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Indignados, non sbagliate bersaglio!

Oggi a Roma e nel mondo le strade saranno invase da migliaia di giovani in protesta: le loro aspirazioni sono legittime, ma è fondamentale non inseguire falsi miti demonizzando le banche – Bisogna ridurre l’intermediazione politica di tutte le risorse, che porta ad un ampliamento delle clientele e non allo sviluppo.

Indignados, non sbagliate bersaglio!

Cari giovani indignati, non sbagliate il bersaglio della vostra giusta protesta! Oggi Roma, così come altre grandi città europee ed americane, sarà invasa da studenti, giovani disoccupati e purtroppo anche da professionisti della guerriglia di piazza e da provocatori di varie razze. Eventuali disordini non possono che danneggiare le legittime aspirazioni dei tanti giovani che stanno pagando un prezzo alto alla crisi, ma che per la verità stanno soffrendo precariato e marginalizzazione da oltre un decennio.

Il guaio è che la rabbia dei giovani si sta indirizzando verso gli obiettivi sbagliati e le ricette che vengono proposte, suggerite da tanti cattivi maestri, non solo non ci faranno uscire dalla crisi, ma anzi conducono verso una catastrofe il cui costo sarà pagato da tutti, giovani in primo luogo. Per evitare un esito così disastroso, i giovani devono approfondire le ragioni che sono all’origine della crisi e quali sono le modalità giuste per uscirne. Accusare la Banca d’Italia o la finanza in generale colpisce solo uno degli anelli della catena di errori che hanno portato all’esplosione della bolla speculativa, e forse nemmeno il più importante.

Dire poi che la via di uscita consiste nel non ripagare il debito, nel programmare un default pilotato dell’Italia, significa pianificare un crollo del reddito dell’intero paese, far saltare l’euro e ritornare a quell’autarchia già sperimentata negli anni ’30 del secolo scorso, che porta solo stagnazione e povertà. I giovani che partecipano a tante trasmissioni televisive o radiofoniche, ripetono concetti dei falsi profeti come Guido Viale o Gad Lerner secondo i quali sono le banche le vere colpevoli per aver prestato troppo denaro alla Grecia o a quelli che volevano comprare casa negli Stati Uniti. Se gli Stati non pagassero i loro debiti sarebbero quindi le banche a rimetterci, senza considerare che i titoli del debito pubblico sono posseduti da tanti cittadini che vedrebbero quindi i loro risparmi andare in fumo!

E poi se non si pagassero i debiti o gli interessi, secondo Viale, ci sarebbero denari a sufficienza per sostenere il Welfare, cioè le pensioni, o per concedere il salario di cittadinanza come chiedono tanti giovani. Ma nella realtà avverrebbe esattamente il contrario non potendo più accedere al mercato finanziario, perché nessuno sarebbe disposto a comprare i titoli dello Stato che non ha mantenuto i suoi obblighi di onorare i debiti esistenti, bisognerebbe riportare immediatamente in pareggio il bilancio pubblico e quindi operare nuovi tagli alla spesa sociale ed in genere a tutte le spese statali, provocando peraltro una recessione di grandi dimensioni (la banca svizzera UBS stima una caduta del PIL del 25%).

Nella realtà sono i governi dei vari paesi occidentali che si sono indebitati oltre i limiti della prudenza per soddisfare le più svariate richieste dei loro concittadini, pensioni, sanità, scuola, ma anche regali alle imprese, esigenze varie delle sempre più fameliche clientele. Le banche sono colpevoli per aver inventato sempre nuove tecniche per tenere in piedi la trottola. Ma molti se ne rendevano ben conto, solo che non avevano la forza di uscire dalla festa. “Sappiamo bene che si sta esagerando,ma finché la musica suona siamo costretti a ballare”, dichiarò sinceramente nel lontano 2006 il potente presidente di Citibank, la più grande banca del mondo. Il problema vero, quindi, sono i governi, che sulla spinta di richieste sempre più pressanti da parte dei propri cittadini organizzati in gruppi di pressione, hanno allargato i cordoni della borsa, creando nel contempo un apparato pubblico sempre più esteso, burocratico e invasivo nella vita delle persone.

E questo era anche nell’interesse del ceto politico, che piazzava i propri uomini in tutti i gangli della economia del Paese. Alla fine ai cittadini sono rimaste le briciole di pensioni sempre più misere e di servizi di qualità sempre più scadente, mentre la grande casta dei politici e dei loro vassalli si ritagliava una fetta sempre più grande della ricchezza di un paese. E’ quindi illusoria la richiesta di tanti giovani di avere dallo Stato più protezione, la sicurezza di un posto di lavoro, una casa ed una pensione dignitose. Non si può affidare a Dracula la banca del sangue! Come ha detto una studentessa cinese della Bocconi alla trasmissione di Lerner lunedì scorso, la via di uscita dalla crisi è solo quella di studiare di più, di capire il mondo magari per cambiarlo in meglio, di lavorare di più per ricostruire quella ricchezza che negli ultimi anni abbiano sperperato per pagare troppi parassiti.

Il Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, accusato dagli studenti per la lettera firmata questa estate insieme al presidente della Bce perché sottrarrebbe sovranità al nostro Governo, ha ripetuto l’altro ieri che uscire da questa crisi è possibile, a patto che i nostri politici sappiano rompere il circolo vizioso dei grandi o piccoli privilegi acquisiti da gruppi sociali organizzati e dalla stessa Casta, che impediscono di indirizzare gli sforzi individuali e le risorse finanziarie verso l’innovazione e la crescita. Come ha detto una studentessa tunisina spiegando l’inizio della primavera araba, “ad un certo punto ci siamo accorti che la cricca politica intorno al presidente, si stava letteralmente mangiando il Paese.

“Ecco quindi che l’indignazione va indirizzata verso i giusti obiettivi: gli studenti dovrebbero chiedere la fine dei troppi privilegi e delle tante protezioni che molti gruppi sociali hanno ottenuto, nonché bisogna operare contro l’eccessiva dilatazione dello Stato e degli enti locali nell’economia fonte di sprechi e di altri privilegi. Bisogna chiedere un mercato ben regolato, e non un ampliamento della sfera pubblica. Bisogna ridurre l’intermediazione politica di tutte le risorse che porta ad un ampliamento delle clientele e non allo sviluppo. Bisogna essere contro la visione espressa ad esempio dall’on. Napoli, secondo il quale il prossimo decreto sviluppo deve contenere risorse da poter utilizzare per aiutare piccole imprese ed artigiani. Questo è un ennesimo inganno.

Qualche mancia distribuita a pioggia agli amici degli amici,non farà sviluppo,ma anzi indebiterà ancora più il Paese proseguendo sulla strada del declino. Infine non bisogna essere disperati, ma ambiziosi ed ottimisti. Non bisogna chiedere di diventare una delle tante corporazioni protette, ma di liberare l’Italia dalle troppe manimorte che ne soffocano le potenzialità. Uscire da questa crisi non sarà così difficile a patto che individuiamo i veri nemici da battere e non disperdiamo energie e risorse inseguendo falsi miti.

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