E’ stata peggiore delle attese la frenata dell’economia dell’India nel 2011. I dati che il governo di Nuova Delhi ha reso noto oggi hanno mostrato un’India troppo rilassata. L’economia indiana è cresciuta solamente del 6,5% nell’anno fiscale che si è chiuso il 31 marzo, contro l’8,4% dello scorso anno. I settori, che hanno mostrato le peggiori performance, sono stati la manifattura, le miniere e l’agricoltura. Non rassicurano le previsioni per il futuro. Infatti nei primi mesi del 2012 il Pil dell’India è aumentato del 5,3%, il tasso più basso degli ultimi 9 anni e contro il 9,2% dello stesso periodo del 2011. La Banca centrale si aspettava una frenata (+7%) a causa della contrazione degli investimenti del settore privato e della crisi del debito europea, ma i numeri sono stati decisamente peggiori delle attese. La settimana scorsa le principali banche d’affari americane hanno rivisto al ribasso le stime del Pil per il 2013, ma comunque prevedono una crescita sopra il 6%.
I problemi dell’India non finiscono qui. La rupia ha toccato il minimo degli ultimi sei mesi e continua a essere debole nonostante le diverse misure messe in atto dalla Banca centrale per rafforzarla. Il deficit fiscale è lievitato al 5,7% e il deficit delle partite correnti è al 4% del Pil. L’ultima nota dolente è l’inflazione che si aggira intorno al 7% a causa degli elevati prezzi dei carburanti e gli alti costi dei sussidi al cibo e ai fertilizzanti. Dati questi numeri è evidente come sia la politica fiscale sia quella monetaria hanno poco spazio per stimolare la crescita.
Ma il vero male dell’India è la politica, la lentezza della burocrazia, la corruzione divagante e l’incertezza sul regime fiscale. Il brusco calo degli investimenti diretti esteri (Ide) nel Paese, sembra infatti dovuto proprio a questo. Dopo l’ondata di scandali che si è riversata sulla principale coalizione del governo, il Parlamento indiano è in uno stato di paralisi. Le riforme chiave per incentivare gli investimenti esteri (permettere agli stranieri di introdursi nel mercato retail e facilitare le norme sull’acquisto della terra per sviluppare progetti di infrastrutture) sono rimaste bloccate.
Infatti, le industrie che non hanno bisogno di licenze o concessioni statali, come quelle farmaceutice, informatiche e tecnologiche o di beni di consumo contiuano a prosperare. La vertigine di sfiducia sta crescendo invece in tutti i settori legati al Governo (miniere, costruzione e manifatturiero), dove l’India ha un disperato bisogno di investire per stimolare la crescita. Nell’ultimo anno lo stock di Investimenti diretti esteri (Ide) ha totalizzato solo 16 miliardi di dollari, la metà rispetto ai 30 miliardi del 2010/2011. E la tendenza non sembra invertirsi, anche perché fino al 2014 non è previsto alcun ricambio ai vertici della maggiore democrazia d’Oriente.