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In ricordo del professor Marcello De Cecco

Indimenticabile e affascinante il suo acume intellettuale ma anche la sua umanità e il suo anticonformismo – Passione civile e amore per l’Italia – Fulminante una sua battuta sui giovani marxisti immaginari : “Ma che aspettate a lasciare in pace quel vecchio?” – Quella volta che incontrò Pertini in vista al Monte dei Paschi

In ricordo del professor Marcello De Cecco

È scomparso in settimana Marcello De Cecco, economista, professore, opinionista di fama internazionale.Ne voglio brevemente ricordare la figura di professore poco più che trentenne all’Universita’ di Siena, quale relatore della mia tesi di laurea nel lontano 1973. Argomento: teoria dei salari, excursus critico dal pensiero degli economisti classici ai fondamenti analitici della politica dei redditi, allora al centro di ogni dibattito sulla distribuzione del reddito e sul costo del lavoro. Era infatti da poco uscito un suo articolo sull’applicazione della teoria ricardiana al mercato del lavoro, che, diversamente dai suoi studi prediletti di economia monetaria, lo vedeva interessato ad analizzare su quel fronte le peculiarità della situazione italiana. Il suo rigore si manifestò subito, imponendomi la lettura in versione originale inglese di due opere di particolare complessità quali The theory of wages di J.R.Hicks e The theory of unemployment di A.C.Pigou, prima di affrontare la Teoria generale di J.M.Keynes. Quando, dopo molti mesi, gli portai da leggere le mie faticose conclusioni, mi disse che gli ricordavano gli spezzoni attribuiti ai poeti frammentari dell’antica Grecia. In altre parole, che non ci si capiva molto e che mancavano importanti collegamenti. Mi aiutò a rimettere insieme il tutto. Capì e premiò il mio sforzo, facendomi avere, dopo la laurea, una prestigiosa borsa di studio all’estero.Dopo molti anni mi mise in imbarazzo presentandomi ad un altro professore come l’estensore dellamigliore tesi seguita nel corso della sua carriera accademica. Ricordo le sue fulminanti battute discutendo di argomenti allora in voga, sull’onda lunga del Sessantotto, come le teorie economiche di Marx. ‘Ma che aspettate, ci disse una volta, a lasciare in pace quel vecchio?” O quando in un convegno apostrofò il relatore che, precedendolo, aveva sottolineato il poco peso del nostro paese nel contesto economico mondiale : “Il professore, iniziò, viene dalla Svizzera e chiama l’Italia un piccolo paese”. Venne giù il teatro dagli applausi. Aveva un grande amore per la sua terra e soffriva nel vedere le italiche piaghe. In jeans e scarpe da tennis entrava, quale consigliere, alle riunioni della deputazione del Monte dei Paschi. Per anticonformismo, in linea con la sua autonomia intellettuale, non per mancanza di rispetto. Quandovenne Pertini in visita alla banca senese, mi disse che era stato l’unico degli esponenti a portare con sè e a presentargli la moglie, cosa del tutto naturale nei contesti istituzionali internazionali.Era orgoglioso della carica che aveva nel board dell’Italian International Bank, allora partecipata estera dell’Istituto senese, che gli consentiva di seguire le operazioni di finanza internazionale sul mercato di Londra, coniugando conoscenze teoriche e prassi operative. Si rammaricò quando, per qualche alchimia politica, fu sostituito da persona di ben minore caratura. Ricordo il suo sorriso, quasi un singulto ripetuto, ironico e divertito di fronte a qualche aneddoto che dava ragione alle sue riflessioni e alla sua illimitata curiosità. E la sua faccia larga e simpatica e i baffoni scuri, che, ad un certo punto, comparvero sul suo volto, eliminando qualsiasi espressione di severità.Nei primi anni della mia carriera professionale ho continuato a rivolgermi ai suoi consigli. Andavo periodicamente a fargli visita per una chiacchierata di un paio d’ore. Spesso non lo preavvertivo, ma non mi ha mai chiesto di tornare in altro momento. Riprendevamo con naturalezza il colloquio, senza accorgersi che dal precedente incontro erano trascorsi, in qualche caso, anche alcuni anni. E mi spiegava con pochi passaggi alcune delle sue riflessioni sui fatti di economia nazionale e internazionale del momento. Affascinante è sempre stato il suo modo di riconoscere e raccontare le interdipendenze, invisibili ai più, tra circostanze economico/politiche apparentemente lontane tra di loro. Non ho nessun titolo per commemorarne la memoria come studioso di fama, ma sono sicuro che questo mio breve e personale ricordo non possa che far piacere a chi ha potuto apprezzarne, fin dall’inizio della carriera universitaria, la sua figura di educatore. Grazie Marcello

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