L’effetto contagio si espande in Asia. Dopo la Cina, la cui espansione non supererà il 9% quest’anno, anche il premier indiano, Manmohan Singh, ha dichiarato che l’economia del suo Paese crescerà nel 2012 del 7%, e non del 7,5% come stimato la scorsa settimana dal Ministro dell’Economia, Pranab Mukherjee. Erano state ancor più ottimiste le previsioni della Banca centrale, la Reserve Bank of India, che per l’anno prossimo stimava un aumento del Pil pari al 7,6%.
Questi dati sono il segnale di un rallentamento globale dell’economia rispetto al 2011. Lo scorso anno infatti l’India era cresciuta dell’8,5%.
Ma il premier Singh ritiene che le cause della frenata siano principalmente interne al Paese: l’attuale paralisi politica dell’India, con gli scandali di corruzione che hanno dilagato nella classe dirigente e la conseguente diminuzione dei consensi verso il governo; l‘inflazione che continua a crescere, a novembre 2011 segnava il 9,11%, a causa soprattutto dell’aumento dei prezzi dei beni primari; il pessimo andamento del Bombay Stock Exchange, tra i peggiori indici dei mercati finanziari globali ha perso in un anno più del 20%; infine la rupia che continua a svalutarsi, raggiungendo verso la fine dello scorso anno i minimi con il dollaro, valuta ritenuta più sicura in un periodo di incertezza globale come quello cui stiamo assistendo.