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Indagine Mediobanca sui “Dati cumulativi” di 2.032 società italiane: crescita sì ma all’estero

L’indagine Mediobanca sui “Dati cumulativi” 2011 di oltre 2mila società industriali e di servizi italiane, di media e grande dimensione, rivela che il fatturato dei maggiori gruppi è cresciuto del 21% ma con una flessione del 3% in Italia – Peggiorano margini, utili, occupazione, debiti – Export e attività estere non bastano a riportare ai livelli pre-crisi

Indagine Mediobanca sui “Dati cumulativi” di 2.032 società italiane: crescita sì ma all’estero

L’indagine di Mediobanca “Dati cumulativi” riguarda le sole attività industriali italiane, al fine di valutare le ricadute domestiche di attività che presentano una sempre più rilevante quota (produttiva, reddituale e occupazionale) che si realizza all’estero con benefici che sono al di fuori del nostro Paese. Nel 2011 i maggiori gruppi manifatturieri italiani con organizzazione multinazionale hanno realizzato il 20% del proprio fatturato in Italia; l’80% estero si è suddiviso in esportazioni (23%) e “estero su estero” (57%). Rispetto al 2011 il fatturato complessivo è cresciuto del 21%, media tra la flessione del 3% del mercato domestico e la crescita del 29% della quota estera; le esportazioni sono cresciute del 10%, l’estero su estero del 38%.

In sintesi:

a. L’industria ha segnato nel 2011 un’ulteriore ripresa del fatturato pari all’9,2% sul 2010; essa si aggiunge a quella del 7,9% del 2010, ma non è sufficiente a raggiungere, seppure di poco, il livello pre-crisi del 2008 (-1,1%), a causa della forte flessione del 2009 (-16,1%).

b. Le esportazioni si sono mosse nel 2011 a velocità più che tripla rispetto alle vendite domestiche (+18,3% contro +5,5%). Rispetto al 2008 il fatturato domestico è inferiore del 4,7%, l’export è superiore del 7,6%.

c. Per il quarto anno consecutivo l’occupazione è calata (-0,2% nel 2011), anche se in misura inferiore al 2010 quando aveva perduto l’1,6% e soprattutto al 2009 (-2,7%). Rispetto al 2007, la riduzione degli organici ha raggiunto le 68mila unità pari a una caduta del 4,9%. Toccati più duramente la manifattura (-5,5%) del terziario (-3,1%) e il settore pubblico (-8,6%) del privato (-4,1%). Gli investimenti a valori correnti flettono del 5,3% nel 2011 e la caduta sul 2007 è del 20,2%.

d. La ripresa dei volumi nel 2011 non si accompagna a quella dei margini industriali (Mon) che: a)calano nel 2011 (-4,5%); b) restano assai più lontani che non il fatturato dal massimo pre-crisi del 2007 (-25,6%). Il risultato corrente si è ridotto del 15,6% sul 2010 e del 24,6% sul 2007. In rapporto al fatturato esso è pari al 5,8%, il minimo del decennio. Il risultato netto è crollato del 65,1% tra 2010 e 2011, a causa dei pesanti oneri non ricorrenti, toccando il secondo valore più basso del decennio, dopo il minimo del 2002. Il cash-flow complessivo è caduto nel 2011 del 4,2% sul 2010 ed è inferiore del 12,2% a quello del 2007.

e. A livello settoriale, nell’ultimo anno è cresciuto il fatturato dei settori che hanno beneficiato degli aumenti dei prezzi delle commodities di riferimento (metallurgia +20,2%; energetico +17,6%) e di quelli che hanno agganciato la domanda estera (gomma e cavi +20,2% con export in crescita del 23,5%; pelli e cuoio +14% con export +20,5%; caseario +10,5% con export +18,6%); pochi i settori in flessione nell’ultimo anno: elettrodomestici (-3,4%), stampa editoria (-1,7%), farmaceutico ecosmetico (-0,7%). La manifattura nel suo insieme ha sviluppato le vendite del 7% (+4,9% in Italia, +9,9% all’export) con dinamiche esportative particolarmente positive per il IV capitalismo (imprese medio-grandi +13,6%; medie imprese +11,8%). Il made in Italy ha fatto peggio della manifattura (vendite +6,1%; export: +8%). Nel terziario crescono i trasporti (+5,7% per la ripresa degli scambi con l’estero e la dinamica tariffaria), i servizi pubblici (+4,3% per effetto delle tariffe) e la distribuzione (+2,3% grazie all’aumento dei prezzi e all’apertura di nuovi punti vendita, in presenza di quantità stagnanti).

f. Nel 2011 il valore della produzione manifatturiera per addetto (produttività apparente) è cresciuta di appena lo 0,7%, combinazione della caduta della produttività del lavoro (-2,6%) e della crescita dei prezzi (+3,4%). Il costo del lavoro per addetto è aumentato del 3,8%, producendo una perdita di competitività pari a 3,1 punti. Essa è maturata in un contesto di calo occupazionale (-0,5% sul 2010). Rispetto al 2007 vi è stata una caduta di produttività (-9,6%) non compensata dalla dinamica dei prezzi (+4,5%) e il valore del prodotto pro-capite ha ceduto il 5,7%. Tenuto conto del concomitante aumento del costo del lavoro (+7,8%), la perdita di competitività ha raggiunto i 12,5 punti.

g. Dal 2003 le retribuzioni lorde pro capite a carico delle imprese sono aumentate del 19,5%, pari al 2,3% medio annuo nominale (0,3% reale, ossia al netto dell’inflazione); le retribuzioni del settore pubblico sono cresciute del 25,7%, pari al 2,9% medio annuo nominale (0,7% reale), quelle private del 18,9%, pari al 2,2% medio annuo (0,2% reale). Le retribuzioni delle imprese pubbliche sono del 17% superiori a quelle del privato.

h. Nel 2011 il costo del debito è salito dal 5,6% al 6%; i tassi sui BTP decennali sono passati dal 3,4% al 4,9%; il rendimento netto del capitale (roi) realizzato dalle imprese italiane (5,8%) è risultato insufficiente a remunerare il capitale proprio e di terzi (debito) impiegato nell’industria, il cui costo medio ponderato è stato pari al 7,2%; vi è stata una conseguente “distruzione” di ricchezza pari a 1,4 punti. I gruppi maggiori ne sono i principali responsabili, segnando un gap nel 2011 pari a 5,2 punti; meglio il IV capitalismo, pure in negativo ma in misura assai più contenuta (medie imprese: -1,2; medio-grandi: -1,4). La distruzione di valore ha risparmiato le sole imprese a controllo estero, grazie alla elevata redditività del capitale (roi 2011 al 12,2% contro il 4,7% medio della manifattura). Anche il roe è stato nel 2011 inferiore al rendimento netto degli impieghi finanziari in BTP, segnando un differenziale negativo di 1,5 punti. Si salvano il made in Italy (+6 punti) e il IV Capitalismo (medie imprese: +1,4 punti).

i. La struttura finanziaria si è indebolita nel 2011: il rapporto tra debiti totali e mezzi propri è cresciuto dal 170% al 181,6%; il debito finanziario è cresciuto dal 95,2% al 99,1% dei mezzi propri; la quota erogata dalle banche dal 34,6% al 36,9%. Il deterioramento della struttura finanziaria è dipeso dall’aumento del debito finanziario nel 2011 (+5,8 miliardi) e dalla concomitante riduzione dei mezzi propri calati nello stesso anno di 7 miliardi (-2%). Sono venute meno in parte le operazioni di ricapitalizazione: gli aumenti di capitale sono caduti nel 2011 del 44% (-3,2 miliardi), crollando nel comparto pubblico (-68%, -1,7 miliardi) e cedendo in modo significativo anche nel privato (-31,5%, pari a -1,5 miliardi). Le sole società a controllo estero sono responsabili di minori apporti di mezzi propri per 2,2 miliardi (-75% sul 2010). Le medie imprese segnano il rapporto tra debito complessivo e mezzi propri più elevato, facendo ampio ricorso – come noto – a debito di funzionamento (non finanziario), ma hanno un’incidenza relativamente contenuta della componente finanziaria (91,7% dei mezzi propri), quasi interamente rappresentata da debito bancario. Le medie imprese hanno inoltre accresciuto tra 2010 e 2011 la propria dotazione patrimoniale (+2,6%), avendo aumentato gli aumenti di capitale a pagamento (+22%).

j. E’ nuovamente aumentato il credito bancario nel 2011 (+4,6 miliardi) che ha coperto circa l’80% del maggior debito finanziario contratto (+5,8 miliardi). Nel 2011 le imprese pubbliche hanno aumentato il debito finanziario per 6,9 miliardi, quelle private lo hanno contratto per 1,1 miliardi. La crescita del debito finanziario ha interessato le attività industriali (+9 miliardi), mentre il terziario ha ridotto la propria esposizione (-3,2 miliardi). Nell’ultimo triennio vi è stata un’importante contrazione del debito bancario a medio lungo termine (-18,3 mld.) ed un’espansione di quello a breve (+6,8 miliardi), con conseguente riduzione dei finanziamenti bancari per circa 11,5 miliardi. Considerando che nello stesso triennio i debiti finanziari complessivi sono aumentati di 6 miliardi, le imprese hanno fatto ricorso a maggiore debito non bancario per 17,5 miliardi, reperiti per 13 miliardi con obbligazioni e per 4,5 attraverso finanziamenti intercompany (essenzialmente a breve). Dal 2002 il debito bancario si è ridotto sul totale dal 50,8% al 37,2%. Le disponibilità liquide calano di 3,4 miliardi per l’uso fattone dal settore privato (5,7 miliardi) a fronte dell’aumento segnato dal settore pubblico (2,3 miliardi), attestandosi al 12,2% del debito finanziario (13,6% nel 2010).

k. Il rapporto tra debito finanziario a breve e cash-flow aumenta tra 2010 e 2011 da 1,8x a 2,2x. Resta stabile e su livelli più contenuti nel pubblico (1,1x), passa da 2,2x a 2,8x nel privato. Gli oneri finanziari hanno assorbito nel 2011 il 54% del margine industriale dal 48% del 2010.

l. Gli investimenti a prezzi costanti ristagnano dal 2009 su livelli inferiori del 25% a quelli di inizio decennio. Nel terziario la caduta è superiore al 40%. Meglio le medie imprese, sotto del 15% sui livelli di inizio decennio.

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