Dal lato della domanda, nel 2015 si è registrato un crollo sia di consumi privati (-9,5%) che degli investimenti (-7,8%), mentre il commercio estero ha dato un contributo positivo al PIL grazie alla crescita dei volumi esportati ( +3,7%) a fronte del crollo delle importazioni (-25,7%). Dal lato dell’offerta, si evidenzia una sostanziale contrazione di alcuni servizi come vendita (-8,9%), accoglienza (-5,7%), costruzioni (-7,3%) e produzione manifatturiera (-3,1%), mentre produzione agricola (+3%) e mineraria (+1,1%) hanno continuato a crescere.
Il settore agricolo ha beneficiato delle sanzioni contro i prodotti agricoli provenienti dai mercati occidentali, mentre la produzione mineraria ha beneficiato di una crescita dell’estrazione di petrolio e di alcuni metalli. Il deficit pubblico è salito al 2,6% del PIL nel 2015, dallo 0,5% dell’anno precedente. La quota delle entrate dipendente dalla vendita di idrocarburi è scesa al 43% dal 51% nel 2014. A fine maggio la Russia ha comunque raccolto 1,75 miliardi di dollari con un Eurobond decennale; l’emissione è stata sottoscritta per il 75% da investitori esteri ma con un rendimento del 4.75%, circa 100pb al di sopra di emissioni di Paesi di pari rating come Ungheria e Indonesia.
Negli ultimi mesi l’economia ha beneficiato della progressiva stabilizzazione del quadro finanziario, della frenata dell’inflazione (a 7,5% dal 12,9% di fine 2015), delle migliori condizioni di liquidità e della flessibilità valutaria che ha permesso di contenere gli effetti sui conti pubblici del calo delle entrate da idrocarburi. Inoltre, il recupero del prezzo degli idrocarburi (oltre il 40% dai minimi dello scorso gennaio), oltre aver allentato la pressione sui conti pubblici, ha favorito il ri-apprezzamento del rublo con effetti positivi su inflazione, potere di acquisto e fiducia.
Tuttavia, nonostante questi segnali di recupero, diversi fattori negativi sia di natura congiunturale che strutturale continuano a esercitare un freno sull’attività economica e sulla domanda. Il crollo (-40%) del reddito pro capite in dollari visto negli ultimi due anni è destinato ad avere effetti depressivi sulla spesa per molto tempo ancora: le incerte prospettive dell’economia, dei mercati delle materie e i difficili rapporti con i Paesi occidentali hanno un impatto negativo sulla fiducia degli investitori e frenano gli investimenti sia domestici che diretti esteri. Particolarmente penalizzati risultano essere gli investimenti nello sfruttamento delle risorse naturali, nelle infrastrutture e nella modernizzazione del settore manifatturiero. Ecco allora che, come riportato dal FMI, il PIL russo è previsto registrare una nuova contrazione nel corso di quest’anno (-1,8%) e tornare su un sentiero di crescita seppur modesto solo nel 2017 (+0,8%).
Il surplus commerciale si è contratto da 189,7 mld a 148,5 mld. Allo stesso tempo, il calo dei prezzi delle materie prime esportate ha più che compensato il crollo delle importazioni (-37%), dovuto sia alla sostituzione di merci importate con merci domestiche sia alla diminuzione della domanda interna, soprattutto per beni di consumo durevole e di investimento. Nei primi cinque mesi del 2016 il surplus della Bilancia Corrente è passato da 43,9 mld a 17,8 mld a causa principalmente del recupero delle importazioni a fronte di una ulteriore contrazione dei valori esportati. Il rublo, che a metà gennaio aveva toccato un nuovo massimo verso il dollaro (oltre gli 80 RUB:1 USD) negli ultimi mesi ha messo a segno un significativo recupero, portandosi a 64 RUB:1 USD a fine giugno, sulla scia del rialzo del prezzo del petrolio.
La gestione della politica monetaria attenta a favorire il rientro delle pressioni inflazionistiche piuttosto che a sostenere la crescita, la flessibilità valutari che ha accresciuto il grado di libertà della politica economica e la ripresa del prezzo del petrolio hanno favorito la progressiva stabilizzazione del quadro finanziario domestico. Si è così assistito ad un recupero della valuta, alla ripresa di un processo di accumulo di riserve e ad un rallentamento nella fuoriuscita di capitali. Tanto che il CDS spread, dai 400pb di fine gennaio si è portato sotto i 250pb a fine giugno e il mercato azionario russo nella prima metà del 2016 è stato il top performer nell’Europa Orientale.