Aumentano le famiglie che riescono a risparmiare ma il ceto medio si contrae. E’ la fotografia scattata dall’indagine del centro Einaudi e Intesa Sanpaolo sul “Risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2015” e presentato ieri a Torino dagli uffici del nuovo grattacielo della banca.
A partire dal 2000 si è verificata una progressiva erosione del numero di famiglie che riescono a risparmiare. L’anno peggiore è stato il 2012 e da allora si è iniziata una lenta risalita con un’accelerazione evidente in questi mesi del 2015. Tra il 2012 e il 2015 i risparmiatori sono saliti dal 38,6 per cento al 43,7%, con un progresso, fa notare lo studio, del 5%, di cui ben tre punti percentuali sono legati ai primi mesi del 2015.
Si conferma però l’assottigliamento della classe media: nel 2015 le famiglie italiane che appartengono alla classe media sono il 38,5% del totale, “in caduta rispetto al 57,1% rilevato nel campione del 2007″, prima dello scoppio della crisi. Da allora sono usciti da questa classe 7 milioni di italiani (3 milioni di famiglie) che “hanno perso durante la crisi del 2007-2014 l’ancoraggio economico che li legava alla classe media”. La crisi non ha quindi solamente bloccato l’ascensore sociale, ma ne ha provocato una discesa: “Per la prima volta nella storia dell’Italia post-bellica una generazione di ceto medio dichiara di aver fatto un passo indietro rispetto ai propri genitori”.
CLASSE MEDIA, MEGLIO I FIGLI DELLA CASA. GROS-PIETRO: RIVEDERE IMPOSTE SU CASA
Nella classe media il risparmio è guidato soprattutto dalla preoccupazione per i figli e meno dal’acquisto della casa, un tempo tra le priorità. “A seguito della crisi si osserva una drastica riduzione di chi ritiene l’immobile l’investimento migliore o più sicuro”, rileva la ricerca che rileva come i risparmiatori sembrano aver acquisito una maggior consapevolezza dei rischi che caratterizzano anche gli investimenti immobiliari. In ogni caso siamo ancora un Paese cash poor – house rich: la quota di famiglie che occupano una casa di proprietà cresce da circa il 76 per cento del 2000 a circa il 79 per cento del 2015.
Si è così sbilanciato, a titolo personale, Gian Maria Gros Pietro, il presidente del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo: “E’ apparso in un certo momento che le imposte sulla casa potessero essere aumentate senza conseguenze. Le conseguenze invece le abbiamo viste e per questo l’idea di rivedere e rimodellare le imposte sulla casa che colpiscono una così grande fetta di italiani e soprattutto di ceto medio è un’idea che mi sembra politicamente corretta”.
Per Gros-Pietro lo studio rappresenta “la certificazione del momento di svolta che stiamo vivendo. Le aspettative migliorano e anche se il reddito ha continuato leggermente a peggiorare i dati ci dimostrano che quelle aspettative erano fondate. La crisi è veramente finita e si ricomincia a pensare in modo virtuoso”. La capacità di risparmio degli italiani, ha proseguito, “è stata indebolita e messa a dura prova dalla caduta del reddito disponibile, ma il dato è nuovamente in ascesa. Le famiglie italiane hanno risparmi per circa 10 trilioni, vale a dire sei volte il loro reddito. L’Italia nuovamente risparmia più della media europea, è un ritorno alle virtù che hanno fatto crescere questo paese”. “Il ceto medio – ha concluso – è il fondamento della democrazia così come la si concepisce in Occidente, un sistema entro cui funzionano gli ascensori sociali che consentono alle forze vive di emergere senza drammi. Altrimenti le forze vive si rifugiano o nel populismo o nell’estremismo, rischi che vediamo emergere in molte zone del mondo e del Mediterraneo”.
TURNAROUND AVVIATO. CRESCONO GLI INVESTITORI IN RISPARMIO GESTITO
Per il capo economista di Intesa Sanpaolo, Gregorio De Felice “il 2015 e il 2016 hanno condizioni estremamente favorevoli per un turnaround considerevole dell’economia”. E’ necessario, naturalmente, che il governo prosegua nella strada delle riforme e che si faccia tutto il possibile per consolidare la ripresa. “E’ molto importante – detto De Felice – il ruolo della stabilità, anche delle istituzioni europee. Bisogna ricreare un senso di appartenenza all’Europa, così da migliorare le prospettive e permettere alle famiglie di destinare ai consumi parte della ricchezza che oggi si riesce a destinare nuovamente al risparmio”.
A fronte di queste dinamiche il risparmio gestito negli ultimi due anni ha attirato sempre più investitori: la percentuale è passata dal 9% al 12%. più giovani e più interessati ai rendimenti di medio-lungo termine si stanno guardando intorno per diversificare. In generale, cresce l’attenzione ai rendimenti di lungo periodo mentre la liquidità, considerata al primo posto da circa un terzo dei risparmiatori fino al 2011, viene ora valutata prioritaria solo dal 13 per cento. Il 66 per cento dei risparmiatori si dichiara poco incline a rischiare e il 43,9 per cento del campione si posiziona nella fascia in assoluto più bassa della propensione al rischio. La fascia più propensa al rischio raccoglie meno del 7 per cento dei risparmiatori; i valori sono più o meno in linea con quelli storici e rappresentano un segno di normalizzazione rispetto agli atteggiamenti che avevano caratterizzato il pieno della crisi.
Alla ricerca della sicurezza è normalmente associato l’investimento in obbligazioni, anche a discapito del rendimento. La percezione della sicurezza delle obbligazioni, fortemente calata nel periodo della crisi dei debiti sovrani (2012), ha ripreso a salire dal 2014, tendenza confermata nel 2015: il 29 per cento del campione valuta l’investimento obbligazionario completamente sicuro, contro poco meno del 18 per cento nel 2012.