radicarsi l’efficienza energetica e cambiare modo di produrre. Le fonti energetiche, ovviamente, devono essere rinnovabili e occorre farne buon uso. Metà dei 300 milioni iniziali è riservata alle imprese energivore che potrebbero fare da esempio alle altre di settori diversi. Per non sbagliare o speculare, questi in sintesi i requisiti per fare domanda: impresa iscritta nel registro delle imprese; appartenenza ai settori estrattivo e manifatturiero; non essere in liquidazione volontaria ; non essere tra le imprese che non hanno rimborsato prestiti; essere in regola con gli obblighi contributivi.
Il Ministero ,dicevamo, chiede che i progetti abbiamo finalità ambientali chiare e non altre, per cosi dire, spurie. La trasparenza come valore industriale dovrebbe essere ormai un requisito stabile del mondo delle imprese. Le polemiche verso l’industria che approfitta dei finanziamenti, a maggior ragione se danno conto agli investitori e cambiano pelle da inquinanti a green, dovrebbero aver fatto il loro tempo. Per questo le spese ammissibili secondo il decreto riguardano: riuso, riciclo o recupero di materie prime; acquisto di suolo nel limite del 10% dell’investimento ammissibile; opere murarie e assimilate nel limite del 40 % ; impianti e attrezzature; programmi informatici, brevetti ; formazione professionale connessa al progetto. Il concetto di economia circolare si estenderà ? È da vedere. A parte la dotazione un pò esigua del decreto, per il resto del percorso che l’industria italiana deve fare, stavolta “pensiamo positivo”.