Su cosa litigano Salvini e Di Maio quando parlano di rifiuti e di termovalorizzatori ? Non ricordano che a marzo 2009 Silvio Berlusconi premier, inaugurando quello di Acerra, rivendicò la presenza dello Stato? “Lo Stato è ritornato a fare lo Stato”, disse, e pigiò il pulsante che mise in moto un impianto costato 750 milioni di euro. Nove anni dopo, Di Maio ha ricordato che la Campania è la sua terra e che dice no a nuovi inceneritori. Il contrario di quello che vorrebbe il suo alleato Salvini. Tutti insieme partecipano al Consiglio dei Ministri nella Regione più difficile in assoluto. E come accadde con Berlusconi, dovranno spiegare agli italiani se lo Stato c’è o no, nel caso di un’altra crisi della spazzatura.
La raccolta differenziata e il riciclo dei rifiuti sono obiettivi noti, ma finché non si arriva ad un serio modello di economia circolare, ad un progetto di gestione industriale, bisogna tenere insieme più strutture: termovalorizzatori, impianti di recupero, centri di raccolta. Gli effetti della convivenza nelle società avanzate possono assumere valore civile e industriale solo se c’è una strategia chiara di dove si vuole andare. È l’economia circolare. L’Europa l’ha indicata da tempo e guarda al 2030 con una serie di obiettivi. Per questo forse è arrivato il momento di riconoscere che l’Italia non ha ancora intrapreso la strada giusta e partecipata per non restare in coda.
Mercoledi prossino 21 novembre sarà presentato a Roma il rapporto 2018 Wast Strategy dell’Agenzia Althesys. Le anticipazioni circolate in questi giorni, senza che né Salvini né Di Maio se ne curassero, dicono proprio della permanenza di un forte deficit strutturale italiano nella gestione dei rifiuti. Una volta si puntava il dito contro Napoli e la Campania, ma da tempo non è più così. Ci sono qua e là punte di qualità, ma nessun Ministro o Governatore può dire di essere a posto. Il Sud, continua a pagare prezzi pesantissimi, perché si recupera poco. Molto sotto le soglie indicate dall’Ue, il che costa multe e procedure di infrazione. Ovunque a Nord e Sud ci sono discariche, ampiamente fuori legge, causa di una multa di oltre 200 milioni di euro con sentenza della Corte di Giustizia europea. Anche il governatore della Campania De Luca dice di non volere nuovi inceneritori, ma nonostante l’impianto di Acerra, la sua Regione non è estranea all’origine delle multe e al deficit di raccolta differenziata.
Per non scoppiare di nuovo – dice l’ex Ministro dell’Ambiente, Corrado Clini – la Campania paga 200 euro a tonnellata per i rifiuti che vengono trasportati nei termovalorizzatori di Olanda, Portogallo e Spagna. Lì sanno come sfruttare tutto ciò che arriva e producono e vendono energia elettrica. Quella capacità che da noi non si vede. Per non fare torto alla sola Campania, ricordiamo che anche Roma – governata dai Cinque Stelle – non ha impianti in grado di smaltire ciò che produce. Il progetto di portare i rifiuti lontani dal Lazio non è decollato e nessuno osa dire che la città è pulita. I Cinque Stelle puntano sulla raccolta differenziata, ma i target sono bassi e la lotta contro i termovalorizzatori o il conferimento dei rifiuti in simili impianti rischia di diventare uno sconvolgente boomerang.
Quel no a nuovi impianti, dunque, non lascia tranquilli. Le crisi dei rifiuti sono cicliche. Mediamente da noi finiscono ancora in discarica 120 chili di spazzatura prodotta per abitante. La Germania ne ricicla e recupera due terzi dei 600 prodotti per abitante. Un gap strutturale ed economico enorme al confronto solo tra due Paesi. Sparsi per l’Europa ci sono, tuttavia, 350 tra termovalorizzatori e inceneritori che complessivamente trattano il 30% dei rifiuti prodotti. L’Italia oggi non è nelle condizioni di competere con Finlandia, Svezia, Austria, Lussemburgo, Danimarca. È evidente che non ha una strategia di medio termine che la faccia salire nelle graduatorie e collegare la gestione dei rifiuti a produzione e usi di energia. Ricchezza per il Paese.